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Metro

Da Laconiglia
Odore di metallo e stridore di freni. Toni grigi e il rosso acceso. Voci inscatolate e gente che corre ovunque, sparpagliandosi come foglie autunnali che danzano tra i piedi di un bambino.
Sedili nuovi, sedili consunti, portine che scricchiolano, portine nuove e perfettamente scorrevoli.
Piedi che si incrociano, sbattono su rotelle di valigie e ruote di passeggini.
Fiati e risate, cuffie e musica sottomessa. Buio e rombo di tuono.
Mi immergo nella metro affascinandomi per tutti i passeggeri.
Il ragazzo alto e biondo che ascolta in piedi la musica, mentre scorre il suo pollice sul cellulare. Il vecchietyo accigliato che osserva turti malevolmente. La signora turca che nasconde i capelli sotto un fazzoletto verde e ha uno sguardo stanco. La seguo col pensiero fino a casa, fino quando toglie quel fazzoletto e scioglie i capelli, socchiudendo gli occhi e respirando forte.
Sciogliendo dubbi e malinconie, passando le mani sul capo, accarezzando quella testa che chissà che pensieri racchiude.
Una frenata e torno sulla metro. Mi osservo intorno e mi sembra di vederti nascosto ovunque, nelle pieghe dell'abito costoso di una signora, nei ricci di un bimbo, nell'eco di una risata.
Mi osservo le mani e sospiro un po'. Sono arrivata alla mia fermata.
Metro

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