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Le enigmatiche luci di lubbock

Creato il 21 ottobre 2013 da Dariosumer

Verso le 21.20 del 25 agosto 1951 il dottor A. G. Oberg, chimico, il dottor W. Robinson, geologo, il fisico George e l'ingegner W.L.Ducker, tutti del Texas Technological College, si stavano tranquillamente sorbendo un thè in casa del dottor Robinson, alla periferia di Lubbock. Argomento della conversazione, le micrometeoriti, che avrebbero potuto ostacolare i viaggi interplanetari. Quasi a risposta dei dubbi degli astanti, in quel momento comparivano improvvisamente in cielo una trentina di globi azzurrognoli disposti a V, che puntavano rapidissimi verso sud.
Il gruppo, sbalordito, rimase qualche istante a guardare quegli oggetti, che in pochissimi secondo avevano attraversato il cielo limpido e stellato «a 40 gradi sopra l'orizzonte». «Probabilmente torneranno», esordì uno del gruppo.
E così fu. All'incirca un'ora dopo le strane luci ricomparvero. Sembravano esser diminuite e viaggiavano in gruppo serrato, non più in formazione. E ricomparvero anche nelle notti successive (quindi non erano meteoriti) al punto che, sparsasi la voce, ben presto si contarono non meno di 350 testimonianze. Robinson, fra agosto e novembre, fu spettatore del passaggio di ben 12 formazioni composte ogni volta mediamente da 20 oggetti. Il 31 agosto uno studente del Texastech, Carl Hart junior, in paziente attesa degli oggetti con una Kodak 35, riuscì a scattare cinque immagini a tre diverse formazioni a V, foto che fecero il giro del mondo.
E che misero in allarme l'Aeronautica. In merito il capitano Ruppelt, interpellato dalla stampa, si scaricò la coscienza restando ambiguo: «Nulla prova che le fotografie siano un falso ma nulla ci ha per ora provato che siano autentiche».
«Un responso degno dell'antica Sibilla cumana», commenterà il ricercatore Renato Vesco.
Le foto, che finiranno presto in tutti i libri di ufologia, e che ispireranno persino un episodio dei telefilm Project UFO, costringeranno la CIA a scendere in campo. Sarà Menzel uno dei più accaniti distruttori del caso Lubbock. Verso la fine del '51 il nostro esordì con la sua assurda teoria dei miraggi per inversione della temperatura atmosferica, demolita in seguito dal matematico francese Aimè Michel. Con l'arroganza tipica di certi cattedratici, chi non aveva visto pretendeva di giudicare meglio dei 4 pezzi grossi dell'Università del Texas. Ed i giornali abboccarono.
In laboratorio Menzel, servendosi di un fascio di luce proiettato in un cilindro pieno di benzolo ed acetone, riusciva a creare delle macchie di luce a forma discoidale. E se si agitava la mistura, le macchie si spezzettavano, creando l'effetto luci di Lubbock. Era la scoperta dell'acqua calda. Un esperimento totalmente privo di significato, che colpì però l'immaginazione (e l'ignoranza) della stampa, che si prestò così a smontare il caso. Durante l'esperimento, Menzel commentò: «Osservando la macchia di luce proiettata su quella specie di schermo fluido, non vidi un cerchio luminoso, ma un oggetto marcatamente ellittico, ossia un perfetto disco volante». «Che scoperta! - commenterà argutamente Vesco in Operazione plenilunio - L'immagine non era che il prodotto della sezione parallela alla base di un cilindro obliquo, cioè del fascio luminoso inclinato!». E c'è da chiedersi come mai, fra tanti geni della scienza, nessuno si sia accorto dell'errore di partenza del nostro Menzel...

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