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Le interviste dei Serpenti: Mila Venturini

Creato il 03 dicembre 2013 da Viadeiserpenti @viadeiserpenti

Le interviste dei Serpenti: Mila Venturinidi Emanuela D’Alessio

Proseguiamo le interviste agli scrittori con Mila Venturini, autrice di Due di tutto e una valigia (nottetempo, 2010), presentato sabato 23 novembre alla libreria Pagina 348.

Dalle poche notizie disponibili in rete apprendiamo che Mila Venturini vive a Roma, ha lavorato come sceneggiatrice televisiva per Un posto al sole e Un medico in famiglia, ha pubblicato racconti.  Lei che cosa può e vuole aggiungere?
Posso solo aggiungere che prima di approdare alla sceneggiatura televisiva, intorno ai trent’anni, mi ero già cimentata con la narrativa pubblicando racconti umoristici per riviste e antologie specializzate. Solo molto più tardi partecipai a una selezione per dialoghisti di Un Posto al sole. Superai il test e lavorai come dialoghista di soap opera (in seguito superai test per altre soap) per più di dieci anni. Per diversi anni ho scritto essenzialmente dialoghi e allora ne soffrivo un po’ la routine, oggi mi rendo conto che quella come dialoghista è stata una palestra utilissima anche per la narrativa.

Dalla scrittura di sceneggiature televisive è passata alla  scrittura del romanzo Due di tutto e una valigia. Due differenti modalità di scrittura, con quale si sente più affine?
Scrivere sceneggiature mi ha regalato tanto divertimento, qualche soddisfazione e ricchezza di rapporti umani. Per la sceneggiatura (il più delle volte) si lavora in gruppo confrontando le tue idee con quelle dei colleghi e cercando poi un punto di contatto, lo scrittore di narrativa al contrario è un solitario. A me interessano entrambe le modalità. Però, indubbiamente, il mio genere di scrittura che è ironica, umoristica e piena di allusioni, trova maggiore espressività nella forma narrativa. Diciamo che la scrittura narrativa mi permette più libertà.

Due di tutto e una valigia, il suo romanzo di esordio, affronta il tema del pendolarismo cui sono costretti molti figli di genitori separati. Lo affronta con leggerezza e ironia. Perché ha scelto questo argomento? Per esorcizzare un’esperienza personale?
Sì, come spesso avviene nei romanzi d’esordio, c’è molto di autobiografico in Due di tutto e una valigia. Quando mi separai da mio marito, i nostri figli erano ancora piccoli e, considerato il grande attaccamento che avevano per quel papà molto presente, scegliemmo un affido condiviso. I bambini vivevano una settimana con me e una con il papà, si spostavano con una valigia che viaggiava da una casa all’altra. Il mio ex marito e io cercavamo di essere sempre presenti e, da bravi “separati perfetti”, ci illudevamo di ridurre la sofferenza e il disagio di due bambini di otto e sei anni. Naturalmente il nostro progetto fallì miseramente e furono comunque anni difficili per tutti. A distanza di tempo, quando le mie ferite si erano cicatrizzate, sentii il bisogno di dare voce a questa separazione della quale ormai riuscivo a cogliere anche gli aspetti ridicoli e buffi. Però avrei potuto raccontarla solo attraverso il mio stile narrativo che è comunque leggero e umoristico. Ricordando le inquietudini di mia figlia, in quel periodo, la trasformai nella voce narrante. Naturalmente con le dovute differenze, mia figlia allora era una bambina mentre la mia protagonista è una ragazza di 25 anni che, attraverso un lungo flashback, racconta la separazione dei genitori avvenuta molti anni prima. La scommessa per me era riuscire a trattare un argomento molto serio, come una separazione, senza sentimentalismi ma usando toni leggeri e ironici. A giudicare da com’ è stato ben accolto il libro (giuro che non me lo aspettavo) forse la scommessa l’ho vinta.

Com’è avvenuto l’incontro con la casa editrice nottetempo?
Nel 2009, dopo una lunghissima gestazione, mi decisi a finire il libro e a spedire il romanzo a un certo numero di case editrici. Dopo diverso tempo, quando ormai non ci speravo più, mi contattò qualcuno da nottetempo per comunicarmi che il libro era piaciuto. Dopo l’estate trovai una mail di Ginevra Bompiani. Ci siamo incontrate e abbiamo subito simpatizzato, io ho accettato volentieri di aggiungere una revisione al testo e nel gennaio del 2010 è uscito il libro.

Chi è stato il suo editor e come è stato il lavoro di editing?
L’ editor era Lavinia Azzone, una persona preparata il cui intervento sul libro è stato senz’altro migliorativo. Il lavoro di Lavinia non è entrato tanto nel merito della trama quanto della struttura, sempre considerando anche la mia opinione. Penso che il lavoro di editing su un romanzo sia un aspetto importante per la riuscita di un libro. Però è auspicabile condividere gli interventi dell’editor e riconoscerne la professionalità. A nottetempo, per esempio, apprezzo il garbo che hanno di trattare sia gli autori sia i loro libri.

Le interviste dei Serpenti: Mila Venturini
Nel 2010 nottetempo è stata la casa editrice madrina del concorso letterario 8×8, la felice invenzione di Oblique studio per scoprire nuovi talenti. In quell’occasione lei partecipò come scrittrice e membro della giuria. Che cosa pensa dei concorsi letterari in generale e di 8×8 in particolare?
In passato ho partecipato a diversi concorsi letterari e qualcuno l’ho anche vinto. Concorrere è una verifica delle proprie potenzialità e uno stimolo a scrivere. Accettare una scadenza e un obiettivo è una forma di autodisciplina e questo nella scrittura fa sempre bene. Trovo però che alcuni di questi concorsi richiedano quote di partecipazione troppo alte e questo può essere un problema soprattutto per i concorrenti molto giovani. Per quanto riguarda 8×8, mi sono divertita molto in quella situazione, c’era un clima caldo e amichevole e fui lusingata che la casa editrice mi invitasse a partecipare con un racconto inedito. Ricordo che ero molto emozionata, non avevo mai letto un mio racconto in pubblico.

Dopo la prima puntata Masterpiece, il nuovo talent letterario di Rai3, ha registrato un calo degli ascolti e suscitato molte critiche e ironie. La riprova che televisione e letteratura non vanno molto d’accordo? Che lo scrivere non può diventare uno spettacolo televisivo? Che cosa ne pensa?
 La curiosità mi ha spinto a vedere sia la prima sia la seconda puntata. Tutta “l’operazione” mi lascia un po’ perplessa. Non penso che la letteratura possa funzionare bene in televisione, secondo me rischia di risultare noiosa, inoltre credo che i concorrenti, sottoposti a quelle snervanti prove, non possano dare il meglio come scrittori. Capisco che si debba fare spettacolo ma questo con il saper scrivere non c’entra nulla. Detto ciò, se il programma può indurre la gente a interessarsi di più ai libri, ben venga anche Masterpiece.

 

Le interviste dei Serpenti: Mila Venturini

Mila Venturini con Marco Guerra di Pagina 348. Foto di Elena Martinelli

Quando entra in una libreria come Pagina 348, la piccola e attiva libreria di periferia  che l’ha ospitata sabato 23 novembre, come si sente?
Mi sento molto bene, purtroppo capita sempre più di rado. Penso che molti autori sarebbero ben felici di entrare più spesso in librerie come Pagina 348. Sono coraggiosi avamposti di cultura che resistono in zone dove le librerie sono quasi del tutte scomparse, sostituite dalle grandi catene. Il libraio è una professione che può dare grandi soddisfazioni quando viene svolto con passione e impegno, come nel caso della libreria Pagina 348.

Quali sono i suoi progetti nell’immediato o nel lontano futuro?
Sto ultimando il mio secondo libro per nottetempo e, dallo scorso anno, ho iniziato una collaborazione con una casa editrice per ragazzi che si chiama  Biancoenero. Per loro ho già scritto Detective al mare. È un breve giallo (sempre venato di umorismo) che fa parte della collana Zoom gialli, per bambini con disturbi di dislessia. Mettersi alla prova con qualcosa di nuovo è sempre molto stimolante,  dopo la soap e la narrativa per adulti,  la scrittura per bambini per me è ancora una nuova modalità di scrittura.

Il libro che ancora non è riuscita a leggere e quello che non smetterebbe mai di leggere?
Tra i numerosi libri che ancora non sono riuscita a leggere, confesso, c’è Ulisse di Joyce (però vanto una serie infinita di tentativi e ricordo di aver letto il testo dedicato all’introduzione). I libri che non smetterei mai di leggere sono tutti quelli che ho amato e qui la lista sarebbe davvero troppo lunga e spazia da Dickens a Mann fino a Calvino, Salinger e John Fante. Comunque, valga per tutti Il Gattopardo, romanzo letto infinite volte e al quale dedicai la tesi di laurea.


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