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Lo spreco dei fondi UE alla Gaza Power Plant

Creato il 01 luglio 2013 da Ilnazionale @ilNazionale

Gaza Power Plant1 LUGLIO – È fatto noto che nella striscia di Gaza imperversa una guerra senza fine tra palestinesi ed israeliani e tra le opposte fazioni degli stessi militanti palestinesi. C’è però un lato oscuro della vicenda che pochi conoscono e che vede ancora una volta, al centro dell’attenzione, i fondi destinati dall’Unione Europea a quei territori per finanziare progetti di sviluppo, in particolar modo energetico.

La striscia di Gaza, proprio per la situazione politica precaria in cui versa, non riesce ad essere energicamente indipendente. La Gaza Power Plant, centrale progettata per assicurare autonomia al territorio, non produce energia a sufficienza per far fronte ai bisogni quotidiani dei quasi 2 milioni di persone che vi abitano -Gaza è infatti una delle zone più densamente popolate al mondo-. L’impianto produce circa 30 megawatt al giorno, a fronte di un fabbisogno energetico complessivo pari a 300 mw circa. Quel che è peggio è che potrebbe produrne il doppio ma non lo fa. Costruita agli inizi degli anni Novanta, in seguito agli accordi di Oslo, doveva rappresentare l’autonomia energetica della Palestina da Israele e vide un grosso contributo, in termini di capitali conferiti, da parte delle multinazionali. Ciononostante; l’Unione Europea ha destinato a quei territori per anni somme ingenti, fino a sfiorare quota 235 milioni di euro nel 2010. Un insieme di risorse che avrebbe dovuto essere impiegato per far fronte anche alle necessità della centrale ma che, evidentemente, non è stato sfruttato a questo fine.

Gaza Power Plant 2
I 140 mw di produzione energetica previsti non sono mai stati raggiunti perché, come gesto di rappresaglia per il rapimento del soldato Shalit, Israele bombardò la metà dei trasformatori di cui la struttura disponeva. Poi, a partire dal 2006, iniziarono altre lotte intestine tra Hamas e Fatah, le due fazioni armate che si contendevano l’egemonia della stessa Gaza. Da quando Israele ha dichiarato Hamas “governo nemico”, le scorte energetiche destinate alla Palestina si sono ridotte drasticamente ed è entrata in gioco l’Unione Europea. L’UE si è infatti impegnata a pagare la fornitura di gasolio necessario per la centrale in quanto, come spiegò il delegato per EuropeAid a Bruxelles Michael Docherty: “Per noi l’urgenza era aiutare la popolazione senza passare per Hamas (…) le linee che arrivavano da Israele e dall’Egitto non erano sufficienti a portare l’elettricità e funzionavano male”.

Come in altri casi; le cifre spese da Bruxelles per questi aiuti hanno raggiunto, anno dopo anno, vette sempre più alte, anche quando il vecchio continente era ormai in piena recessione economica. Quaranta milioni di euro sono stati spesi nel 2006, 75,5 milioni nel 2007, 81 milioni nel 2008 e 39 milioni nel 2010. In totale 235 milioni di euro, pagati in base alla semplice presentazione di fatture da parte della Dor Alon, la compagnia petrolifera israeliana che fornisce il carburante. A ciò si aggiunge la beffa che, per tutto questo tempo, l’Unione ha anche pagato le accise sul gasolio acquistato. Secondo i Protocolli di Parigi, poi, queste ultime sarebbero state in parte restituite alla Palestina, non all’UE.

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A fine 2009, complice l’ammonimento giunto da parte della Conte dei Conti europea che voleva mettere fine a questa ennesima emorragia finanziaria, i pagamenti del gasolio per la centrale di Gaza si sono fermati ed è allora che i Palestinesi hanno scoperto un giacimento di gas naturale marino “miracolosamente” vicino, capace di far funzionare perfettamente la centrale, dal momento che essa era stata concepita proprio per sfruttare questo combustibile.

Fin troppo scontata, eppure ancora amara, la considerazione che per anni la Palestina ha letteralmente “bruciato” milioni di euro provenienti dalle tasche europee.

Silvia Dal Maso

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