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Laboratorio di Narrativa: Giovanni Parigi

Creato il 18 febbraio 2013 da Patrizia Poli @tartina

gu91Spostamento brusco dal presente al passato, funzionale a sottolineare il passaggio dall’introduzione realistica al narrato quasi favolistico, in questo “Welcome” di Giovanni Parigi che promette bene ma poi non si sviluppa, o meglio, ha sviluppo nel non detto, nel lasciato immaginare.

Ho da raccontarvi una storia singolare di un uomo con un cane”… Inizia così il  testo di Parigi, e allora ci si predispone a leggere qualcosa di singolare, un breve racconto che in qualche modo intrighi e incuriosisca; l’autore ci invita a seguirlo e a pazientare, e noi lo facciamo, sicuri che prima o poi la storia appaia, che Godot arrivi.

Inizia con l’informarci che tutti i comuni sono confinanti e che tutti sono soliti mettere cartelli di benvenuto al loro ingresso, un modo consueto per accogliere il viaggiatore; così accade anche per i due comuni in questione: Monte S. Maria Tiberina e Città di Castello.  Ma la prima cosa che appare singolare all’autore, è una piccola casa gialla con giardino, abitata da un uomo alto e dal suo cane, costruita proprio sulla linea di confine tra i due comuni.I due personaggi, l’uomo e il cane, come anche il nostro autore,  sono soliti passeggiare lungo la strada di collegamento tra le cittadine e, pur non conoscendosi, tra loro sempre un festoso saluto: questo sembra annullare i confini tra i due comuni. Ma l’uomo muore, il cane trova un altro padrone, e restano solo i cartelli di benvenuto che segnano il distacco tra due mondi.

Parigi ci dice che avrebbe potuto dilungarsi e costruire attorno ai due personaggi una vera e propria storia, anche un romanzo, magari descrivere minuziosamente il paesaggio, ma questo gli sarebbe apparso forse troppo “letterario”, (e pare che oggi il “letterario” non sia più di moda), perché ”tutto, in fondo, si risolve in un saluto”.

Se ci fossero state meno intensità, meno immediatezza, ma più fantasia, forse avremmo letto un racconto e non  una semplice scenetta, commovente soltanto nel ricordo dell’autore. Invece tutta la storia si concentra nel loop inizio termine, simboleggiato dal confine, dove abitava l’uomo che esisteva solo nel gesto di salutare, fuso con lo scodinzolare del cane, l’uomo che ora non c’è più, come sono  scomparse la buona creanza, l’amicizia fra paesi, il buon vicinato..

Il racconto è un non racconto, destrutturato, non si sa se per moda - per un diffuso ritorno ad avanguardie d’inizio secolo - o per incapacità di espandere il nucleo d’un’idea originale, dipanandola invece di abortirla.

Patrizia Poli e Ida Verrei

Welcome

Salve, mi chiamo Giovani, Giovanni P. e mi occorre un po’ del vostro tempo perché ho da raccontarvi una storia singolare di un uomo con un cane. Non temete, non è semplicemente presa dai fatti di cronaca e il cane non è morto di stenti sulla tomba del suo padrone.  Anzi si è ambientato benissimo nella famiglia che l’ha adottato dopo la morte del suo proprietario. Tuttavia la storia è singolare. Seguitemi

Ogni comune è confinante con un altro, a meno che non sia un’isola. E tutti i comuni sono soliti –magari è di legge, ma lo ignoro- mettere cartelli di benvenuto scritti nelle lingue più conosciute che nel nostro caso sono l’italiano, l’inglese, il francese e il tedesco. Anche tra i comuni di Monte S. Maria Tiberina e Città di Castello ne esistono due: uno per i viaggiatori che dal primo comune entrano nel secondo e uno viceversa. Dovete sapere però che proprio sul confine in questione un signore molto alto, con una faccia dall’espressione molto mite e timida, ha costruito anni orsono la sua minuscola casa gialla. La casetta ha un giardino ben curato e sorge in una lingua di terra, dove un fiumiciattolo fa un’ansa. Accanto ha una cascatella, mentre di fronte un folto gruppo di pioppi rende il tutto molto suggestivo nelle mattine di nebbia.

Se uno tenesse in considerazione le dimensioni della casetta, penserebbe che fosse abitata da gnomi, nel senso che è veramente minuscola. Invece no, il suo proprietario abbiamo detto era alto, longilineo e ci viveva da solo in compagnia del suo cane, un incrocio di labrador. “Fin qui niente di particolare, un uomo, un cane, una casetta e un confine” direte voi. Aspettate a giudicare perché c’è dell’altro, c’è la storia. Sì, perché una storia che si rispetti è sempre racchiusa in quelle poche righe che gli scrittori veri sanno far lievitare ad arte fino a scrivere romanzi interminabili. Anch’io, nonostante non sia uno scrittore, avrei potuto dilungarmi e inventarmi situazioni e descrivere minuziosamente, ad esempio, il paesaggio, ma sono certo che il racconto avrebbe perso in intensità e immediatezza, perché tutto, in fondo, si risolva in un saluto.

Dovete sapere che l’uomo di cui stiamo parlando era solito passeggiare con il suo cane lungo la strada che da Monte S. Maria Tiberina porta a Città di castello e viceversa. Io ci passo spesso e nelle più svariate ore del giorno. Sempre quando lo incontravo l’uomo, continuando a camminare, alzava la testa e sorridendo salutava con la mano, mentre il suo cane si fermava e scodinzolava. Questo sia che percorressi la strada in un senso o nell’altro. Io non so chi sia e sono certo che neanche lui mi conosce. Del resto l’ho incontrato a bordo di macchine di amici sedendo dietro e lui e il suo cane hanno egualmente salutato.

Con la sua morte, quindi, non c’è più nessuno che alza lo sguardo da terra mentre cammina; nessuno ti sorride più e ti saluta con la mano e nessun cane si ferma, ti guarda e ti scodinzola. Adesso c’è solo un cartello fisso che in una direzione o nell’altra ti dice: Benvenuto, Welcome, Au revoir, Aufwiedershen come in tutti gli altri comuni d’Italia, forse del mondo. Prima no, tutto era fluido e dipendente dalla direzione e lunghezza di una passeggiata. I confini dell’uno o dell’altra cittadina, in fondo, non esistevano, come giusto che sia per l’amicizia, la cordialità e l’ospitalità, sebbene espressi con un semplice saluto con la mano e lo scodinzolare di un cane.  Riposa in pace uomo del confine.

Giovanni Parigi



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