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Le métier de la critique: c’era una volta… la fiaba e la favola

Creato il 22 gennaio 2016 da Alessiamocci

Le parole “favola” e “fiaba” sono sovente usate come se fossero perfetti sinonimi, perché derivano dalla stessa radice latina, il verbo fari che significa “parlare”, “raccontare”, ma in realtà servono due generi letterari completamente diversi.

Le favole sono brevi racconti, in prosa od in versi, scritte da autori del periodo classico, cioè greci e latini, che hanno lo scopo di comunicare un insegnamento in forma piacevole e facile da ricordare. Principalmente queste storielle hanno per protagonisti degli animali, ciascuno dei quali rappresenta un carattere, un vizio o una virtù umana. Così per esempio, il leone: prepotente, forte e maestoso; il lupo: mangia il mansueto agnello, allora è sleale, crudele e feroce; il corvo: stupido; la volpe: furba, evita quasi sempre i pericoli, nasconde gli insuccessi; la formica: previdente e laboriosa, a volte insensibile; la cicala: dedita a godersi la vita, amante del canto ma perditempo; l’agnello: docile, buono, affettuoso; la pecora: debole; l’asino: stolto; il leprotto: ha sempre rappresentato un carattere infantile, saltando da una parte all’altra, è facilmente instabile in quanto molto timoroso e pertanto può giocare dei tiri.

Nelle favole gli animali parlano e pensano come se fossero esseri umani, comportandosi, nel bene e nel male, proprio come fanno gli uomini. Esse presentano una breve frase che riassume l’insegnamento della favola stessa: è la cosiddetta “morale” che si trova generalmente alla fine o all’inizio del brano ed esiste spesso in entrambe una voce narrante esterna ai fatti, senza tempo e luoghi esatti in cui il narratore non ci dice dove i fatti sono accaduti o quando, tutto ha così sapore universale.

Per fiaba s’intende invece un racconto, quasi sempre in prosa, che narra una serie di vicende, spesso fantastiche, in cui il protagonista deve superare un certo numero di ostacoli per ottenere un premio.

Nelle fiabe non sempre vi è un insegnamento, ma piuttosto il gusto di raccontare in modo libero e fantasioso. I protagonisti sono solitamente degli esseri umani, particolarmente ragazzi e ragazze, impegnati a dover superare varie difficoltà e sono in questo spesso aiutati o contrastati da forze magiche.

Le origini delle fiabe si perdono nella notte dei tempi e spesso risalgono a tradizioni popolari antichissime. Esse furono tramandate oralmente da madre in figlia, cosicché della stessa fiaba apparvero innumerevoli versioni a volte anche molto differenti tra loro. Dal 1600, poi, alcuni scrittori iniziarono ad inserirle su carta, e qualcuno, con il trascorrere del tempo, si cimentò anche con l’invenzione di fiabe nuove. I nomi dei fratelli Grimm, di Charles Perrault o Hans Christian Andersen, ormai famosi in tutto il mondo, hanno permesso alla fiaba di giungere fino a noi deliziando i grandi e piccini.

Il primo incontro con il mondo delle fiabe avviene di solito quando si è molto piccoli, e gli adulti ce le raccontano o di giorno per farci divertire o la sera per farci addormentare. Più avanti negli anni ritroviamo le fiabe quando andiamo a scuola, perché spesso nelle antologie sono presentate come un genere letterario importante ed interessante.

Si può dire che, anche se in età adulta le fiabe non vengono generalmente più lette, esse lasciano in noi una traccia indelebile e personalmente, tra gli elementi che più mi hanno colpita, quando ero piccola ed ascoltavo attentamente ad occhi aperti i prodigiosi avvenimenti di fiabe come: il gatto con gli stivali, Biancaneve o Pollicino, c’è senza dubbio la straordinaria capacità di trasformazione dei personaggi delle fiabe. Così, per esempio, Cenerentola può trasformarsi velocemente in una specie di principessa dimenticando per una sera la tristezza della sua esistenza.

Un’altra caratteristica delle fiabe, che trovo molto affascinante avendomi sempre colpita, è il senso di profonda giustizia racchiusa in esse. In genere nella fiaba i buoni sono premiati ed i cattivi puniti, contrariamente da quanto spesso succede nella realtà. Così, anche se la storia ci fa stare con il batticuore fino alla fine, sappiamo che la Bella Addormentata tornerà a vivere felice e che Pollicino salverà i suoi fratelli e se stesso dalle grinfie dell’Orco.

Ricordo inoltre che delle fiabe m’incantava quel loro essere del tutto al di fuori del tempo, quel loro svolgersi in regni inesistenti su qualsiasi carta geografica ed in tempi privi di una data precisa, come una vera e propria “Isola che non c’è…”. Bastava dire “C’era una volta…” ed improvvisamente si era trasportati nel palazzo del re, nella casetta di Biancaneve, o nell’antro di Mago Merlino.

Il fascino e la ricchezza delle fiabe si trovano quindi, secondo me, in questo miscuglio di realtà e fantasia, felicità e tristezza, esseri realistici ed immaginari che insieme compongono alcune delle storie più belle che l’uomo abbia mai potuto lontanamente immaginare.

Written by Mariagrazia Toscano


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