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Ma scrive tutto il contrario.

Creato il 17 agosto 2013 da Ideaoccidente

cupaOggi ho letto per caso questo magistrale esempio di inchino malcelato, credente e praticante. Il titolo è di quelli che fanno emozionare i cinefili: paura e delirio al parco della Cuparella. Un fatto di semplice cronaca trasformato in uno sciatto raccontino popolare. L’autore è Nicola Capizzi, il quale partecipa da testimone concitato all’ennesima rissa fra extracomunitari spacciatori, fatto a lui evidentemente nuovo. Per non turbare spiriti troppo potenti e prepotenti, il nostro ci tiene a scrivere in prima persona, parafrasando fortemente l’accaduto. Il teatro della scena è di quelli consacrati al culto del dio: il “meraviglioso“, o così definito, parco della Cuparella. Quel parco livellato e dall’apparenza orribile, costruito sulla rupe scoscesa che parte dall’arroccata Via della Cupa e deborda, come una frana, nelle strette adiacenze di Via Pellini. Quel parco riqualificato dall’Amministrazione Comunale pochi anni fa, a fronte di spese ingenti, e adibito a sede di eventi e feste patrocinate, o comunque simpatizzate, dalla stessa Amministrazione Comunale. Quel parco tanto caro al Sindaco Boccali da averne fatto un fiore all’occhiello del suo mandato, esempio di come una marrana delinquenziale fosse divenuta presto, per impegno del primo cittadino, un’area di fermento culturale. Quel parco che il nostro definisce “meta di studenti e residenti che vi trascorrono un po’ di tempo in cerca di frescura“, probabile condizione e balla a partire dalla quale egli si decide a descrivere come quei loschi sciacalli( in realtà veri residenti del posto, confusi coi finti) l’abbiano stamane profanato.

Di certo il buon Capizzi, pure nel trattare un argomento così scottante in termini elettorali, non sconvolge gli equilibri e neppure i cuori. Perché nessuno, a eccezione del buon Capizzi, o forse neppure lui, conosce la Cuparella per come era e per come è diventata se non abitandovi appresso. E cioè un luogo di per sé refrattario a essere incensato sia per la sua locazione angusta, perennemente all’ombra, sia per la sua vicenda storica, perennemente criminale. Un luogo insomma paragonabile a un vecchio peccato che si cerca di nascondere, o addirittura di riqualificare, senza volerlo redimere per il tramite del sacramento. Un peccato inconfessato: quello di chi ha concepito, dissennatamente, la destinazione di quell’area a parco, troppo angusta, troppo ripida, troppo all’ombra per diventare tale.

Checché ne dica il nostro giornalista, che sul finire incontra un abitante farlocco e da commedia, incarnazione dello spirito ignavo e “qualunquista” del cittadino perugino, colpevole di gravi nefandezze e primo nemico del nostro Comune un po’ snobbino, la Cuparella è il tempio della cattiva politica. E’  luogo da sempre infestato da spacciatori e delinquenti di ogni risma, già dai tempi in cui io, appena ragazzino, m’affacciavo da Via della Cupa per andare e tornare da scuola, sita nella vicina Piazza del Drago. E’ luogo desolante e deserto a tutte le ore del giorno, rimesso a nuovo per una speranza rimasta tale, quella di sottrarlo alla criminalità e in particolare al giornaliero traffico di stupefacenti, tuttora dilagante. E’ luogo che si popola solo di tanto in tanto, per qualche evento a orologeria, teso a propagandarne la rinascita culturale, e dunque il merito di chi questa rinascita ha falsamente compiuto. E’ luogo strutturalmente adatto alla scena che il giornalista ha avuto modo di testimoniare.

Chi vive la realtà, lo sa; chi vuol vivere una realtà alternativa, parecchio allineata, parecchio devota, lo stesso. Ma scrive tutto il contrario.

Michele Spina


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