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Mediazione e Alternative Dispute Resolution nelle controversie civili e commerciali: ritorno a una giustizia di prossimità?

Creato il 09 aprile 2014 da Ilnazionale @ilNazionale

mediazione49 APRILE – Si è svolto nelle giornate del 3 e 4 aprile scorsi, presso il Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università degli Studi di Verona, un interessante convegno dal titolo Mediazione e ADR nelle controversie civili e commerciali: ritorno a una giustizia di prossimità? Vi hanno preso parte numerosi giuristi provenienti da ogni parte d’Italia, oltre che da Spagna e Olanda.

Nella prima sessione di incontri, moderata dal prof. Tommaso Dalla Massara, ha preso la parola il giurista Filippo Danovi dell’Università Milano Bicocca. Danovi ha precisato che la mediazione è argomento di grande attualità perché «(…) si colloca nell’ambito del più generale dibattito sulla giustizia che, come affermava Voltaire, è qualcosa di indipendente da legge, partiti e religione. La mediazione è una giustizia alternativa che dà risposta alle problematicità del contenzioso civile, il quale si presenta ormai come un malato cronico».

The mediator
Secondo Danovi, la giustizia italiana tradizionalmente intesa è così malata che la fuga da essa non stupisce più nessuno. La mediazione civile non può porsi su un piano di totale incomunicabilità con il processo, semmai deve porsi in una situazione di necessario dialogo e confronto con lo stesso. «Spesso si parla della mediazione come di una giustizia di prossimità –continua Danovi- In Francia questo termine non indica affatto una giustizia approssimativa, quanto piuttosto una giustizia il più possibile vicina alle parti». Per molti versi, le ultime riforme sembrano aver introdotto istituti che svalutano la giustizia comunemente intesa e che non tengono conto del fatto che essa deve essere alla portata di tutti. «Ad oggi –continua il relatore- la mediazione presenta molti punti di forza che la rendono vincente. È un istituto flessibile che supera molti rigidi formalismi del processo ordinario, opera anche tra soggetti appartenenti ad ordinamenti giuridici diversi, si adatta facilmente alle caratteristiche dei singoli casi e può arrivare a far contenti tutti. Sta iniziando a germinare l’idea di una collaborazione tra mediazione e giustizia». In conclusione, il giurista milanese ha richiamato l’attenzione dei presenti sulla necessità di conseguire una regolamentazione il più possibile omogenea, sciogliendo i nodi critici dell’istituto e puntando sulla formazione dei mediatori. «Occorre che anche gli avvocati si aprano alla mediazione –ha precisato- e per fare ciò devono abbandonare l’ottica del contraddittorio e cercare una maggiore tutela per le parti anche al di là degli schemi ordinari».

scatola di edgeworth
La parola è poi passata a Federico Perali, economista presso la stessa Università di Verona. Ricordando come l’Italia si attesti al 160esimo posto su 180 Paesi nella classifica riguardante il buon funzionamento della giustizia, Perali ha sottolineato il vantaggio economico di una mediazione che metta al primo posto il dialogo tra le parti, prevenendo l’inasprimento del conflitto. Un modello economico ben applicabile all’istituto della mediazione, secondo Perali, è la scatola di Edgeworth. Si tratta di una costruzione geometrica che illustra i più semplici aspetti ricorrenti in un’economia di scambio. In altre parole è il caso di due individui, A e B, che possiedono determinate quantità di beni x e y e che possono decidere di consumare subito queste quantità o di scambiarle. Le lunghezze dei lati della scatola misurano le quantità dei beni x e y mentre ogni punto della scatola stessa indica come queste risorse siano distribuite tra A e B. Si viene poi a formare una curva che Edgeworth definì curva dei contratti, basata sulle “mappe d’indifferenza” dei due individui. Per ogni dotazione iniziale esistono dotazioni che si trovano sulla curva dei contratti e che possono essere raggiunte tramite scambio. È questo il nocciolo dell’economia di scambio, che secondo Perali si può applicare anche al modello della mediazione.

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Interessante anche l’intervento del professor Francesco Sitzia sul lungo lavoro compiuto nella sua regione, la Sardegna, al fine di dare impulso all’istituto della mediazione. «In Sardegna –ha sottolineato- non esistevano enti di formazione per mediatori se non a pagamento. Si è allora scelto di creare una convenzione tra l’Università degli Studi di Cagliari e la Camera di Commercio locale.» Ecco quindi che, dai primi incerti passi mossi dai giuristi nell’ambito della mediazione, si è giunti a formare centinaia di addetti ai lavori e si è anzi creata l’innovativa figura del Garante del Turista. «Il Garante –prosegue Sitzia- opera a favore dei numerosi turisti che ogni anno visitano l’isola e si avvale proprio dello strumento della mediazione. Questa figura si è resa necessaria perché affrontare in un certo modo il conflitto rende possibile prevenirne il peggioramento. È un percorso di diffusione ed implementazione di una nuova cultura».

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A seguire, si è avuto l’intervento del prof. Luigi Cominelli, dell’Università degli Studi di Milano, che ha sottolineato anzitutto quanto sia importante per i giovani mediatori comprendere i problemi cognitivi alla base della mediazione. Secondo l’approccio cognitivo; gli ostacoli alla mediazione sono infatti rappresentati da una pluralità di fattori tra i quali spiccano i pregiudizi mentali di partenza, l’idea per la quale il giudice sia più obiettivo del mediatore e, infine, la tendenza degli avvocati a sentirsi più sicuri nell’ambito del processo che non in quello dell’Alternative Dispute Resolution. Solo a posteriori si scopre che le parti in causa avrebbero avuto vantaggio a ricorrere allo strumento della mediazione, che previene l’aggravamento della controversia e lascia aperto un importante spiraglio di riappacificazione tra le parti. «Tutto dipende dall’empatia che il mediatore crea durante la sessione di mediazione –evidenzia Cominelli- Bisogna creare un clima di fiducia ed ottimismo». In base a questa premessa; il relatore ha sottolineato inoltre come esistano diverse tipologie di mediazione, tra cui spiccano la mediazione valutativa e quella facilitativa. Delle due è proprio quest’ultima a dare un ruolo di primo piano alle parti nella risoluzione della lite.

Portrait of happy businesspeople shaking hands
Il dott. Leonardo D’Urso, economista e mediatore, ha poi spiegato come manchi attualmente in Italia uno studio approfondito sulla mediazione e sulla sua gestione. Tra gli ostacoli principali al buon funzionamento della giustizia civile nel nostro Paese si evidenziano diversi fattori: l’assenza di un approccio manageriale alla gestione delle sedi giudiziarie, l’arretrato delle cause pendenti in Tribunale –circa 5 milioni e 300mila liti-, il gran numero di cause pretestuose di fronte alle quali mancano delle vere e proprie sanzioni. «C’è stretta correlazione tra il numero delle cause e la lentezza del sistema –afferma D’Urso- pertanto la mediazione obbligatoria, pur non essendo la panacea a tutti mali della giustizia italiana, potrebbe risultare vantaggiosa al fine di conseguire la decongestione dei tribunali».

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L’avvocato Paola Thiella, vice-direttrice dell’ISDACI di Milano – Istituto scientifico per l’arbitrato, la mediazione e il diritto commerciale- ha sottolineato come già da molti anni le Camere di Commercio si occupino del vicino istituto della Conciliazione, tentando di costruire su tutto il territorio nazionale una rete di sportelli ai quali applicare regole uniformi. «Le Camere di Commercio –ha precisato- sono state le prime a considerare fondamentale la qualità degli organismi e degli enti di formazione. Ad oggi, per diventare mediatori si richiedono poche ore di formazione iniziale e 8 ore di aggiornamento ogni biennio». Un numero evidentemente scarso, a fronte dei numerosi benefici che la mediazione potrebbe portare alle parti in lite se solo venisse potenziata. La dottoressa Daniela Mazzotta, responsabile del servizio di mediazione della CCIAA di Verona, ha spiegato che i primi benefici, rispetto ai processi civili, si danno in termini di tempo impiegato per risolvere la lite. Nel 2010 infatti, la cognizione ordinaria richiedeva in media 1066 giorni, mentre la mediazione solo 102 giorni. Secondo aspetto favorevole il costo economico, pari in media a euro 862 per parte (molto meno dello stesso arbitrato). Purtroppo il numero dei soggetti che si presentano di fronte al mediatore con la controparte resta piuttosto basso e ancora inferiore è il numero delle liti effettivamente risolte grazie alla mediazione. A seguire, si è avuta una tavola rotonda sul protocollo veronese in tema di mediazione e processo civile, con interventi dei professori Tommaso Dalla Massara e Alberto Tedoldi, dei giudici Pieropaolo Lanni e Massimo Vaccari e degli avvocati Piazzola, Perini e Ferraris.

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Nel corso della sessione di lavoro del 4 aprile si sono avuti altri interventi di rilievo sul tema dell’Alternative Dispute Resolution. Chiara Giovannucci Orlandi, docente presso l’Università degli Studi di Bologna e membro della Commissione Mediazione del CNF, ha sottolineato come sia ancora in corso, attualmente, una battaglia di disinformazione sulla mediazione. «La formazione, anche solo a livello basilare, è fondamentale in quest’ambito. Ad oggi mancano proposte precise, tranne che in Francia. Il Legislatore europeo ha fornito invece la spinta necessaria verso la mediazione in prospettiva deflattiva per la tutela dei consumatori». Fred Schonewille, dell’Università di Utrecht, evidenzia invece le possibilità di studiare la mediazione anche in chiave comparatistica. In Olanda, ad esempio, si è avuta una direttiva che non ha specificato cosa sia la mediazione, ma che ha introdotto una procedura veloce ed economica per la risoluzione delle liti. Attualmente il numero dei mediatori olandesi è ancora insufficiente a fronte dell’effettivo bisogno, ma l’applicazione di questo strumento sta già dando ottimi risultati. Sulla stessa linea d’onda, seppur con qualche differenza, si è mossa anche la professoressa Maria Esther Souto Galvan, direttrice del master internazionale telematico in materia di mediazione della UNED di Madrid. Il sistema spagnolo di mediazione si basa sulla legge n° 5 del 6 luglio 2010 e sul Regio Decreto del 27 dicembre 2013. È un sistema che necessita ancora di interventi perfezionativi e che, in origine, ha certamente dato origine a problemi organizzativi non indifferenti. Tuttavia, nella sua essenza, esso vede come punti di forza la formazione del mediatore e, soprattutto, il numero di ore di esercitazione pratica previste –almeno 35-.

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Il dottor Federico Reggio dell’Università degli Studi di Padova, mediatore e formatore in quest’ambito, ha poi compiuto un curioso excursus filosofico sul significato e sulle potenzialità della mediazione. «La tradizione classica ci insegna che il processo rompe le dinamiche del conflitto grazie all’intervento del terzo –ha spiegato Reggio- La mediazione, al contrario, previene il conflitto vero e proprio». La chiave di risoluzione delle controversie sarebbe quindi quella di creare un’alleanza tra le parti in lite, concetto già conosciuto dalla legge mosaica e ricordato anche nell’etimologia stessa del termine pax, che significa pace. L’idea di un patto volto a riappacificare gli animi torna poi in auge con il giusnaturalismo moderno, che affida al contratto sociale il compito di evitare la guerra di tutti contro tutti, in un mondo dominato dai “lupi” di Hobbes. In tempi più recenti, poi, è stato il giurista Pound ad utilizzare per primo la dicitura Alternative Dispute Resolution, ad inizio Novecento. Come ha sottolineato il relatore, il processo è spesso necessario, ma non è l’unico strumento possibile di risoluzione della lite, è anzi rappresentativo della visione normocentrica e burocratica della legge. La mediazione tenta invece di soddisfare tutte le parti ed è espressa dal motto win-win, per il quale tutti i litiganti escono vittoriosi dal conflitto. In conclusione, chiede Reggio: «Dovremmo tutti interrogarci se oggi la legge sia ancora fatta per l’uomo o se non sia piuttosto l’uomo ad essere asservito alla legge. Gli articoli del Codice Civile non dovrebbero essere visti come le sure di un testo sacro in quanto il conflitto è, nella sua essenza, un’esperienza umana».

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L’avvocato Stefano Cardinale, mediatore internazionale e formatore sia in Catalogna che in India, ha evidenziato come alcuni passi importanti verso la mediazione siano stati compiuti dal Legislatore italiano fin dal d.lgs. 5/2003, in tema di conciliazione societaria. Non è però automatico, per un professionista del diritto, essere anche mediatore. «Occorre una professionalità adeguata –precisa subito Cardinale- per la quale si rende necessario anzitutto un forte cambiamento culturale». L’articolo 1 del Codice Etico dei Mediatori parla di formazione. In Italia, la formazione è di sole 50 ore, contro le 100 della Spagna e le 200 dell’Austria. Il caso indiano, invece, è particolare perché la legge nazionale non richiede ai mediatori standards formativi particolari, ma li sottopone direttamente ad una severa valutazione finale, che in Italia manca. Conclude Cardinale: «Se lo scopo dell’Unione Europea era quello di migliorare il funzionamento del mercato interno agli Stati Membri, sarebbe fondamentale applicare ovunque in Europa livelli di formazione comuni».

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L’avvocato Carlo Mosca, componente dell’Institute for the Study of Conflict Transformation, ha ripreso l’intervento del collega rilevando come, nonostante questa richiesta legittima, manchi dal principio l’unanimità di vedute sulla definizione stessa di mediazione.«In molti casi –afferma- le parti in conflitto si trovano a sperimentare un senso di frustrazione, distanza, ostilità nei confronti della controparte. La mediazione deve allora essere mediazione trasformativa, perché deve fare suo un particolare approccio che sia capace di lavorare su questi aspetti. Il mediatore deve fornire alle parti gli strumenti per vedere più chiaramente la situazione mutando, all’occorrenza, il proprio punto di vista». Ecco allora che la seduta di mediazione si fa tanto più costruttiva quanto più le parti conversano spogliandosi dei reciproci pregiudizi ed avviandosi verso un’autonoma decisione condivisa. Le tecniche utilizzate dal mediatore tengono conto del fatto che tutti i conflitti presentano caratteristiche simili, ma si declinano diversamente a seconda del modello di gestione del conflitto ritenuto più adeguato al caso concreto.

Silvia Dal Maso

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