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Le mani della Camorra sul traffico illecito di abiti usati destinati ai poveri. Tredici persone tratte in arresto

Creato il 16 gennaio 2015 da Stivalepensante @StivalePensante

Non finivano ai poveri gli abiti usati contenuti nei cassonetti gialli, sparsi nelle città, ma venivano venduti in paesi dell’est Europa, nord Africa e sud-Africa. Senza essere “igienizzati”. Sono accusate di associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti speciali e alla violazione delle normative sulla tutela ambientale, le tredici persone finite agli arresti nell’operazione condotta da polizia di stato e dalla polizia provinciale tra Roma, Napoli, Salerno, Novara, Pavia, Macerata e Frosinone, nell’ambito di un’indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma.

(roma.corriere.it)

(roma.corriere.it)

Traffico di abiti usati destinati ai poveri: venduti in Europa dell’Est, Nord e Sud-Africa. Tredici persone in manette, grazie all’indagine condotta dalla Dda di Roma che ha scoperto un traffico illecito di abiti usati destinati ai poveri. Gli abiti sono quelli che solitamente i cittadini ripongono nei cassonetti gialli, con l’obiettivo di “donarli” alle famiglie più povere che ne necessitano particolarmente. I reati contestati sono quelli di associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti speciali e alla violazione delle normative sulla tutela ambientale. A capo dell’organizzazione, il boss della camorra Pietro Cozzolino elemento di vertice dell’omonimo clan operante a Portici-Ercolano (Napoli), già condannato per associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti e il fratello Aniello, anche lui condannato in via definitiva per lo stesso reato e latitante dal 2008.

La rete per il commercio illegale, attraverso un accordo tra società e finte Onlus. L’organizzazione criminale, che vantava supporti logistici in ambito internazionale, si fondava su un accordo tra società e finte Onlus, che operavano quali recuperatori di rifiuti che, tramite un sistema di “conoscenze” per la ripartizione degli appalti distribuiti dall’Ama, stipulavano apposite convenzioni di igiene urbana volte all’affidamento diretto di servizi pubblici.

“Non si esclude che il giro di affari non sia rientrato nel più ampio disegno dirigista e corruttivo di Buzzi.” “Non può non pensarsi che la delibera che aveva ripartito nel 2008 il territorio comunale in competenze ai consorzi dell’Ati Roma Ambiente non obbedisca alle logiche spartitorie” – scrive il gip Simonetta D’Alessandro nell’ordinanza dell’indagine, che ha portato all’operazione di polizia e polizia provinciale contro l’organizzazione criminale dedita al traffico di rifiuti speciali – e “non abbia coltivato le finalità speculative, rientranti negli interessi di Buzzi”. Il gip non esclude che l’affare degli abiti usati “non sia rientrato nel più ampio disegno dirigista e corruttivo di Salvatore Buzzi”. Il gip sottolinea ancora che “di tanto non vi è la prova in atti mancando nella fase delle prime assegnazioni le intercettazioni ma vi è una concreta emergenza documentale”. (ADNKRONOS)


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