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Macbeth [2015]

Creato il 18 gennaio 2016 da Jeanjacques
Macbeth [2015]
Ci sono storie che entrano di prepotenza nell'immaginario culturale non solo di un paese, ma del mondo intero. I personaggi delle opere di Shakespeare suonano familiari anche a coloro che non masticano di teatro perché, fra citazioni, lezioni a scuola, trasposizioni di vario tipo (a tal proposito, io ho partecipato come comparsa alla fiction Mediaset di Romeo e Giulietta, dato che la giravano vicino a casa mia) e addirittura parodie, chiunque li avrà sentiti nominare almeno una volta nella vita. Certe volte abbiamo davanti agli occhi dei riferimenti senza manco rendercene conto, perché pochi sanno che la serie animata dei Gargoyles è totalmente imbastita sulle opere del buon William e che ne Il prigioniero di Azkaban la canzone cantata dai maghetti a Hogwarts è la medesima citata dalle tre streghe dell'opera da cui questo film è tratto - ironicamente, c'è anche l'attore che fa il professor Lupin. Da qui a conoscere cosa abbiano effettivamente fatto di preciso la strada e lunga, però è innegabile quanto sia stato enorme il contributo che il Bardo ha dato al modo di intendere e sviluppare le storie anche nei tempi moderni. Anche perché, non ci fosse stato lui credo che Kenneth Branagh sarebbe rimasto senza lavoro e molti attori non avrebbero potuto fare l'interpretazione della vita. Ed è proprio sulle interpretazioni che dovremmo rivolgere parecchie delle nostre attenzioni, perché in quelle che sono le trasposizioni delle opere classiche il modo in cui si intende rielaborare un qualcosa che ormai è parzialmente conosciuto da tutti diventa il punto focale di tutta la faccenda.

Macbeth, barone scozzese, dopo aver vinto una battaglia contro l'esercito nemico di re Duncan incontra tre streghe che gli predicono un futuro come sovrano assoluto. Da quell'incontro, complici anche le trame della di lui malefica moglie, si dipanerà uno scenario cupo e sanguinolento...

Non è la prima volta che il Macbeth viene portato sul grande schermo. A firmare la versione su celluloide di questa opera ci avevano già pensato due grandi nomi come Orson Welles e Roman Polanski, senza contare la versione nipponica de Il trono di sangue a opera di Akira Kurosawa, che aveva fatto la medesima operazione con Ran, dove ad essere presa in analisi era però il Re Lear. Dopo che tre maestri assoluti hanno detto la loro col proprio inconfondibile stile che senso ha quindi tentare nuovamente l'impresa? Sta semplicemente nel fatto che i tempi cambiano, cambiano anche i modi di fare cinema e, soprattutto, nel fatto che ognuno può dire la propria, perché non conta tanto quello che racconti bensì il modo in cui lo fai. Justin Kurzel sembra avere bene a mente tutto questo e quindi ci offre la sua versione del Macbeth, realizzando così un film che sicuramente non rasenta la perfezione ma che riesce a separarsi da quanto precedentemente detto, ottenendo così una propria specifica identità. La storia rimane sempre la stessa che in molti conoscono, ma è proprio il modo in cui viene raccontata a dargli tutti i meriti. Kurzel si approccia all'opera in maniera del tutto cinematografica e, pur conservandone la natura altisonante dei dialoghi, finisce per avvicinarsi maggiormente alle atmosfere di un Valhalla rising che di un qualsiasi film storico. Il pregio maggiore del film è di usare al meglio le parti della storia tramite i raccordi visivi, dando un'importanze cruciale alle immagini e anche alla loro distorsione (magnifica la scena iniziale, coi ralenty che frammentano la carica dei soldati) e con l'ausilio di una fotografia sporca ma comunque bellissima e che cambia costantemente, accompagnando i personaggi - inizia coi toni grigi e termina con un fantastico rosso, emblema di tutto il sangue che ha portato a quel finale. Ma come vuole la sua natura teatrale, il tutto non potrebbe reggere senza la presenza di due attori straordinari, e infatti Michael Fassbender e Marion Cotillard (la mia futura ex moglie) mettono in scena due personaggi complessi nei quali però sembrano trovarsi macabramente a loro agio. Il primo, che con Shame aveva dimostrato di avere una bravura fuori dal comune (e anche altro, ma correrei il rischio di essere volgare) offre un personaggio tormentato, manipolabile e incredibilmente ambiguo, tanto da rendere inquietanti le scene con lo sguardo, mentre la seconda conferisce una crudele solennità alla di lui moglie senza però toglierle quell'umanità di donna che non poteva mancarle - magnifico il suo sguardo nelle ultime scene in cui compare. Ho apprezzato anche le modifiche all'opera originale, soprattutto verso la fine perché, ammettiamolo, dei tizi che si vestono con le frasche degli alberi sarebbero stati piuttosto ridicoli, mentre il tergiversare in quella maniera il senso della profezia delle Fatali Sorelle si sposa benissimo per il mezzo cinema e, perlopiù. offre quella magnifica variazione cromatica di cui avevamo accennato. A non essermi garbate più di tanto sono state invece le parti dialogate, limate nell'insieme ma comunque pregne di tutta quell'enfasi teatrale che sul grande schermo, a mio modesto parere, non rende molto e che rischia di far cadere nel ridicolo involontario quella che dovrebbe essere una delle scene più sentite, dove la semplice espressività degli attori avrebbe saputo fare molto meglio per il mezzo che si è voluto adottare. Se ne ottiene così uno strano ibrido, ma un ibrido che però non ha paura di sporcarsi le mani e di premere l'acceleratore su quelli che sono i temi più crudi e pesanti dell'opera del Bardo. Se ne poteva avere una versione annacquata da visione scolastica, invece Kurzel ci ha offerto la sua versione, dimostrando che non ha paura di sporcarsi le mani e di osare, per quanto dei suoi eventuali limiti (ha una filmografia ridotta per poterlo dire) possano impedirglielo. Fa quasi tristezza che debba darsi al film di Assassins creed...

Certo però che anche quelli che per il lancio pubblicitario hanno scritto "Shakespeare incontra Game of thrones" mi hanno fatto vagamente rivalutare la pena capitale...Voto: ★ ½

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