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Le virtù teologali del berlusconismo

Creato il 07 settembre 2013 da Albertocapece

La_corte_dei_miracoli - il SimplicissimusSiamo un Paese nel quale molte cose sono permesse o quanto meno tollerate, perfino segretamente coltivate, ma altre sono imperdonabili e provocano pubblica riprovazione. Non puoi essere nero o di carnagione scura o magari bianchissimo perché potresti esprimere idee inconsuete e prenderti la libertà di violare i decaloghi delle frasi fatte; non puoi essere gay perché potresti  avere immaginazioni non banali, cosa che notoriamente è contro natura: da noi l’omosessualità è tollerata solo se si pone come “bocconcino dl prete”; non puoi essere originale perché susciti diffidenza; non puoi essere troppo brillante perché rischi di rinfocolare invidie e scompaginare il riconosciuto ordine della mediocrità; non puoi andare contro il conformismo, specie quello che si auto elegge come diversità, pena la proscrizione politica; non puoi ribellarti a ingiustizie e sprechi perché diventi automaticamente un terrorista, come Torino insegna.

Naturalmente se sei del colore giusto, etero, conformista e docile allora te la puoi cavare bene, perché hai le quattro virtù cardinali del cittadino indifferente: prudenza, debolezza, ingiustizia e menefreghismo. Certo ti sarà molto difficile raggiungere la vetta, ma in questo Paese delle opportunità se sei figlio di papà, un po’ mascalzone e anche un po’ cretino tutte le porte ti si spalancheranno. Le tre doti insieme garantiscono una luminosa carriera: hai la possibilità di conoscere le persone giuste, di ottenere gli aiutini e le spinte al momento opportuno, non capisci cosa fai o se lo capisci accetti la complicità. Insomma hai le tre virtù teologali del berlusconismo.

Se qualche anno fa avessi letto queste parole, avrei considerato il loro autore un mentecatto, un tipino da bar  di quelli che rendono amaro il caffè anche con due bustine di zucchero: un coacervo tossico di pregiudizi e rancori espressi nella maniera peggiore. Oggi però una classe dirigente da bar ha fatto diventare il discorso non solo plausibile, ma conclamato. Tiratori di banane, giornalisti (si fa per dire) pronti alla burla del diverso, politici col cartellino del prezzo, giuristi a servizio del potere, oppositori che si tolgono la maschera, quizzaioli che diventano speranza: la corte dei miracoli col suo re ladro e intellettualmente pezzente  impazza come nella Parigi del Re Sole, posta “dietro il convento delle figlie di Dio”.

Questi cianciano del merito e della giustizia come quegli antichi furfanti esibivano inesistenti disabilità eleggendo i loro re e fingendo miracolose guarigioni per dare più gloria all’effimero sovrano e carpire elemosine. Ma scesa la notte si trasformavano in ladri da strada, grassatori e ubriaconi. Però la corte di Versailles preferiva dar credito a quei falsi prodigi perché dopotutto conveniva per la pace sociale e la concordia. Peccato che il palazzo non sorga su un colle, altrimenti saremmo come nella macchina del tempo.


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