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Locarno 2014: il documentario Yalom’s Cure

Creato il 15 agosto 2014 da Masedomani @ma_se_domani

Oggi è Ferragosto, il Festival del Film Locarno è alle battute finali, abbiamo quindi deciso di alleggerire i toni e per un giorno focalizzarci solo su opere rossocrociate. Dopo la dolce commedia “Pause”, ora ci dedichiamo al nuovo lavoro di un’abile documentarista zurighese: “Yalom’s Cure” di Sabine Gisiger.

Ai Festival mi piace esplorare il mondo “fuori concorso”, scoprire storie diverse, curiose, interessanti, di cui non ero a conoscenza, magari grazie ad un documentario nel senso più puro del termine. Ogni volta sono fortunata e, oggi, una volta in più, sono riuscita ad appagare la sete di conoscenza.

La regista Sabine Gisiger © Festival del film Locarno

La regista Sabine Gisiger © Festival del film Locarno

Proprio alla conoscenza è dedicato il nuovo documentario diretto da Sabine Gisiger. Lei è svizzera, il suo lavoro è in inglese e di una raffinatezza che ci ricorda quella anglosassone. Irvin D. Yalom, il Dottor Yalom, o meglio, lo psicologo Yalom, nonchè docente universitario e scrittore di saggi che hanno fatto il giro del mondo è il protagonista del documentario di oggi. Irvin D. Yalom, è un’eminenza grigia che sa muoversi nei meandri della nostra mente, che sa interpretare segni e istinti che noi non avvertiamo e neppure sappiamo esistano, è una persona speciale che ha studiato tutta la vita per migliorare quella degli altri.

Sin da Socrate si tramanda l’idea che la cosa più importante per un uomo sia conoscere sé stesso. Ogni forma di ansia, di sofferenza o situazione di disagio, sarebbe causata da azioni poste in essere, in buona fede ma errate per mala conoscenza di noi stessi. E a ben vedere sappiamo che è così. Spesso giustifichiamo il deficit di attenzione, di cura e osservazione del nostro corpo con scuse pratiche, razionali, ma palesemente puerili.

Il dottor Yalom nonostante gli ottant’anni ha una lucidità invidiabile e un’impressionante conoscenza della nostra mente. Con dolcezza ci racconta la sua vita, la sua famiglia, i suoi amori e come sia giunto al successo, a dedicare la sua esistenza a far vivere meglio tante persone. La paura della solitudine, dell’abbandono, il confronto con la morte e l’eternità sono il fulcro delle angosce di tutti. Dilemmi che hanno attanagliato l’uomo sin dalla notte dei tempi, e che il dottore gestisce con una quiete invidiabile. Soprattutto le risposte sono di una semplicità disarmante, perché lui pare davvero essere riuscito dove molti di noi falliscono tutti i giorni.

Ha senso dannarsi per uno stato che sarà privo di coscienza? Questa è la domanda fondamentale su cui il dottore ci suggerisce di riflettere e lavorare.

il dottor Irvin D. Yalom © Festival del film Locarno

il dottor Irvin D. Yalom © Festival del film Locarno

A ben vedere il miracolo, oggi, lo fa la regista che riesce a portare al di qua dello schermo un po’ di quella saggezza e tranquillità che ci fa sentire bene. Il pregio dell’opera è, infatti, di riuscire ad intrigarci sin dalla prima inquadratura e a non farci mai distrarre. Dopo un’ora ci ritroviamo quieti e concentrati come se avessimo fatto un corso di rilassamento e autocoscienza. Rendersi conto di essere parte di una moltitudine ci fa sentire bene, scoprire che il dottore per primo sia in grado di gestire magistralmente la quarta età, l’amore e la famiglia, insomma, ha messo in pratica le sue teorie ed è la prova vivente della loro validità, ci da immensa speranza.

Il documentario è interessante, sprona lo spettatore a scoprire un personaggio importante nel panorama della psicoanalisi e a dedicare più attenzione a sé stesso. Perché alla fine nessuno è perduto.

Vissia Menza


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