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Lucy e il mistero della vita – La recensione

Creato il 29 settembre 2014 da Oggialcinemanet @oggialcinema

Da Lucy a Lucy, dalla più antica primate alla persona capace di sbloccare il 100% delle proprie facoltà cerebrali, la storia della vita sembra essere circolare. Eppure la Lucy, quella del nostro tempo ossia Scarlett Johansson, all’inizio non sembra poi esser così scaltra, si fa abbindolare dal proprio compagno per consegnare una misteriosa valigetta ad un altrettanto misterioso Mr. Jang, non è necessario dirlo neanche che questa consegna metterà nei guai la povera ragazza.

Ora provatevi ad immaginare di svegliarvi, senza sapere il perché, distesi su un letto, semi svestiti e con uno squarcio sulla pancia, beh se non foste indifesi come la povera Lucy sareste sicuramente spaventati tanto quanto lei. Se tutto ciò non bastasse a farvi crollare, vi fanno sapere che l’incisione all’altezza del vostro stomaco è servita per inserire dentro un chilo di una droga sintetica, e che insieme ad altri tre malcapitati dovrete – volenti o nolenti – fare da corrieri umani, insomma immaginate come possa sentirsi la nostra giovane protagonista. È proprio questa la parte che funziona meglio in Lucy, quando il sapore della sorpresa rimane intatto, cioè quando ancora non sappiamo perché un gruppo di bruti asiatici accerchi un’indifesa ragazza bionda un po’ svampita, quando ancora non sappiamo il reale valore dei cristallini blu presenti dentro la valigetta, quando ancora non sappiamo il perché di quella ferita profonda presente sull’addome della ragazza.

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Luc Besson fino a questo punto gioca molto bene con la suspance e i tempi d’attesa spettatoriali, da quel punto in poi la pellicola però richiede una sospensione del principio di verosimiglianza abbastanza radicale visto che entreremo in tutto e per tutto nel territorio della fantascienza/action. Lucy infatti, dopo un pestaggio, inizierà ad assorbire la droga che le era stata messa dentro lo stomaco, la sostanza invece di portarla alla morte per overdose al contrario inizierà a renderla sempre più consapevole delle proprie facoltà fino ad raggiungere il controllo del proprio cervello al 100%. Da questo punto a Lucy non viene più preclusa la possibilità di controllare psichicamente le persone, manipolare la materia e addirittura il tempo.

Luc Besson in Lucy una volta in più mostra come la natura del suo cinema sia programmaticamente scissa e ambivalente, aperta sia al grande pubblico nel tono generale, realizzando un action preciso nella sua realizzazione tecnica, che allo spettatore più esigente e cinefilo attraversando il tema dell’origine della vita, tra creazionismo ed evoluzionismo (o forse nessuno dei due). Spesso la pellicola si mostra didascalica nel delineare le linee guida del suo discorso, almeno fino alla sua conclusione che, tra 2001 Odissea nello spazio e Léon, cerca una sintesi coraggiosa e libera alle interpretazioni che potremmo dire non riuscita completamente ma lo stesso non priva di un qual certo fascino cinematografico, perché del resto il cinema come la vita vive di suggestioni e comprenderle attraverso le sue opposizioni è un atto non privo di contraddizioni.

Di Massimo Padoin per Oggialcinema.net


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