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Le forze di marea: un elemento chiave per la vita sui pianeti extrasolari simili alla terra

Creato il 10 luglio 2014 da Aliveuniverseimages @aliveuniverseim

Gli effetti delle forze di marea sui pianeti extrasolari multistrato

Credit: NASA's Goddard Space Flight Center

Nuovi modelli sui pianeti extrasolari simili alla Terra, in orbite particolarmente difficili, dimostrano che le forze di marea rappresentano uno degli elementi chiave per la loro sopravvivenza.

Un mondo potenzialmente abitabile, infatti, che orbita alla giusta distanza dalla propria stella perché possa esistere acqua allo stato liquido sulla sua superficie, potrebbe essere disturbato dalla presenza di un gigante gassoso, che renderebbe impossibile la vita. Ma l'attrito genera calore e, anche se il calore a volte è distruttivo, la giusta quantità è un punto a favore per creare condizioni favorevoli di abitabilità.

Le simulazioni suggeriscono che, un'orbita particolarmente eccentrica diventerebbe più circolare abbastanza rapidamente, in qualche migliaio di anni, sotto l'azione delle forze di marea.

"Una notizia inaspettata per i pianeti in orbite vulnerabili", ha detto Wade Henning, dell'Università del Maryland, scienziato del NASA Goddard Space Flight Center di Greenbelt nel Maryland, autore principale del nuovo studio. "E' risultato che queti pianeti riescono ad avere un attrito appena sufficiente per essere fuori pericolo".

I modelli sui giovani sistemi planetari indicano che spesso le orbite dei giganti gassosi sconvolgono quelle di corpi interni. Anche se queste interazioni non sono immediatamente catastrofiche, con il tempo, possono spingere i pianeti minori in un orbita molto eccentrica, aumentando la proabilità di un destino segnato contro la loro stella madre, o espulsi dal sistema.
Un'altro pericolo per le orbite eccentriche è la quantità di stress, dovuto alle forze mareali, a cui il corpo è sottoposto durante i passaggi vicino alla stella madre. Qui, la forza gravitazionale è sufficiente a deformare il pianeta che riprende la sua forma quando si allontana nell'orbita. Questa azione di flessione produce attrito, che, a sua volta, genera calore. In casi estremi, lo stress di marea può produrre abbastanza calore da liquefare il pianeta.

Nel nuovo studio, disponibile online dal 1 luglio 2014 sulla rivista Astrophysical Journal, Henning e il suo collega Terry Hurford, uno scienziato planetario presso Goddard, ha esplorato gli effetti delle sollecitazioni di marea su pianeti multistrato, con una crosta rocciosa, un mantello e un nucleo di ferro, di dimensioni pari alla Terra e fino a 2,5 volte più grandi.

TIDAL HEATING IN MULTILAYERED TERRESTRIAL EXOPLANETS [abstract]

The internal pattern and overall magnitude of tidal heating for spin-synchronous terrestrial exoplanets from 1 to 2.5 RE is investigated using a propagator matrix method for a variety of layer structures.
Particular attention is paid to ice-silicate hybrid super-Earths, where a significant ice mantle is modeled to rest atop an iron-silicate core, and may or may not contain a liquid water ocean.
We find multilayer modeling often increases tidal dissipation relative to a homogeneous model, across multiple orbital periods, due to the ability to include smaller volume low viscosity regions, and the added flexure allowed by liquid layers.
Gradations in parameters with depth are explored, such as allowed by the Preliminary Earth Reference Model. For ice-silicate hybrid worlds, dramatically greater dissipation is possible beyond the case of a silicate mantle only, allowing non-negligible tidal activity to extend to greater orbital periods than previously predicted. Surface patterns of tidal heating are found to potentially be useful for distinguishing internal structure.
The influence of ice mantle depth and water ocean size and position are shown for a range of forcing frequencies.
Rates of orbital circularization are found to be 10-100 times faster than standard predictions for Earth-analog planets when interiors are moderately warmer than the modern Earth, as well as for a diverse range of ice-silicate hybrid super-Earths.
Circularization rates are shown to be significantly longer for planets with layers equivalent to an ocean-free modern Earth, as well as for planets with high fractions of either ice or silicate melting.

La ricerca conclude che alcuni pianeti posso spostarsi in un'orbita sicura da 10 a 100 volte più velocemente rispetto a quanto previsto, con un minimo di poche centinaia di migliaia anni, invece del tasso tipico di diversi milioni di anni. Questi arriverebbero quasi al punto di fusione, o avrebbero almeno uno strato quasi fuso, simile al mantello terrestre. Le temperature interne sarebbero variabili, relativamente calde, rispetto al nostro pianeta, fino al punto di avere oceani di magma di modeste dimensioni. 

La transizione verso un'orbita circolare sarebbe veloce perché uno strato quasi fuso si flette facilmente, generando molto calore per attrito. Mentre il pianeta butta via il calore, perde energia con un ritmo veloce, rilassandosi rapidamente in un'orbita circolare. Quando il riscaldamento mareale si attenua, la superficie del pianeta diventa solida.

Al contrario, un mondo completamente fuso sarebbe così fluido da produrrebbe poco attrito e quindi dissiperebbe meno calore conservando energia.
Prima di questo studio, questo era considerato lo stato tipico dei corpi soggetti a forti sollecitazioni di marea.

I pianeti freddi e rigidi, invece, tendono a resistere allo stress delle maree e rilasciano energia molto lentamente.
In realtà, Henning e colleghi hanno scoperto che molti di questi corpi generano meno attrito di quanto ci si pensasse, soprattutto se il pianeta in questione è abbastanza lontano dalla sua stella.
Il vantaggio è che, se questi mondi non vengono influenzati da altri corpi, possono rimanere stabili nelle loro orbite eccentriche per lungo tempo.
"In questo caso, le orbite più lunghe non circolari potrebbero aumentare la 'zona abitabile' perché lo stress di marea rimarrà una fonte di energia per lunghi periodi di tempo", ha detto Hurford. "Questa è una grande scoperta per le stelle deboli o i mondi di ghiaccio con oceani sotto la superficie".

Se il pianeta, poi, è coperto da uno spesso guscio di ghiaccio, il riscaldamento può essere sorprendente.
Anche se una lastra di ghiaccio è una superficie scivolosa a basso attrito, uno strato di ghiaccio di migliaia di chilometri di spessore è molto elastico.
Un guscio così avrebbe le caratteristiche giuste per rispondere con forza alle sollecitazioni di marea, generando molto calore.
Una buona notizia per i mondi come Europa, il satellite di Giove, che ha già un posto in prima fila tra luoghi extraterrestri potenzialmente abitabili vicino a noi, dove un oceano sotterraneo sarebbe riscaldato dalle interazioni con il gigante gassoso.


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