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le donne sono esseri pratici che posseggono solo l'istinto di preservare i loro geni

Creato il 17 agosto 2012 da Occhio Sulle Espressioni
le donne sono esseri pratici che posseggono solo l'istinto di preservare i loro geni 충녀 (Chungyo)
1972
Corea del Sud
Regia: Ki young-Kim
Scritto: Ki young-Kim, Sung-ok Kim
             «In tutti questi anni ho studiato gli insetti, ed esiste il caso interessante di una femmina che divora il proprio compagno dopo l'accoppiamento. Ho osservato casi simili, in cui una femmina logora un maschio, anche negli esseri umani».
Spesso la rincorsa alla parità dei sessi non contempla il modello di donna "socialista", di identica importanza rispetto all'altra metà del mondo, ma la ricerca di dominio, della sopraffazione sul maschio a scopo egocentrico, per guarire le proprie mancanze tramite una soddisfacente vessazione. Catturato un esponente nella tela, esso viene sollazzato, ma non ci sia accorge che l'opera di cannibalismo è già iniziata.
Il signor Kim, uomo di mezza età, vive in una famiglia benestante, dove la moglie è la parte forte, i guadagni arrivano dalla sua dirigenziale attività lavorativa. Lei è ferrea e pragmatica, lui è ritenuto un fallito, viene mantenuto, in più non riesce neanche a soddisfarla sessualmente essendo impotente. Impotenza simbolica, lui è un perdente in tutto. I figli paiono compatirlo, anche se hanno animi più sensibili, sono metafora della modernità, del cambio generazionale, più flessibili rispetto alla madre, all'inizio paiono accettare la forma negativa del loro genitore. A sconvolgere tutto arriva una giovanissima studentessa, appena diciannovenne e di famiglia disagiata, che, tramite un forzato lavoro d'accompagnatrice da bar, viene in contatto con Kim diventandone la concubina, in un torbido patto in cui la moglie "ufficiale" accetta di spartire l'amato perché tramite lei l'uomo ha ritrovato potere sessuale. Divideranno cinicamente la "preda", metà giornata l'una e metà l'altra, ma la cosa non è affatto facile da gestire.
Ki young-Kim parte dal suo capolavoro, Hanyo (The Housemaid, 1960), padre di due chiari remake, e propone il tema anche con una forma leggermente diversa, facendo venir fuori questo The Insect Woman, tra l'altro nuovamente riproposta nel 1985, con il film Yukshik dongmul.
Se la trama sta così tanto a cuore, non deve sorprendere che il formalismo ha comunque le redini, partendo da una fotografia che alterna le luci secondo le emozioni presenti, con l'impegno dello stesso regista ad allestire il set personalmente. C'è un domino di focoso rosso e di riflessi, importanza per le illuminazioni diegetiche e per la profondità di campo, con il fondo che può anche essere fondamentale, come un'incursione nell'animo, leggermente nascosta, perché c'è un rappresentativo prop non a fuoco che copre parte dell'inquadratura. Le angolazioni sono ricercatissime, scandagliano le personalità dei singoli da inaspettati lati perché tutti hanno un lato oscuro. A violentare una struttura lineare arrivano degli elementi che paiono parto di una realtà parallela, quali un ambiguo bambino che poi diventerà fondamentale, fantasmi e situazioni da giallo nonché da horror, che rompono lo schema classicamente realista. La casa dove l'uomo vive con la concubina è essa stessa un folle contenitore di angosce, con spaventosi accessi e cardini di potere, le riprese dal piano superiore aiutano lo spettatore a calarsi nell'antro malefico.
Ossessivo il calcare sulla riproduzione umana, invasiva e succhia sangue, così come sulla rappresentazione di una Corea del Sud in costruzione, che si vorrebbe costruire su società "occidentalmente" maschilista, ma la realtà, come si vede, è ben diversa.
È bellissima Yeo-jeong Yoon, che offre giovinezza all'uomo, voluttuosa carne e caramelle. È affascinante nel suo tic facciale, che ricorda proprio il movimento della bocca di un insetto, di una mantide.

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