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Muhammar Gheddafi, Fuga all’Inferno e altre storie

Creato il 10 dicembre 2012 da Maria Carla Canta @mcc43_

mcc43Muhammar Gheddafi, Fuga all’Inferno e altre storie

All’autore del Libro Verde, spietata critica del sistema parlamentare cui oppone la democrazia diretta dei comitati popolari, si aggiunge la scoperta di Gheddafi creatore di novelle, forma letteraria tipica della cultura araba.

 Tradotta in Italiano, la collezione dei racconti prende il titolo da Fuga all’Inferno, la novella dedicata alle riflessioni di un beduino, che esordisce così:

Dal punto di vista umano non c’è niente di peggio della tirannia della moltitudine! E’ come un torrente impetuoso che non ha pietà di chi si trova dinanzi! Non ascolta le sue grida, né gli tende la mano, anche quando questi chiede aiuto e implora… Ma lo travolge senza alcun riguardo.
” […] Quanto amo la libertà collettiva, la sua esplosione incontrollata dopo aver spezzato le proprie catene, mentre canta e salmodia dopo essersi lamentata e aver a lungo sospirato: eppure io la temo e sono diffidente nei suoi riguardi! Nonostante io ami la comunità come io amo mio padre, la temo come temo lui: perché in una comunità beduina senza un potere centrale, chi potrà impedire  la vendetta di un padre su uno dei suoi figli Certo, eppure questi lo amano! E quanto lo temono allo stesso tempo! Così io amo le masse e le temo proprio come amo e temo il mio stesso padre.
Nel momento della gioia, di quanta devozione esse sono capaci! E come abbracciano alcuni dei loro figli! Hanno sostenuto Annibale, Pericle, Savonarola, Danton, Robespierre, Mussolini, Nixon e quanta crudeltà hanno poi dimostrato nel momento dell’ira!

La ferocia delle masse aizzate, magistralmente descritte da Elias Canetti in Massa e Potere,  sono  qui lucidamente intuite da Gheddafi che nel proseguire la novella fa elencare dal beduino tanto gli schiaffi e gli sputi a Nixon che il disprezzo per la salma di Mussolini. Noi italiani non amiamo enumerare fra gli eventi natali della repubblica il suo cadavere appeso a Piazzale Loreto accanto a quello di Clara, con la gonna scesa a mostrare alla folla la calza con la scurlera, smagliatura in dialetto milanese.

Nelle intuizioni vi è spesso anche premonizione. Le masse, di Misurata perlomeno, l’hanno realizzata. Ricordiamo i video con la muta assetata di sangue, l’esposizione del corpo come spettacolo per i bambini, le feroci millanterie su autori e particolari della cattura e dell’uccisione.  
La massa “liberata” non si è placata con la sua morte e lo spettro di Gheddafi ne ossessiona l’immaginario. Le uccisioni, i rapimenti, le torture, l’esclusione dai basilari diritti umani perfino l’aggressione ad intere città non hanno ancora avuto fine in Libia. E nemmeno le epurazioni, i sospetti e le accuse che colpiscono personaggi di spicco della rivolta, come profetizzato dal beduino.  

Sento sempre sul collo il fiato di queste folle che non sono clementi nemmeno con i loro liberatori… “

Nella necessaria ed esauriente  introduzione di Valentino Parlato, c’è un’osservazione della massima importanza in questa fase di radicalismo religioso.

Questi dodici racconti vanno letti con attenzione. Non solo per i continui riferimenti al Corano, ma anche perché questi riferimenti servono a dare forza alla polemica di Gheddafi contro la superstizione e soprattutto contro i fondamentalismi ai quali il leader non ha consentito di fare proseliti in Libia. Vanno letti con attenzione perché vi si ritrovano anche radici culturali occidentali. Qualcuno parla di Nietzsche e Freud, e perché l’autore, a suo modo, si batte su due fronti: contro l’alienazione della modernità capitalistica e insieme contro la superstizione, il fanatismo e il lasciar fare, il disimpegno.

Una battaglia difficile da far intendere a paragone dei più facili slogan degli avversari.  Gheddafi ha combattuto, sì, l’infiltrazione dei jihadisti,  ma è mia opinione che il comune cittadino libico temesse meno questi ultimi che la libertà di pensiero di Gheddafi. Sebbene non sottolineato dai commentatori occidentali, la rivolta libica può aver avuto un sottofondo religioso, in parte incanalato poi nel partito dei Fratelli Musulmani, apertamente, e in modo più elusivo fra i 120 “indipendenti” eletti all’Assemblea generale.

Io pure come Valentino Parlato prediligo la novella Il suicidio dell’astronauta, sia perché “capolavoro di arguzia ironia”, sia perché affronta taciute e devastanti storture della modernità: l’alienazione indotta dalla diffusione della tecnologia, il gap fra intellettualismo ed esperienza pratica, il distacco dalla natura.

 “.…. con la mia fuga all’inferno vi ho strappato di mano la mia anima “.

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** dal 2011 la Libia ha già perso un posto nella classifica http://en.wikipedia.org/wiki/List_of_countries_by_Human_Development_Index

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Fuga all’Inferno e altre storie, di Muhammar Gheddafi, introduzione di Valentino Parlato

traduzione dall’arabo di Antonella Fallerini

edizione  manifestolibri     http://www.manifestolibri.it/shopnew/product.php?id_product=375

Libro Novelle Gheddafi


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