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Ma tu perché scrivi? intervista a Giulia Besa

Creato il 11 luglio 2011 da Lafenice
L'idea di “ma tu perchè scrivi?” è nata per caso e continua per la stessa ragione.
Credo che la cosa più bella, a prescindere dall'avere scrittori che stimo moltissimo proprio qui sul mio blog, è quello di poter diventare vere e proprie “spugne” in grado di assorbire idee, esperienze, e punti di vista di persone che nemmeno conosciamo, ma con cui abbiamo uno stretto legame. Condividiamo lo stesso sogno, arrivare nelle anime delle persone, penetrarle e non uscirne più.
Vogliamo scrivere, raccontare noi stessi, la nostra mente ed i fantasmi che giacciono al suo interno.
Sono più che onorata di avere come ospite sul diario una scrittrice esordiente ma davvero promettente, Giulia Besa, che con il suo Numero Sconosciuto sta occupando ogni mio minuto libero (sto letteralmente divorando questo libro e, molto presto, ve ne parlerò).
Ed ora a noi due Giulia.. ma tu perchè scrivi?
Ma tu perché scrivi? intervista a Giulia Besa1) Perchè scrivi?
È l’unica cosa che potrei fare tutta la vita. Ci sono persone che riescono a stare settimane, notte e giorno, a provare passi di danza, a esercitarsi su Mozart al pianoforte, a sviluppare nuove formule matematiche. Io ho questa naturale dedizione solo per la narrativa. Adoro leggere manuali di tecnica, ascoltare presentazioni di altri autori, andare in libreria a sentire il profumo della carta. Non devo forzarmi per rimanere sveglia le notti a scrivere di Sara che viene sedotta dall’influenza del Dio Marte, fra le strade di Roma; né mi dispiace trascorrere le vacanze di Natale a revisionare la scena. E questo per ogni singolo brano del romanzo. Per ogni racconto, ogni scena che abbia mai scritto anche al di fuori di Numero sconosciuto.
Dicono che per fare il medico o il prete ci voglia la vocazione. Prima di cominciare a scrivere, io non credevo che la vocazione al mestiere esistesse davvero.
2) Da dove trai ispirazione?
Dipende da cosa intendi. Spesso sono io che mi guardo in giro in cerca d’ispirazione per la caratterizzazione di un personaggio o per risolvere un nodo della trama che non riesco a sciogliere, ma non è questa l’ispirazione migliore. Quella migliore, secondo me, è quella che “arriva” senza essere chiamata. In questi casi l’idea ti casca addosso e spesso non solo non ne hai bisogno, ma ti mette pure in difficoltà (alcuni “colpi di genio” tardivi ti possono costringere a riscrivere il romanzo daccapo). Questo tipo d’ispirazione nasce dritta dal subconscio e colpisce in qualunque momento, senza criterio né pietà. A quel punto, io tiro fuori il cellulare e annoto l’idea. La valuterò in un secondo momento, a mente fredda.
L’idea di un’Artemide con denti da squalo e lingua ruvida per grattare la carne dalle ossa, come quella dei leoni, mi è venuta guardando Superquark.
3) Come definiresti il tuo modo di scrivere?
In corso d’opera.
Cerco di scrivere facendo del mio meglio, ma più scrivo, più mi rendo conto che il mio meglio non basta. Che chi mi legge merita di più. Studio e mi esercito nella speranza di arrivare a un punto in cui sarò davvero soddisfatta del mio modo di scrivere. Quando di me non ci sarà niente, a parte la storia.
4) Cosa significa essere uno scrittore emergente al giorno d'oggi?
Non sono in grado di delineare il modello dello “scrittore emergente”. Ciascuno ha le proprie Case Editrici e le proprie vicende. Io poi all’Einaudi sono sempre stata trattata come gli altri: quando discutevamo sul banchetto della Morte, una scena molto cruda, la mia editor ascoltava le mie argomentazioni con la stessa attenzione con cui si ascolterebbe un autore pluripubblicato. E anche fuori dalla Casa Editrice mi hanno sempre trattata con rispetto.
È vero: l’emergente deve dimostrare quanto vale. Ma anche uno scrittore affermato ha il dovere di migliorare/confermare il proprio talento ad ogni nuovo lavoro. Quindi io e Stephen King, per quanto riguarda il rapporto con i lettori, siamo sulla stessa barca.
5) Qual è la più grande soddisfazione ottenuta grazie la scrittura?
Potrei dire che è quando mio fratello volta veloce le pagine del libro, ride, si mangia le unghie, mi fa un gesto stizzito se cerco di interromperlo mentre legge le pazzie di Sara. Oppure che è la gioia di sapere dalle persone che stimo che per loro Marte è un personaggio affascinante. Ma sarebbero bugie. Mi dà molto più piacere scrivere, che ricevere complimenti per aver scritto. La più grande soddisfazione che ricevo dalla scrittura è scrivere.
6) Cosa ti spinge a continuare, malgrado le normali difficoltà?
Qui la risposta da darti mi è stata suggerita da un’amica: “continuo a scrivere perché se non lo facessi i miei amici me ne creerebbero di peggiori, di difficoltà!”. In realtà gli ostacoli sono tanti e, se uno vuole fare il mestiere come Dio comanda, non sono quasi mai ostacoli facili. Il bisogno di scrivere non mi passerà di certo (non è una malattia, non può “passare”), ma non è detto che renda sempre pubbliche le storie che metto su carta. Con Numero sconosciuto ho fatto un esperimento, vedremo se ci saranno più gioie che dolori. Spero con tutto il cuore che sia così, perché amo davvero che la gente mi legga.
Concludo ringraziandoti, Fenice, per la piacevole intervista.
Buona Giornata e buona fortuna a tutti!

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