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Ed eccoci all’ultimo capitolo – almeno per il momento – della saga dell’avvocato Guido Guerrieri, questa volta coinvolto in una vera e propria indagine investigativa piuttosto che in un caso già giunto alle aule dei tribunali: la scomparsa di una giovane ragazza di buona famiglia.
Archiviata ormai definitivamente la storia con Margherita – con mia grande delusione! – Guido ormai si barcamena faticosamente nella sua crisi di mezza età, che lo vede sempre più spesso a colloquio col suo sacco da boxe, sempre più preoccupato del tempo che passa velocemente, sempre più disincantato dal punto di vista sentimentale, direi quasi facilmente confuso dalle apparenze.
Ancora una volta Guido Guerrieri, avvocato barese quarantacinquenne, non ci sembra un personaggio di un romanzo, ma ha tutte le caratteristiche delle persone vere. E forse proprio per questo ci angoscia una certa sua parabola, che lo rende sempre meno leggero e autoironico per virare verso il cinico e l’amareggiato.
Del resto, lo stesso – ancora una volta bellissimo – titolo del romanzo Le perfezioni provvisorie contiene questa sensazione di precarietà, questo senso di disillusione che forse, passata la metà della vita, diventa praticamente inevitabile.
«Un pensiero assurdo che […] ne mise in moto altri, inclusa l’idea di lasciar perdere tutto. Per qualche minuto, anzi, mi parve di averlo proprio deciso, di lasciar perdere tutto, e per quei minuti provai un senso di totale padronanza, di equilibrio instabile e perfetto. Il senso di perfezione che hanno solo le cose provvisorie e destinare a finire presto.» (p. 310)
Non che Guido abbia perso i suoi ideali (è bellissimo il passaggio in cui racconta il senso del suo essere avvocato), non che il suo percorso sia meno affascinante e la sua mente meno brillante. Tant’è che continua a distillarci perle di saggezza e di verità:
«Ha detto qualcuno che gli uomini si dividono nelle categorie degli intelligenti o dei cretini, e dei pigri o degli intraprendenti. Ci sono i cretini pigri, normalmente irrilevanti e innocui, e ci sono gli intelligenti ambiziosi, cui possono essere assegnati compiti importanti, anche se le più grandi imprese, in tutti i campi, vengono quasi sempre realizzate dagli intelligenti pigri. Una cosa però va tenuta a mente: la categoria più pericolosa, da cui ci si possono aspettare i più gravi disastri e da cui bisogna guardarsi con la massima circospezione, è quella dei cretini intraprendenti.» (p. 124-125)
Così, continua ad essere divertente e appassionante seguirlo per le strade della città (con tutti i cambiamenti che la caratterizzano e che Carofiglio non manca di farci notare) e della Puglia (quanto mi sono sentita a casa quando ci racconta del pranzo a base di ricci di mare in località Forcatella, vicino Savelletri!).
Continuano ad essere interessanti i personaggi di contorno ed equilibrata la scrittura.
Eppure, non so... Rispetto al movimento emotivo ed interiore dei primi due romanzi, mi pare che si cominci a riscontrare una qualche forma di appiattimento, che forse è propria della vita, ma che certamente ci fa sperare di ritrovare presto un Guerrieri emotivamente più vivo e coinvolto.
Il che non vuol certo dire che questo romanzo non meriti di essere letto. Anzi.
Voto: 3/5
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