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Mondiali 2014, il listone azzurro dei trenta: pepito rossi si', gilardino no. quell'antico pentimento di pozzo e il codice etico senza senso

Creato il 13 maggio 2014 da Carloca
MONDIALI 2014, IL LISTONE AZZURRO DEI TRENTA: PEPITO ROSSI SI', GILARDINO NO. QUELL'ANTICO PENTIMENTO DI POZZO E IL CODICE ETICO SENZA SENSO                                         Rossi: ha ritrovato il campo, il gol e l'azzurro
Questa storia dei trenta pre convocati in vista del Mondiale non sarebbe andata giù al grande Vittorio Pozzo. Il Commissario Unico due volte iridato, colui al quale il calcio italiano non è mai stato in grado di intitolare neppure uno stadio, adottò un criterio in tutto e per tutto simile a quello oggi codificato dalla FIFA, per la selezione degli azzurri che avrebbero dovuto partecipare alla Coppa del Mondo del 1934: scrematura progressiva di un gruppo allargato di giocatori, che a poche settimane dall'inizio del torneo giunse a quota trenta elementi, per l'appunto, per poi essere definitivamente ridotto a ventidue (tanti, allora e per molto tempo ancora, potevano essere i convocati per la fase finale della kermesse). Procedura di cui Pozzo si pentì amaramente, per ragioni tecniche e umane: si crearono tensioni eccessive, aspettative esagerate in certi atleti e attorno ad essi, inevitabili musi lunghi fra gli esclusi, e un clima di incertezza generale, con conseguente logorio mentale, in chi, a pochi giorni dall'evento, ancora non sapeva se vi avrebbe partecipato o meno. Poi le cose andarono benissimo (Italia campione del mondo), ma l'allenatore si ripromise di non ricorrere più a un sistema del genere. NO DIAMANTI, NO FLORENZI - Ottant'anni dopo, siamo qui a parlare delle stesse cose. Abbiamo il maxi listone dei trenta (più uno: Mirante per eventuale emergenza portieri) per Brasile 2014, per i ventitrè definitivi occorrerà aspettare fino al 2 giugno. Certo, restare sulla corda fino alla fine può essere un bene, soprattutto per i più giovani, ma la fragile psicologia dei calciatori ha in linea di massima bisogno di certezze, come detto sopra. Convocazioni con poche sorprese, quelle di Cesare Prandelli: perché che Diamanti si fosse giocato ogni chance di partecipare all'avventura era chiaro fin dalla sua partenza per la Cina. Personalmente, me ne farò una ragione: buon giocatore, Alino, ma non propriamente il campione di statura internazionale che sarebbe servito al Club Italia per fare il salto di qualità, e del resto il suo curriculum azzurro parla chiaro: qualche buona prestazione (con il picco a Euro 2012, match con l'Inghilterra) ma mai i guizzi sovente sciorinati nel più abbordabile contesto della Serie A nostrana. Allo stesso modo, era nell'aria l'esclusione di Florenzi, e qui francamente una ragione non riesco a farmela: fra i migliori giovani emersi nelle ultime due stagioni, protagonista di buon livello nell'ottima annata giallorossa, centrocampista tuttofare con ottimi tempi di inserimento sotto rete, positivo anche in recenti apparizioni in rappresentativa. Pensare che l'avrei visto addirittura fra i possibili undici titolari...IL RETAGGIO DELLA CONFEDERATIONS - Spero, e credo, che le scelte del trainer siano state una diretta conseguenza degli stage di qualche settimana fa, stage durante i quali fu monitorata con particolare attenzione la condizione atletica dei prescelti, e venne fatto capire che lo stato fisico in prossimità della Coppa del Mondo avrebbe avuto un ruolo chiave per le convocazioni definitive, anche più che per edizioni precedenti del torneo: la sensazione, in tal senso, è che lo staff azzurro abbia fatto tesoro della traumatica esperienza del 2013 in Confederations, quando portammo in Brasile una Nazionale sfiatata, quasi sempre in riserva di energie, tanto che il terzo posto finale ebbe quasi del miracoloso. Una valutazione di questo genere è l'unica che possa dare un senso alla cancellazione, dall'orizzonte azzurro, del citato Florenzi, dello sfortunatissimo Criscito (già privato ingiustamente dell'Europeo, due anni fa) o, per dire, di Gilardino. Lo stagionato bomber può aver pagato il calo netto e generalizzato accusato dal Genoa negli ultimi mesi e la conseguente diminuzione della sua prolificità sotto rete (quattro reti nelle ultime tredici gare), nonché qualche rigore sbagliato di troppo (al Mundial servono uomini glaciali dagli undici metri...), ma il Gila si è dovuto sbattere in un contesto tattico ingrato, in pratica unica punta a tenere testa alle retroguardie avversarie, un lavoro immane che gli ha prosciugato le energie. Aveva comunque tempo per rientrare in forma, e la sua esperienza (sarebbe stato il suo terzo e, presumibilmente, ultimo Mondiale) avrebbe fatto comodo, per tacere del peso decisivo avuto in fase di qualificazione, grazie al preziosissimo gol - vittoria realizzato nel settembre scorso alla Bulgaria. Peccato. PEPITO C'E'! - In attacco non dovrebbero esserci comunque problemi: di Balotelli, imprescindibile sotto ogni punto di vista, parleremo diffusamente avvicinandoci al torneo, e al suo fianco ci sono i giovani virgulti Immobile, Insigne (rivitalizzato da un finale di stagione sugli scudi) e Destro, il quale peraltro potrebbe lasciare il posto a Giuseppe Rossi. Su Pepito tanto si è scritto, ma alla fine solo un argomento varrà: se i medici, quelli della Nazionale e soprattutto quelli che lo hanno curato in questi mesi, scioglieranno ogni dubbio e ogni timore sulla sua tenuta fisica, sulla ripresa, sul rischio di ricadute, allora non potrà non far parte della spedizione, rimanendo a tutt'oggi il partner più attendibile del Mario non più Super, di cui costituisce ideale completamento. In caso contrario, meglio stia a casa a completare il recupero lontano dagli stress brasiliani. 
MONDIALI 2014, IL LISTONE AZZURRO DEI TRENTA: PEPITO ROSSI SI', GILARDINO NO. QUELL'ANTICO PENTIMENTO DI POZZO E IL CODICE ETICO SENZA SENSO                                    Gilardino: non è entrato fra i trenta di Prandelli
LACUNE IN RETROGUARDIA - Nessuna sorpresa al centro, dove pure han rischiato grosso Montolivo e soprattutto Marchisio, reduci da una stagione in chiaroscuro, mentre è meritatissima la promozione di Parolo, splendido califfo di quel Parma che, domenica, potrebbe acciuffare una meritata qualificazione europea: non mi stupirei di vederlo anche nel gruppo dei ventitré eletti. Detto che andrà in Brasile con pieno merito Perin (il ballottaggio con Scuffet non ci sarebbe mai dovuto essere, poche partite di spessore del guardiano udinese non possono esser messe sullo stesso piano di un intero campionato ad alto rendimento del grifoncino), i problemi sono dietro, soprattutto a sinistra e al centro: a sinistra si punterà tutto su un De Sciglio non sempre convincente in stagione, ma talento purissimo (fu tra i migliori azzurri in Confederations, dodici mesi fa) col solo Pasqual a fargli da chioccia, mentre ci si è dimenticati di Criscito e Antonelli, quest'ultimo inspiegabilmente già da mesi sparito dai radar del cittì. Insomma, fascia mancina un po' sguarnita, mentre al centro, fra un Paletta che ha cominciato a perder colpi proprio dopo l'approdo in azzurro e un Ranocchia in crescita, non c'è comunque molto da stare allegri e ci si aggrappa pur sempre al trio Juve Barzagli, Bonucci (titolari in pectore) e Chiellini. IL FALLIMENTO DEL CODICE ETICO - Già, Chiellini, pietra dello scandalo delle ultime ore, per via della gomitata con maxi squalifica in campionato. Perché alla fine, in fondo, ha pure ragione chi sottolinea che non si possa sacrificare uno dei nostri migliori difensori, oltretutto veterano azzurro, sull'altare di remore di natura morale legate a una semplice scorrettezza di gioco. Ma allora che si dica, una volta per tutte, che il codice etico ha sostanzialmente fallito. Concepito in maniera tale da lasciare eccessiva discrezionalità decisionale al commissario tecnico, e da prestare il fianco a critiche continue e inevitabili per tutti i distinguo di questi anni, per quanto operati in buona fede. Ha fallito anche perché le punizioni, che nel corso del tempo ci sono pur state per i "ribelli",  non sono servite a calmare i bollenti spiriti di nessuno. Lo stesso difensore juventino, De Rossi e Balotelli conservano il loro carattere fumantino, ma, sia pur con diverso peso e diverse sfumature, sono dei pilastri di questa nostra Italia, le loro mattane (finché, ripeto, rimangono mattane di gioco) non possono tenerli lontani dal Brasile. Come scrisse qualche anno fa Adalberto Bortolotti, prima firma del Guerin Sportivo, per un caso analogo, "alla Nazionale servono i gol, non le buone maniere". Scarno e cinico, ma vero, in fondo. Il rischio di rimanere in dieci o in nove durante i Mondiali per qualche intemperanza dei nostri? Confido che Prandelli e gli elementi più "pacati" del suo gruppo sappiano catechizzare a dovere i discoli, i quali dal canto loro dovranno capire da soli (sono adulti e vaccinati) di essere di fronte all'appuntamento della vita, e di non poterlo sprecare per qualche gratuito colpo di testa. Per cambiare davvero l'andazzo bisognerebbe cambiare dalle fondamenta la mentalità del sistema calcio italiano, educare i calciatori fin dall'inizio del loro percorso, fin dall'età dei Pulcini. Nel frattempo, le regole ci sono già: le squalifiche, le multe in denaro e i codici comportamentali e di educazione all'interno dello spogliatoio. Oppure esempi, ma esempi veri: il codice etico e i suoi cavilli potrebbero essere serenamente sostituiti con il video qui sotto, da mandare a memoria; un minuto scarso più che sufficiente per far capire ai nostri "mattocchi" un po' maleducati cosa il tifoso sano si aspetta dal calcio e dai suoi protagonisti. A proposito: grazie, Samaras. 


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