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Lauren Bacall, lo sguardo sensuale della “vecchia Hollywood”

Creato il 13 agosto 2014 da Af68 @AntonioFalcone1
Lauren Bacall (Wikipedia)

Lauren Bacall (Wikipedia)

A poche ore di distanza dalla scomparsa di Robin Williams, Hollywood perde un’altra stella del suo firmamento, l’affascinante attrice Lauren Bacall (all’anagrafe Betty Joan Perske, New York, 1924), morta ieri, martedì 12 agosto, nel suo appartamento a Manhattan.
Nota col soprannome di The Look, lo sguardo, conferitogli per quel suo particolare modo di porsi dinnanzi la macchina da presa, testa leggermente china ed occhi rivolti verso l’alto, Lauren Bacall, anche in virtù di una conturbante sensualità e dell’indubbia eleganza, offriva risalto ad una presenza scenica particolare, se non unica, una combinazione fra un atteggiamento in apparenza altero e un certo disincanto, avvalorato poi da un lieve ma efficace umorismo.
A rendere ulteriormente intrigante tale già ammaliante combinazione di elementi si aggiungeva un tono di voce piuttosto caldo, vibrante di tonalità basse e roche. Tutte caratteristiche che la resero interprete ideale di molti noir e degna partner, sullo schermo come nella vita di ogni giorno, del granitico Humphrey Bogart (i due si sposarono nel 1945 e la loro unione durò fino alla morte dell’attore, avvenuta nel 1957), un sodalizio che iniziò a sprizzare scintille sul set di To Have and Have Not (Acque del Sud, 1944, dal romanzo di Ernest Hemingway), per la regia di Howard Hawks. Questi decise di farla esordire nella suddetta pellicola dopo un provino conseguente all’aver notato alcune sue foto sulla rivista Harper’s Bazaar: l’attrice infatti, che aveva esordito in teatro a soli 17 anni, una volta interrotti gli studi di recitazione presso l’American Academy of Dramatic Arts causa difficoltà economiche, si era avviata verso la carriera di modella dopo aver svolto vari mestieri, pur continuando, sostenuta da una forte determinazione, a cercare ingaggi nel mondo cinematografico.

Bogart e Bacall in

Bogart e Bacall in “Acque del Sud”

Indimenticabile la scena dell’incontro fra Harry “Steve” Morgan (Bogart) e Marie “Slim” Browning (Bacall), lui, al solito, rude e sprezzante, lei sottilmente insinuante nel sussurragli “Se mi vuoi non hai che da fare un fischio … Sai come si fischia, no? Unisci le labbra e… soffia”.*
Fu l’avvio di un evidente alchimia, dal naturale fluire verso richiami sessuali neanche tanto sottintesi, che Hawks pensò intelligentemente di sfruttare ne The Big Sleep (Il grande sonno, 1946, dal romanzo di Raymond Chandler, con notevoli modifiche riguardanti proprio il personaggio affidato all’interpretazione della Bacall), tanto che certi dialoghi fra i due sono ormai da antologia (come uno vertente, apparentemente, sull’ippica, “Certo che lei ha classe, ma non so se resiste alla distanza” e lei, di rimando, “Molto dipende da chi è in sella”). Bogart è qui perfettamente calato nei panni del detective privato Philip Marlowe e Bacall interpreta Vivian, una delle figlie del vecchio generale Sternwood (Charles Waldron), entrambe dedite a “tutti i vizi più ovvi e qualcuno che si sono inventate da sole”, soggette ad un misterioso ricatto.
Un ruolo quello offerto alla Bacall che va al di là del consueto stereotipo della dark lady, per divenire invece una sorta di valida guida del protagonista principale nel percorrere tutta una serie di gironi infernali.

Bogart e Bacall ne

Bogart e Bacall ne “Il grande sonno”

I suoi interventi si riveleranno risolutivi, infatti, tanto nel venire a capo dell’intricato caso intorno al quale verte la narrazione, quanto nel porre in essere un salvifico, nella sua reciprocità, gioco di seduzione (“Cosa hai che non va?”, le domanda Marlowe nella scena finale, “Niente che tu non possa sistemare”, risponde Vivian prima di baciarlo). D’altronde è una caratterizzazione del personaggio totalmente coincidente con il carattere forte e determinato della donna Bacall (cognome mutuato, con l’aggiunta di una”l” da quello materno, mentre il nome Lauren fu voluto da Hawks), che ritroviamo anche negli altri due film girati insieme a Bogie, Dark Passage (1947, La fuga, Delmer Daves), e Key Largo (1948, L’isola di corallo, John Huston). Da quest’ultimo film la sua recitazione inizia a connotarsi di sfumature inedite, meno misteriose e contorte, sino ad arrivare a convergere verso toni anche autoironici, grazie a Jean Negulesco che la diresse nella splendida commedia How to Marry a Millionaire (1953, Come sposare un milionario) insieme a Marilyn Monroe e Betty Grable, tre mannequin impegnate nella sistematica ricerca dell’uomo ideale (da intendersi tale ove dotato di cospicuo conto in banca). Fra gli altri titoli degli anni ’50 che meritano di essere ricordati, Designing Woman (1957, La donna del destino, Vincente Minnelli, con Gregory Peck), il melodramma familiare a forti tinte Written on the Wind (1956, Come le foglie al vento, Douglas Sirk), anche se una volta morto Bogart, le sue apparizioni cinematografiche iniziarono a farsi più rade e decise di dedicarsi al suo primo amore, il teatro, a Broadway, dove ottenne notevole successo (le furono assegnati due Tony Awards, nel 1970 e nel 1981, rispettivamente per Applause e The Woman of the Year).

Marilyn Monroe, Betty Grable e Bacall in

Marilyn Monroe, Betty Grable e Bacall in “Come sposare un milionario”

Qualche altra interpretazione cinematografica interessante, idonea a rievocare il fascino e la determinazione di un tempo, le cui tonalità ora volgono verso un ricercato distacco, la si può rinvenire in Harper (1966, Detective’s Story, Jack Smight, al fianco di Paul Newman), Murder on the Orient Express (1974, Assassinio sull’Orient Express, Sidney Lumet) e soprattutto nel western The shootist (1976, Il pistolero, Don Siegel, protagonista un’altra icona della “vecchia Hollywood”, John Wayne).
Man mano che gli anni passavano l’attrice ritrovava la verve di un tempo, unita adesso ad una ormai compiuta maturità artistica, e così ecco il susseguirsi di altri ruoli ancora ben centrati, grazie a registi come Robert Altman, che la diresse in Health nel 1980, e, 14 anni dopo, in Prêt-à-porter, o film quali The Mirror has Two Faces (1996, L’amore ha due facce, Barbra Streisand), dove per il ruolo della madre, vanitosa e dall’ingombrante passato, di Rose/Streisand, Bacall ottenne una nomination all’ Oscar come miglior attrice non protagonista; anche il regista Lars Von Trier, certo distante dalla concezione cinematografica hollywoodiana, la volle nel cast di Dogville (2003) e del suo seguito Manderlay (2005). La statuetta le sarà assegnata alla carriera nel 2009, un riconoscimento al solito tardivo e dal sapore compensativo, per un’attrice che ha rappresentato, e continuerà a rappresentare nel ricordo di molti, lo sguardo sensuale, ambiguo e affascinante in egual misura, della “Hollywood del tempo che fu”, cui non è estranea un’ironica presa di distanza nei confronti di quel mito da essa stessa creato, come oggi non si è più soliti mettere in atto.

*”You don’t have to say anything and you don’t have to do anything. Not a thing. Oh, maybe just whistle. You know how to whistle, don’t you, Steve? You just put your lips together and… blow”


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