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“Midnight in Paris”: per i surrealisti sarà anche normale ma per noi?

Creato il 04 dicembre 2011 da Naimasco78

“Midnight in Paris”: per i surrealisti sarà anche normale ma per noi?Si stava meglio quando si stava peggio, stavolta è proprio il caso di dirlo. Mi sembra che Woody Allen alla resa dei conti abbia voluto farci intendere questo messaggio con il suo nuovo film, Midnight in Paris, pluriacclamato a Cannes e decisamente uno dei suoi migliori lavori degli ultimi anni. Al novanta per cento la location ha giocato il ruolo principale: abbastanza facile direi, spaccare il cuore degli spettatori mostrandogli la Parigi più romantica che sia mai stata portata sul grande schermo, dai tempi di Irma la dolce o di Ultimo tango a Parigi (con finale decisamente più sereno, ma d’altronde Woody Allen non ha certo la cruditè di Bertolucci). Pioggia o non pioggia, Parigi è sempre Parigi, se le storie d’amore non nascono lì allora mi chiedo dove possano nascere, non certo nel sottopassaggio della stazione di Porto Marghera; ma le storie d’amore a volte posso anche finire a Parigi, per lasciarne il posto ad altre. In conclusione, il fil rouge è sempre l’amore, sia che stia per iniziare, sia che debba inesorabilmente finire: ciò che conta è che qualunque sia la strada che si decide di percorrere, beh, l’importante è che sia quella giusta, che possa renderci felici e che abbiamo scelto con cognizione di causa. Il fatto di vivere nel passato e di rimpiangere i tempi che furono dovrebbe già essere un campanello d’allarme, nel senso che se il presente ti sta rendendo felice non c’è motivo allora di desiderare di vivere in un’altra epoca. Ma è evidente che a Gil, il protagonista, interpretato da Owen Wilson (ex spalla di Ben Stiller ma ora promosso ad attore di tutti i generi) il presente non piace e allora cerca una via di fuga, lo stargate che gli permetta di avere delle risposte e di poter capire qual è la scelta da fare. Una cosa è certa: la sua fidanzata Inez, la cui bellezza è direttamente proporzionale alla sua acidità e sgradevolezza, non è la persona giusta per lui. Perchè lui è un sognatore, un bohemien, mentre lei è una yankee superficiale e snob che non ha nessuna intenzione di assecondare le necessità creative di Gil. Anzi, lo incita a continuare a fare quello che ha sempre fatto, lo sceneggiatore di Hollywood, che di romantico non produce nulla se non un conto in banca emozionante. Ecco, l’agiatezza economica che uccide ogni impulso artistico.

“Midnight in Paris”: per i surrealisti sarà anche normale ma per noi?
Ora, una vecchia automobile alla Arsenio Lupin che immediatamente ti catapulta negli Anni Venti a conoscere fra i più grandi scrittori e artisti della storia, chiarirebbe le idee anche a me. La mia lista è piuttosto lunga, se mi dessero la possibilità di scegliere in quale epoca vivere e chi conoscere. Sono anche convinta che per un aspirante scrittore come Gil, conoscere il monumentale Ernest Hemingway, farsi correggere la bozza da Gertrude Stein, innamorarsi dell’amante di Pablo Picasso, partecipare alle feste organizzate da Francis Scott e Zelda Fitzgerald, suggerire un’idea per il prossimo film a Luis Buñuel, sia la realizzazione di un sogno, il sogno che vorremmo vivere tutti quanti, una volta nella vita. Geniale quindi questa sceneggiatura, geniale per l’ambientazione, prima di tutto: gli Anni Ruggenti, les années folles francesi, l’epoca del Charleston, della vitalità, del fermento culturale. Almeno, questo è quello che vediamo noi: ma ci siamo mai chiesti come hanno vissuto questo periodo chi c’è stato veramente? Gil rimpiange gli Anni Venti, mentre Adriana, interpretata da una Marion Cotillard in tutta la sua pariginità, brama di vivere nella Belle Epoque di fine Ottocento. Forse non siamo mai contenti? Forse. Forse cerchiamo la pace dei sensi in ciò che ci circonda, incapaci di cercarla dentro noi stessi. Forse abbiamo troppa paura della morte, o forse ha ragione Hemingway, quando dice che ci accorgiamo di amare veramente una persona quando dimentichiamo la paura della mortenel momento in cui siamo con lei. Il coraggio, ecco cosa manca, ecco cosa cerchiamo e non troviamo. Il coraggio di amare, il coraggio di scegliere, il coraggio di cambiare. Adriana sceglie la Belle Epoque dopo un incontro con Toulouse Lautrec, Gauguin e Degas, nella speranza di trovare la sua strada, la sua serenità. Gil ritorna nel presente, scarica la fidanzata e sceglie Parigi come luogo dove godersi la sua ritrovata consapevolezza, anche perchè questo continuo peregrinare in una doppia dimensione non poteva certo durare a lungo. Per Man Ray potrà anche essere normale, vivere continuamente in due dimensioni parallele, ma per noi comuni mortali a lungo andare potrebbe rappresentare un valido motivo per scegliere un ciclo di sedute in analisi.

Il vero cammeo di tutto il film è rappresentato dalla regale interpretazione di Carla Bruni, per una volta senza chitarra e con le scarpe ai piedi: Allen avrà voluto la prèmiere dame nel ruolo di guida turistica in veste rappresentativa dell’essenza della Francia, peccato che a me risulti sia nata a Torino: che sia uno sfottò?



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