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MARION CHISCHIOTTE . Siamo rimasti in tre. Tre somari e tre briganti.

Creato il 09 ottobre 2012 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

MARION CHISCHIOTTE . Siamo rimasti in tre. Tre somari e tre briganti.

Fatima non voleva aprirmi la porta. Eppure avevamo un appuntamento ed era già mezzogiorno. Il cortile interno era vuoto, tranne che per due nani di circa 5 anni buttati sull’erba rada che ciarlavano qualcosa non in tedesco e neppure in arabo.

- Fatima, sono Marion. Apri!-

- Marion è presto. Io devo dormire. Io lavoro di notte. Ciao.

- Che ciao e ciao. Fatima, avevamo un appuntamento-

- Adesso no. Alle cinque-

Non ho voglia di sentirmi insultata in bulgaro, per cui torno dopo. Fatima sta ancora quasi dormendo e indossa una orribile vestaglia rosa di flanella, tipo quella delle gattare. Ma non ha un piatto di spaghetti in mano e non fa nemmeno “micio micio”. Ha una sigaretta che puzza e sul divano dietro di lei è sdraiata una tizia in stato di semi stordimento. Fatima abita qui da cinque anni e tra poco se ne andrà perché verrò a starci io.

In cinque minuti decido già cosa sparirà per sempre: la tinta celestina sulle pareti e una striscia di carta da parati che orgogliosamente Fatima rivendica come una propria scelta estetica. La puzza di sigarette è ovunque, si addensa sulla tendaccia grigia e pure sulla pianta finta di plastica messa a languire in un angolo della stanza.

- Guarda Marion, tra poco tutto questo sarà tuo!-

Che culo. Fatima mi indica la cucina e un frigorifero piccolo che sta sbrinando. Infatti c’è una pozza d’acqua a terra che mi inzacchera i sandali, ma per Fatima è tutta salute e buon augurio. Sul lavello ci sono pezzi di pollo flaccido e una pentolaccia incrostata. Immagino che stasera prima di andare al lavoro farà un delizioso stufato con le olive, ma è solo immaginazione. La mia.

Nel frattempo la stordita si è alzata dal divano e si versa un bicchiere di sfrizz kola.

-La lavatrice resta?- chiedo a Fatima

-No Marion me la porto via-

Eh, te pare. Tra la vasta paccottiglia, quella era l’unica cosa che doveva restare.

- Comunque puoi chiedere a Mustafa se te ne procura una- .

Mustafa. Sopra la libreria Ikea troneggia la foto di Mustafa come un ritratto del compagno Honecker nel salotto color fango dei vecchi uomini di partito di una volta. Manca solo la scritta “Mustafa è il mio pastore” e la chiusura del cerchio sarebbe perfetta.

Mustafa è il padrone di casa. Un turco che vive a Berlino da quando era ventenne, con dei baffi da bravo e la panza generosa. Lo incontro al bar Zagabria di Boddinstrasse, un posto che ricorda i miei bar di provincia con i tavoli in fondo dove impiegati e pensionati giocano a carte e la televisione sulla parete va un po’ a ruota libera. Mustafa è una autorità indiscussa nel quartiere: è proprietario di molti appartamenti a Neukölln e quando entriamo nel bar la gente si volta e mi guarda come se fossi la donna del boss. Ma Mustafa non ha anelli alle dita e neppure un piglio losco. Inoltre io non sono la donna di nessun boss, anche se come tutte le donne in fondo in fondo sogno di essere la femmina del capo, come è inscritto nel nostro dna preistorico, e, variante contemporanea, la bellissima moglie di un trafficante colombiano. Ma questo è un altro film.

Mustafa, invece, è sempre sudaticcio e affaccendato. Un mio amico dice che è il lato sornione e affabile della mafia turca berlinese. Io non gli credo, dai, e se così fosse non mi interessano i dettagli. Ho già tante noie da sbrogliare che non c’ho tempo de fa Derrick.

Mentre parliamo dei dettagli del contratto, il telefono di Mustafa squilla spessissimo. La suoneria è struggente quanto inaspettata: My Lady Story di Anthony and the Johnsons. Uau. Mi aspettavo la Shakira di Costantinopoli, invece no. Ogni volta che parte la suoneria si crea un momento imbarazzante al bar Zagabria: i gesti, la leggera confusione si sospendono e anche la nostra discussione del contratto diventa rarefatta quanto priva di logica.

- Io sono stato a Bari- racconta Mustafa – e ho mangiato una pizza molto buona, però cara-

- Che pizza era?- chiedo

- Non mi ricordo, forse Margherita-

- Vabbè, succede. Anche io sono stata in Turchia. Un viaggio bellissimo di venti giorni a zonzo. Anche a Konya-

Mustafa si illumina- anche a Konya? – è la sua città natale. Fu a Konya che il mistico Mevlana Celaleddin Rumi fondò l’Ordine Sufico conosciuto come i dervisci rotanti.

Giriamo come sufi anche nei giorni successivi. Mustafa mi porta a spasso con il furgone per fare spese per la casa nuova. È gentile, mai laido o marpione. Probabilmente mi tiene buona perché non ha ancora visto un centesimo della caparra. Ma tra mediterranei è così, una faccia una razza, e a volte è bene approfittarne.

Decidiamo che tipo di laminato comprare e quale colore di mattonelle.

-Mustafa, ma chi lo mette poi sto laminato?-

-Io e te-

Era sincero. A casa proviamo a fissare i pezzi. In teoria non è difficile, si incastrano i pezzi e sotto si mette una specie di tatami. In teoria. Suona il suo cellulare. Parte My Lady Story. Mustafa va in panico, non aveva previsto un livello successivo di difficoltà. Esce dalla stanza e mi dice: torno subito.

Torna dopo 30 minuti con due rumeni.

- Mustafa, io non posso pagare tutta sta gente-

-Non c’è problema. Amici miei-

Ho trascorso la restante ora in cui finivano il lavoro sotto un totale imbarazzo chiedendo continuamente se volessero bere qualcosa in una lingua che non era la mia ma neppure la loro. Manco di Mustafa. Di nessuno.

La notte stessa ho fatto un sogno più o meno così, sbracata sul laminato stesso e chiusa nel sacco a pelo. Eravamo io, Mustafa e Fatima seduta su un mulo. Tutti e quattro partivamo dall’ Oberbaumbrücke e arrivavamo sotto la torre di Galata, ad Istanbul, quella costruita da alcuni coloni genovesi nel 1348. Si sentiva solo puzza di pesce fritto e l’immancabile sigaretta di Fatima. Il vento era forte e sollevava pure i gatti randagi.

Mustafa sono stanca

- Resisti Marion

- Non ce la faccio. Ho perso ombrelli e persone care, fatto errori e pasticci.

- Che t’aspettavi ? interviene Fatima

- Dobbiamo salire ancora- dice Mustafa

- Si. Non c’è un altro passaggio

- Siamo rimasti in tre. Il mulo è scappato

- No, ci aspetta al bar.

Natasha Eva Kent Ceci

MARION CHISCHIOTTE . Siamo rimasti in tre. Tre somari e tre briganti.
Scritto da Natasha Ceci il ott 9 2012. Registrato sotto REALITY BITES, RUBRICHE, TAXI DRIVERS CONSIGLIA. Puoi seguire la discussione attraverso RSS 2.0. Puoi lasciare un commento o seguire la discussione

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