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La vita è Altrove di Milan Kundera

Creato il 07 dicembre 2015 da Nasreen @SognandoLeggend

La vita è Altrove

di Milan Kundera

La vita è Altrove di Milan Kundera
Titolo: La vita è altrove
Autore: Milan Kundera
Edito da: Gli Adelphi
Prezzo: 11,00€
Genere: Narrativa letterature slave
Pagine: 349

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Trama: Dal momento in cui Jaromil viene concepito, egli è il poeta. Così vuole sua madre, e fantastica che Jaromil sia nato non per fecondazione del marito ma di un Apollo di alabastro. Con lo stesso spirito, questa madre accompagnerà invisibilmente il figlio nel letto dei suoi amori, come lo assisterà sul letto di morte: morte di un poeta adolescente che voleva darsi tutto alla rivoluzione. Il poeta, la madre, la giovinezza, la rivoluzione: chi non sente una qualche reverenza verso queste parole? In esse avvertiamo il soffio dell’età lirica, dello spirito adolescente, di ogni pretesa di innocenza. Ma questo romanzo, tanto più duro nella sostanza quanto più arioso nel suo articolarsi e agile nel suo sarcasmo, ci mostra anche il «sorriso insanguinato» dell’innocenza. Qui non si dice nulla contro la poesia in sé, ma si svela una possibilità del mostruoso che è interna alla poesia e ben pochi sanno riconoscere. E qui si mette in scena, con una precisione e una distanza che non hanno uguali, quell’èra in cui «il poeta regnava a fianco del carnefice». Ora non potremo più guardare al poeta, alla madre, alla giovinezza, alla rivoluzione con occhi devoti. Ora saremo condotti per mano a constatare come, per un poeta che la morte coglierà prima dei vent’anni, il supremo compimento possa anche essere la delazione. «Forse polizia e poesia vanno molto più d’accordo di quanto alcuni non pensino» riflette il poeta.

La vita è altrove è apparso per la prima volta nel 1973.

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di Danylù

Nell’ultimo periodo, presa dallo studio di Bulgakov sto leggendo e rileggendo molte opere di scrittori russi e così sono approdata a questo romanzo di Kundera che ancora non avevo letto.

Ebbene, l’idea è buona, soprattutto se contestualizzata al periodo che l’autore vuole trattare e al periodo storico in cui è stato scritto.

Il romanzo è ambientato in Cecoslovacchia al tempo in cui il comunismo era al potere, quell’agghiacciante potere teso ad appiattire tutto, persino l’arte.

Ed è così che ce la fa vivere Milan, descrivendo la misera vita di un Poeta, parola usata in maniera sarcastica perché qui l’eletto non è altri che un uomo normale. Un individuo ossessionato dalla gloria, da quei pensieri che sua madre gli ha cucito a dosso sin dalla nascita. Jaromil non è altro che il riflesso di una madre apprensiva oltre il tollerabile. Non so se l’intento del buon vecchio Milan fosse quello di farti odiare Jaromil “il disgraziato”, ma posso affermare che se era questo il suo scopo, lo ha raggiunto alla perfezione.

Gli escamotage narrativi, la struttura e l’ambientazione sono eccellenti. Non sapremmo mai come si chiama la madre del poeta, ne il nome della maggior parte dei protagonisti e delle comparse che popolano le angosciose pagine. Sono semplicemente la madre, il padre, il pittore, la rossa, il quarantenne, la cineasta, il poliziotto, il figlio del bidello, e così via, un anonimato voluto, teso a rendere ancora più schiacciante l’azione comunista sulla vita di ogni individuo, che perde il suo “se stesso” per diventare ed essere una formica nel formicaio.

Non è un libro semplice, tutt’altro! Talvolta difficile da seguire a causa dello stile narrativo troppo ridondande e colmo di descrizioni, fino allo sfinimento.

Mi spiace caro lettore, non avrai alcuna possibilità di immaginare nulla, ti descriverò tutto, ogni singolo pelo sul dorso di un cane che attraversa la strada del poeta, che farò muovere a rallentatore, di modo che tu, lettore, possa vedere tutto attraverso i miei occhi. Non potrai cambiare una sola virgola, non ti sarà dato alcun respiro.

Sembra quasi dirci questo il caro Kundera, cosa che non fa solo in questo suo romanzo, ma anche nel più famoso “L’insostenibile leggerezza dell’Essere” e in altri.

Bisogna anche dire che erano altri tempi e che la critica non era così leziosa (nell’accezione peggiore del termine), le case editrici non si erano imposte delle regole assurde che devono vedere lo stile di ogni scrittore uguale all’altro, si badava meno a quante descrizione uno scrittore inseriva nel suo libro, a quanti avverbi che terminano in mente usava in ogni capitolo, non si bocciava un romanzo solo perché veniva usata la poesia e gli aggettivi erano usati per il motivo per cui sono nati. Le immagini retoriche non erano messe al bando. La narrativa era ancora narrativa e gli editori erano Editori, promuovevano la cultura e non la frivolezza, erano portavoce di sentimenti e contenuti… C’è da dire anche che il problema più grave all’epoca era la censura.

Non che adesso non ci sia più, ha solo mutato forma, ha cambiato il vestito, da fredda tonaca pesante adesso è un succinto foulard firmato, che possa ammaliare gli occhi vuoti dei lettori assuefatti alle sciocchezze.

“Accidenti Danylù, ci sei andata giù pesante!”
“Si, e potrei continuare se non fosse che poi rischio il Fuori Tema, l’Off Topic, una digressione eccessiva che fa perdere il filo al lettore…”
“Nooo, ho più fiducia di Milan nei lettori, non credo siano tutti ebeti”…

Scusate il dialogo tra me e me stessa, non è sintomo di follia eh, recenti studi dimostrano che al contrario, denota genialità parlare con se stessi, e poi ricordiamolo, lo faceva anche il grande Albert H.

In ogni caso, ho preso questa parabola per dire che non trovo sbagliata l’eccessiva meticolosità di Kundera nel descrivere ogni dettaglio quasi fosse un pittore iperrealista, lo trovo però un po’ tedioso, e colui che si accosta a questo tipo di lettura-letteratura, deve scendere a compromessi.

Il romanzo ha tanto da dire, e da dare. I contenuti espressi, oltre a tracciare uno spaccato agghiacciante di quella che era la vita nei paesi dell’est Europa durante la dominazione fascista, e dunque apportare “cultura” tramite gli accenni storici, dona anche molti spunti riflessivi sull’autoanalisi.

Jaromil così concentrato su se stesso, perso nei sogni di sua madre, a proprio agio nei vestiti che lei gli aveva cucito, perde di vista la realtà e soprattutto “l’altro”. Lui non ama, non sa amare, se non coloro che lo venerano. Lui è pervaso da vanagloria che giustifica dandole il nome di patriottismo, arte, senso del dovere.

Persino il suo alter ego, Xaver, non è migliore di lui. Tutt’altro, lo conduce a morire in maniera miserabile, con la coscienza che la morte sta arrivando e forse gli darà quella lucidità e umanità che gli è mancata nella vita.

Eh no.

Non succede, Jaromil sta per morire ma sua madre è ancora viva e vegeta e annichilisce, anestetizza e indora anche i suoi ultimi istanti. Vanifica ogni esperienza, uccide l’uomo in favore del marmocchio vanitoso e viziato che era stato. Non dobbiamo credere di essere i migliori solo perché chi ci ama ce ne convince. Non possiamo pensare di essere i primi quando siamo da soli, senza nessuno con cui primeggiare, sembra volerci dire anche questo il nostro Milan.

Dunque una lettura consigliata a chi ama la letteratura, per coloro che non si lasciano spaventare dalla poesia e dalle parole altisonanti.

Vi lascio con una celebre frase di Kundera:

“La stupidità deriva dall’avere una risposta per ogni cosa. La saggezza deriva dall’avere, per ogni cosa, una domanda”

Voto

La vita è Altrove di Milan Kundera


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