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Le brutte recensioni – I voti

Creato il 11 novembre 2012 da 79deadman @79deadman

Le brutte recensioni – I voti
Vedi, il mondo si divide in due categorie: chi ha la pistola carica... e chi scava. Tu scavi (Il Buono il Brutto il Cattivo – Voto: 8)
Per quello che ci riguarda, il mondo non è diviso solo in “chi da voti” e “chi li riceve” ma anche in chi li da… e chi no. Quando si parla di un argomento del genere però si deve partire da un presupposto: dare i voti è divertente. Infonde quel piccolo e piacevole senso di autorità che ci è sempre mancato, oltre che riscattare decenni di mortificazioni scolastiche in cui eravamo noi dall’altra parte del guado. Un contrappasso, in positivo. Ritengo poi che in molti trovino i voti utili per rappresentare nel modo più sintetico possibile il valore di un album o di una canzone. Una questione pratica, funzionale e immediata. Nulla di male. Le brutte recensioni – I voti
Anch’io l’ho pensata così per molti anni, quando Allmusic era il mio metro di giudizio inderogabile: facile,  finchè non ti sposti dai capolavori conclamati. Poi, un giorno, la mia convinzione si incrinò fino a franare del tutto. Fu il giorno che acquistai il Live - 1970 degli Steppenwolf a scatola chiusa; un grande album, che mi piacque subito e ancor’oggi ascolto volentieri; vado a leggermi qualcosa del disco sul web e mi imbatto nella pagina di Allmusic: 2 stelle. Ma come? 2 stelle a quel Live? Non potevo crederci. Ma da allora scoprii nuove e ben più gravi mortificazioni, soprattutto nascoste tra gli artisti di nicchia. Bene, da allora non ho più fatto caso alle stellette di Allmusic e col tempo ho esteso questa tendenza ad ogni altro tipo di giudizio numerico. Un contromossa estrema? Forse si, ma mi ha messo al riparo da preconcetti e facili pregiudizi. Mi ha anche consentito di ascoltare tanti album “a numeri” considerati insufficienti e trovarli, al contrario, piacevoli. Forse è superfluo ma è sempre bene ricordare che i voti (così come le recensioni, del resto) che leggiamo in giro esprimono il giudizio degli altri, mica il nostro. Ma il problema, restando nella sfera letteraria e linguistica, è un altro: si possono conciliare belle recensioni con la freddezza del voto? Innanzi tutto una panoramica sulle tipologie di votazione più comuni sul web:
A base 5: E’ la più sintetica; possono essere cinque stelle, cinque palline, cinque mini-dischi… Creata forse sulle falsariga delle categorie standard per gli alberghi: album con ampio parcheggio, piscina coperta e camere accoglienti, posizione un po’ decentrata ma ben servita dai mezzi pubblici. 4 stelle. Una scala talmente breve che in barba agli “standard” si è subito sentita l’esigenze di inserire il mezzo punto, o la mezza stella, il mezzo-mini-disco, se preferite.
A base 10: La classica scala del liceo: il 6 è la sufficienza, il 10, per chi lo concede, la perfezione. I bravi professori insegnano a non eccedere negli estremi, soprattutto verso il basso, altrimenti, con una media strettamente matematica, diventa quasi impossibile recuperare; il 4 è spesso il voto a cui si arrotonda un’ insufficienza grave. Un bel vantaggio per gli U2 degli ultimi 10 anni…
A base 100: E qui ci si può sbizzarrire; certo per il povero giudicante mica è facile discriminare tra un 87 e un 88. Ok, magari è solo una sottigliezza… ma allora perché c’è bisogno dei centesimi? Curiosità: con questo metro abbondano i 99. Della serie: la perfezione non esiste; o non sta a me certificarla. Le brutte recensioni – I voti
Non voglio nascondermi: in passato ho dato anch’io i miei bei voti; mi è stato chiesto e l’ho fatto, semplicemente. Ammetto di averlo fatto controvoglia, ma non è certo una giustificazione. Ho sempre avuto l’idea che un voto finale svilisse un po’ la recensione. Perché devo prendermi tempo per ascoltare il disco, descriverlo al lettore, cercare di fargli capire pregi e difetti, utilizzare le forme migliori che la lingua mi mette a disposizione… per poi riassumere tutto in una cifra? Sulla base di che cosa, poi? Ventidue calciatori che giocano la stessa partita sullo stesso campo sono facilmente confrontabili. E attribuire un voto non è altro che confrontare una prestazione con una scala di riferimento scelta a priori. Come dovrei fare per dare un voto a Between the Buttons o Music from Big Pink? Quale scala di riferimento può essere utile da affiancare ad un’idea di natura artistica? Alcuni approcci che ho valutato in passato:
Approccio analitico: attribuisco un voto ad ogni singola canzone e faccio la media. Mica male, più per ragionieri che per appassionati però. Volendo ottenere un risultato più ponderato si possono scartare i voti più bassi e quelli più alti, ma questo corrisponderebbe a non considerare le canzoni migliori né le peggiori. Cioè quelle che fanno di un album ciò che veramente è. Alla fine si giudica solo la normalità;  o la mediocrità, intesa come ciò che sta “in medio”.
Approccio olistico (o alla Scaruffi): creo una mia scala universale di album di riferimento e colloco quello da giudicare su questa linea onnicomprensiva, là dove ritengo più giusto. Secondo i teorici di questo sistema, è impossibile che un album Heavy Metal superi l’otto e mezzo.
Approccio “di genere” (cioè… ci pariamo il culo): attribuisco un voto “nel suo genere”. Esempio: “Back in Black è sicuramente un album da 10… nel suo genere”. E’ un sistema diffusissimo e piuttosto funzionale, lo ammetto: riconosce alla musica, anche nel solo campo rock, le sue diversità e le sue specificità. Fattibile a una condizione: che lo si dichiari. Altrimenti chi mi legge vedrà 10 ad Astral Week, 10 a Blonde on Blonde e 10 Keeper of the Seven Keys. Chi è l’intruso?
Approccio “aperto”: tiro a campare; condenso la maggior parte dei voti tra il 6,5 e l’8,5, giudicando album per album, singolarmente. Do il voto un po’per giocare, per divertirmi. Non fa danni, ma un giudizio così in leggerezza contrasta con una recensione approfondita e meditata.
C’è poi un altro metodo che ho valutato e che potrebbe essere considerato un “analitico ossessivo ed estensivo”: solo voti, a qualunque cosa. Canzone? Voto. Riff? Voto. Album? Ovviamente, voto. E basta. Numeri e non parole. Sintetico, inappellabile. Capisco la difficoltà del lettore nel calarsi in questo sistema, ma a volte penso che sia meglio un voto senza recensione piuttosto che una recensione con un voto. Ammetto di non essermi però mai spinto a tanto. Le brutte recensioni – I voti
Resta il fatto che mi sembra che su questo genere di cose la critica letteraria (e artistica in senso più ampio), non solo sul web, sia molto più evoluta di quella musicale. Perché nella maggior parte delle riviste la pagina sui libri non da mai voti? Solo quelle dei dischi li hanno, come mai? Forse c’è sotto una sottile discriminazione, del tipo “un libro può non piacere ma non sarà mai mal fatto, brutto o inutile”… mentre un disco può esserlo? Ah, certo che leggere è una delle attività più “culturali” e “intelligenti” che si possano fare, mica si può paragonare ad un’oretta di ascolti rock.
Un altro aspetto che ho valutato nel rapporto recensione-voto è il fatto che se comincio ad attribuire immancabilmente i voti, saranno loro, più che il testo stesso, a condizionare il lettore. Mi direte: no, mica tutti i lettori sono uguali! Bene, ma io vorrei che tutti i miei lettori (wow…) fossero condizionati solo dal testo, dalle parole e non dal numero che le riassume o che, alle volte, le contrasta. Anzi, a dire la verità non voglio condizionare proprio nessuno; vorrei parafrasare la musica con il testo. Non faccio pubblicità agli Who né a BMG o Sub Pop. Mi sforzo di scrivere senza giudicare (nel senso più stretto, evangelico del termine), non voglio ridurre tutto ad un numero che poi è il veicolo migliore per dare il via a confronti impossibili e, soprattutto, inutili. “Bè, se dai 7,5 a Between the Buttons, allora Let it Bleed è minimo da 8,5 e se Let it Bleed è da 8,5, allora cosa dai a Exile?”
Concludo passando per le aste visive. Ma chi si può immaginare di dare un voto alle Ninfee di Monet o a una natura morta di Cezanne? O anche solo ad opere storicamente “minori” come La notte di Redon o Salomè di Moreau? Perché lo storico dell’arte non da voti? Perché si svilisce l’arte stessa. Si pretende di applicare una scala di valori scolastica laddove non esiste il concetto di sufficienza, insufficienza o perfezione. Bene, aggiungo quindi una regola (che poi seguivo già…ma repetita iuvant): nelle prossime recensioni, nei prossimi articoli, nei prossimi commenti niente voti, mai più. Se doveste beccarmi a dare un voto, da qualunque parte nel web, vi prego di farlo presente alla polizia postale. Le brutte recensioni – I voti
Voto al post: 7

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