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Marion’s baby. L’inverno di Yuri

Creato il 25 marzo 2011 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

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La stazione Termini prima di essere un grande “mall” ipermoderno con gli schermi a ridosso di ogni binario aveva un unico piano. Sull’insegna dell’edicola imperava la scritta “Il Tempo” tutta sbiadita: non c’erano nemmeno due, tre ante. Solo una facciata semplice e ristretta.

Ma è stato veramente tutto questo? O era l’incubo dei pendolari più depressi?

Io e Yuri, invece, stiamo aspettando la Sbahn a Hermannstrasse alle 17.40  di un  pomeriggio di febbraio. Yuri ha uno zaino con l’ombrello incastrato su un lato, le scarpe da trekking e io devo parlargli solo in italiano, nonostante la sua riluttanza ad uscire dai più noti territori linguistici tedeschi. Infatti quando arrivo a scuola per portarlo a casa, Yuri si rifugia dietro il giaccone North Face della mamma Olga.

- Non vuoi venire dalla zia Marion?

- Zia?-chiede Olga stupita.

- Si. È un modo di dire italiano. Siamo tutti parenti.

- Ah. No, beh, è che non vuole parlare italiano. Ha paura.

- Naa, c’è rimasta solo la lingua di decente.

Olga ha studiato restauro a Venezia ma è berlinese pura. Non c’è niente di affettato nei suoi modi: è semplice, gentile e generosa come un tedesco sa essere. Se ti dico si è si. Se ti dico che ti aiuto lo faccio. Ad Olga serve una baby sitter italiana per Yuri cosicché lei possa “fare sport” un giorno a settimana.

- Ah, per caso il papà è italiano verooo?

- No.

…La discrezione salverà il mondo (ma chi salverà la discrezione?).

Yuri conta quanto manca per l’arrivo del treno saltellando al di qua e al di là della linea gialla. Non so se devo impedirglielo o no. Le mamme, o quelle che si dichiarano tali, che conosco temono sempre gli spostamenti energici dei figli. Eppure questi ultimi hanno tutta una vita per restare immobili e poi decidere di andare oltre la linea gialla e smettere di decidere.

Sul treno Yuri siede composto, balbetta qualche parola in italiano e mi rendo conto che migliorare il mio tedesco con un bambino di sette anni se non è frustrante almeno è surreale quanto basta.

Gli occhi grandi e marroni di Yuri mi incuriosiscono sulle sue origini.

- Papà è a Berlino? (la discrezione non appartiene alla mia etnia, inutile fingersi svedesi).

- No, non so dov’è…

- Ah no?

- No, forse tornato in Albania..

A Ostkreuz dobbiamo cambiare e prendere un treno che va ancora più ad Est. Yuri mi prende la mano, conosce meglio di me la direzione. Il mio Est si fermava ad Ostbanhof e alla lunga muraglia della East Side Gallery con i graffiti post-crollo. A parte lo squallore di Lichtenberg molti tasselli toponomastici mi mancano. Il quartiere di Yuri è dimesso ma non desolato. Fuori dalla metro, in un sottopassaggio, sopra le nostre teste troneggia un grande lampione rosso a forma di lingua. È enorme, così fuori contesto che se la vedesse Lynch non esiterebbe a portarci un nano e girare una scena.

Ogni volta Olga mi riempie di spaghetti e barattoli di pesto per Yuri. Pare che non mangi niente più volentieri. M’è andata bene. Se mi avesse chiesto di preparagli lasagne e impepate di cozze, in base all’infondato assunto che un italiano è anche un grande chef, avrei dovuto chiamare un catering di nascosto con il fazzoletto sulla cornetta.

Mangiamo. Fuori dalla finestra (tendine bianche arricciate) si scorge una vecchia scuola in disuso. Il panorama è scarno, tranne la casa di Yuri. Caos e disordine ovunque con un gatto rompicoglioni che salta sul mio piatto a intermittenza.

Tutte le mamme che conosco, o che si dichiarano tali, quando i figli mangiano creano delle elaborate pantomime. Sceneggiate prive di suspence solo per ingozzarli anche quando hanno mangiato otto panini con la nutella.

Nadine, un’altra mamma crucca di una bambina che accudivo mesi fa, preparava la cena, lanciava i piatti sul tavolo dove era seduta la bimba e suo fratello più grande e andava in camera sua a leggere.

“Gut Appetit” e fine della romanza.

L’indipendenza inizia dove finisce il primo atto.

Alle 19.00 si vede la tv. C’è “Pippi Langstrumpf” : rido quando ride Yuri almeno sembra che capisco tutto. Dopo il cartone è il momento del notiziario per bambini, mi spiega Yuri. Una specie di “Tg ragazzi” ma meno idiota. Nessuna news sul “cane miope più grasso del mondo” (che poi sono le stesse notizie del Tg1) ma solo eventi d’attualità, anche politica e internazionale, spiegato ai bambini. Notizie rese semplici, non stupide.

- Vuoi vedere un film? – chiede Yuri

- Quale?

- Star wars…ma è molto brutalo..

- BRUTALE.

- Hai fatto i compiti?

- Si ho letto una pagina.

- Bravo. Vedrai che ti basterà.

Natasha “Eva Kent” Ceci


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