L’attuale Presidente del Consiglio dei Ministri, nella sede del CONI, ha parlato di tolleranza zero con riferimento ai fatti relativi alla partita Salernitana-Nocerina del 10 novembre scorso.
Non è certo la prima volta che, avuto riguardo a fatti del genere, si parla di tolleranza zero.
Ma il problema vero è quello di un eccesso di tolleranza o di una mancanza di preveggenza?
Non sono certo carenti nell’ordinamento statale le norme destinate a prevenire e reprimere fenomeni di violenza e di discriminazione in occasione o a causa di manifestazioni sportive.
Dal 1989 al 2007 lo Stato si è dotato di una imponente e severa legislazione volta alla prevenzione e repressione suddette.
Si va dal DASPO, preventivo e successivo, agli arresti differiti, al divieto di trasporto e introduzione negli stadi di ogni strumento atto potenzialmente ad offendere, al divieto di striscioni e di cori razzisti e discriminatori, al divieto di trasporto e di introduzione negli stadi di artifici fumogeni ed esplodenti, al divieto, in qualsiasi modo, di travisamento.
Aggiungasi che l’art. 8 della legge 4 aprile 2007, n. 41, vieta alle società di corrispondere, in qualsiasi forma, sovvenzioni, contributi, facilitazioni, di qualsiasi natura, ad associazioni di tifosi comunque denominate.
L’art. 12, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC stabilisce, altresì, che “ alle società è fatto divieto di contribuire, con interventi finanziari o con altra utilità, alla costituzione ed al mantenimento di gruppi, organizzati e non , di propri sostenitori, salvo quanto previsto dalla legislazione statale vigente”.
Dunque, tutto si può dire fuor che manchino o siano carenti disposizioni, sia dell’ordinamento statale sia di quello sportivo, volte a prevenire e reprimere qualsivoglia fenomeno di violenza o di discriminazione in occasione o a causa di eventi sportivi e a vietare e sanzionare rapporti non consentiti tra società e gruppi di tifosi.
Si aggiungano a ciò i tornelli, la tessera del tifoso, gli steward.
Che cosa è , pertanto, che manca o non funziona ?
Mancano o non funzionano sia un organizzazione sistemica che renda effettivamente applicabili ed applicate le norme e gli strumenti di prevenzione e repressione introdotti sia un adeguato contesto socio-culturale che agevoli la spontanea adesione e conformazione dei tifosi ai principi ed ai valori dello sport e di una civile ed armoniosa convivenza.
Quanto alla prima mancanza e/o mancato funzionamento, non sempre le valutazioni e le conseguenti decisioni che l’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive affida alle Autorità locali preposte alla salvaguardia della sicurezza e dell’ordine pubblico in relazione a specifici eventi sportivi, connotati da profili di rischio, corrispondono effettivamente ed efficacemente, o per eccesso o per difetto, a tali profili e sono idonee ad evitare o a sminuire l’acuirsi di, magari storiche ed endemiche, contrapposizioni e faide campanilistiche.
Ed è quello che, a mio avviso, è accaduto relativamente alla partita Salernitana-Nocerina.
L’aver voluto impedire di assistere alla partita solo ai tifosi della Nocerina, pur in possesso di tessera del tifoso e, quindi, abilitati ad assistervi, è evidentemente apparso agli occhi di questi ultimi, fondatamente oppure no, come una ingiustizia ed una prevaricazione.
Molto più opportuna sarebbe stata, sempre a mio avviso, tenuto conto di quei gravi profili di rischio tempestivamente evidenziati dall’Osservatorio nella propria Determinazione n. 42 del 5 novembre scorso, che fosse stata disposta l’effettuazione della partita a porte chiuse, con impegno ad analoga disposizione quando la partita fosse stata giocata , nel girone di ritorno, a Nocera Inferiore.
Se, poi, fosse confermato che i calciatori della Nocerina siano stati minacciati, nel caso di disputa della gara e, prima di quest’ultima, abbiano denunciato le minacce ricevute agli Organi sportivi e preposti all’ordine pubblico, in tal caso, a maggior ragione, si sarebbe dovuto immediatamente annullare la disputa della gara stessa.
Sotto questo profilo, assolutamente condivisibili sono le dichiarazioni rilasciate dal C.T. della Nazionale Prandelli, il quale si è chiesto ed ha chiesto quali responsabilità, in specie dal punto di vista sportivo, si possano e si vogliano attribuire a giocatori sottoposti a grave minacce, sempreché , naturalmente, queste risultino essere state effettivamente profferite.
Neppure è giusto criminalizzare indistintamente e indiscriminatamente tutti i tifosi della Nocerina o, addirittura, l’intera cittadinanza di Nocera Inferiore, come non è giusto criminalizzare tutti i tifosi della Salernitana e l’intera cittadinanza di Salerno.
Federsupporter ha sempre sostenuto e sostiene che, se possono esistere criminali tifosi, non è ammissibile l’equazione tifoso = criminale.
La nostra Costituzione (art. 27) prevede che la responsabilità penale è personale e, quindi, non è legittimo e lecito che tale responsabilità venga, di diritto o di fatto, estesa ad intere collettività in presenza di fatti delittuosi in occasione o a causa di manifestazioni sportive.
Chi delinque, ma solo chi delinque, va perseguito e punito e, oggi, il progresso tecnologico consente, quasi sempre, di poter identificare, mediante l’uso di strumenti audio-visivi, chi delinque in occasione di manifestazioni pubbliche.
Il principio ed il criterio “punirne 100 per educarne 1“ è sempre stato ed è contestato da Federsupporter, poiché tale da far percepire a chi, essendosi comportato correttamente, viene colpito, di essere vittima di una profonda ingiustizia, nonchè tale da suscitare sentimenti di ribellione nei confronti delle Istituzioni, sportive e statali, e da generare sentimenti di solidarietà verso frange di facinorosi e di violenti.
Allo stesso modo, appaiono inefficaci e, anzi, controproducenti le sanzioni sportive di tipo collettivo comminate a seguito di esibizione di striscioni, scritte, emblemi, di intonazione di cori e grida razziste o discriminatorie.
Tali sanzioni, infatti, non solo non hanno alcuna efficacia deterrente e dissuasiva nei confronti delle suddette frange, ma ne rafforzano il potere intimidatorio e ricattatorio ( vedasi, da ultimo, la chiusura di settori dello stadio della Juventus per cori e grida discriminatorie verso i tifosi del Napoli, in occasione della partita Juventus-Napoli del 10 novembre scorso).
Potere che risulta rafforzato sia nei confronti delle società, le quali rispondono per responsabilità oggettiva, sia nei confronti della stragrande maggioranza dei tifosi corretti e per bene che vengono così inibiti dall’assistere alle partite e, se abbonati o, comunque, già resisi acquirenti di biglietti prima delle gare, perdono il corrispettivo pagato per assistervi, senza che le società li risarciscano.
Si deve, inoltre, tenere presente che stadi, in tutto o in parte vuoti, sono potenzialmente idonei ad incidere negativamente sui ricavi da diritti televisivi, in quanto stadi, vuoti o semivuoti, non giovano alla resa televisiva dello spettacolo sportivo.
Circa l’istituto e il principio della responsabilità oggettiva, la migliore e prevalente dottrina, sia penalistica sia civilistica, ritiene che tale principio e istituto, in specie in ambito sportivo, non solo finisca per incentivare l’ineffettività della risposta sanzionatoria, trattandosi di una responsabilità che presuppone una pretesa inesigibile, neppure latamente riconducibile ad una sia pur tenue culpa in vigilando, ma anche, calando il deficit di colpevolezza dal profilo individuale a quello collettivo, di annullare ogni effetto deterrente della sanzione, in chiave di prevenzione generale.
In merito al ruolo degli steward, anche in questo caso, si è trattato e si tratta, per lo più di apparenza e non di sostanza.
Rispetto agli steward inglesi, spesso chiamati in causa come modello di riferimento, quelli italiani ne hanno solo il nome, ma non certo ne possiedono i criteri di reclutamento, le funzioni e le prerogative.
Gli steward italiani, a differenza di quelli inglesi, non vengono reclutati da appositi istituti di sicurezza, nei quali vengono specificamente selezionati ed addestrati, bensì reclutati un po’ come capita e spesso neppure retribuiti.
Ma, in particolare, essi non possono in alcun modo, fermare o allontanare, anche, ove occorra, con la forza, spettatori che si sospettino di comportamenti scorretti o si comportino in maniera non corretta.
Se si vuole, pertanto, che gli steward italiani funzionino come quelli inglesi, v’è bisogno di una normativa ad hoc sui criteri e sui centri di loro addestramento e reclutamento e sulle prerogative ed i poteri loro conferiti.
Peraltro, a mio parere, andrebbe riconsiderata l’opportunità della presenza delle Forze dell’Ordine negli stadi.
Non è concepibile ed ammissibile, almeno in uno Stato di diritto e democratico, che la presenza di tali Forze a manifestazioni pubbliche, in specie ove comportanti profili di rischio, venga considerata e percepita, almeno dai cittadini per bene, anziché come rassicurante, come ostile o provocatoria, naturalmente presupponendosi che dette Forze siano in grado di agire in maniera discreta, professionale e rispettosa dei loro doveri.
Poiché l’impiego delle Forze dell’Ordine, in occasione di manifestazioni sportive, comporta indubbiamente un onere per la spesa pubblica, una parte dei ricavi da diritti televisivi dovrebbe essere obbligatoriamente destinata a far ricadere tale onere sulle società.
Sul piano, infine, della diffusione della cultura e del rispetto dei principi e dei valori dello sport e, più in generale, del civismo e di una sana ed armoniosa convivenza, deve, purtroppo, lamentarsi l’assenza o la carenza di iniziative e di attività volte a tale diffusione.
La maggiore responsabilità in questo senso va attribuita alle società che, nonostante le normative UEFA e FIGC abbiano loro imposto di istituire specifici Dipartimenti per i rapporti con i tifosi, nulla o ben poco, come recentemente ha dovuto lamentare il Presidente della FIGC, Abete, hanno fatto e stanno facendo, essendosi limitate , per lo più, ad attribuire, solo pro forma, tale incarico ad un proprio dipendente o collaboratore, non avendo creato vere e proprie strutture organizzative adeguate allo scopo.
Si è determinato, cioè, per dirla con l’illustre sociologo, Prof. Giuseppe De Rita, un vuoto assoluto tra la parte alta del sistema e del potere calcistico ( le società) e la parte bassa di tale sistema e potere (i tifosi).
Questi ultimi, considerati e trattati come meri soggetti passivi, destinatari di obblighi, divieti, restrizioni, sanzioni, ma privi di qualsiasi diritto soggettivo o interesse legittimo, tutelati e tutelabili, se non il “ diritto” di finanziare, direttamente ( abbonamenti, biglietti, merchandising) e indirettamente ( abbonamenti alle pay tv), le società stesse .