Magazine Per Lei

Nella Giornata Mondiale Contro la Violenza Sulle Donne, qualche considerazione (anche molto personale) sul femminismo oggi.

Creato il 25 novembre 2013 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

ripleydi Rina Brundu. Chi gestisce un blog tecnicamente strutturato sa bene che a volte non è lui/lei che dà una notizia sul sito, ma che è il sito che gliela porta. All’improvviso i “click” su un vecchio articolo si moltiplicano e i termini di ricerca sono quasi tutti uguali. È accaduto così anche in queste ore su Rosebud con le visite ai pezzi trattanti la tematica “femminicidio”. Non mi vergogno a dire che è stato in questo modo che ho scoperto della Giornata Mondiale Contro la Violenza sulle Donne che si festeggia oggi. Capita… non dovrebbe… ma capita. 

Ed è stato così che mi è venuto in mente di come su questo blog parliamo di tante cose: di politica, di scienza, di attualità, di poesia, di letteratura, di Sardegna, di Irlanda, di mondo, di tecnica, di cinema, di giornalismo, di satira, ma non parliamo quasi mai di tematiche legate all’universo donna, ad un universo più intimo, più intimistico, inteso come un universo che raccoglie ogni sentimento, ogni pulsione legata al nostro quotidiano vivere e alla nostra essenza più vera. La colpa naturalmente è mia. È mia perché non ho una “formazione” in quel senso e anche in questa occasione non mi vergogno ad ammettere che ho sempre considerato queste faccende… “casalinghighe”, dunque da scartare, dunque da mettere in secondo piano.

Inutile rivangare le ragioni dello status-quo; di certo posso dire che ho applicato la stessa regola anche ad argomenti attinenti ma per certi aspetti più “nobili”. Per esempio non mi sono mai considerata una femminista e credo che non riuscirei mai ad esserlo. Per il modo in cui sono cresciuta e mi sono formata non è neppure pensabile poterlo essere. Ammettere di essere femminista sarebbe infatti come ammettere che io, in quanto donna, debbo proteggere una mia identità a suo modo minacciata; peggio ancora significherebbe ammettere che io, in quanto donna, debbo proteggere una mia identità più debole, inferiore. Inferiore a chi? A cosa? Non esiste!

Naturalmente, non sono così sciocca da non comprendere che se oggidì io posso parlare in questo modo, molto lo devo alle battaglie delle tante donne che in passato hanno sacrificato la vita per questa mia libertà moderna. Vero è però che il mio caso è un caso abbastanza particolare e posso individuare con una certa chiarezza quei quattro e cinque elementi che mi hanno permesso di crescere senza sentire il desiderio di definirmi femminista. Il primo elemento è senz’altro quella Sardegna matriarcale dove sono nata e dove la donna (almeno allora, al tempo della mia infanzia, adesso infatti le cose sono cambiate) aveva un ruolo ben definito. Un ruolo importante. Un ruolo che nel caso di una femmina-ci-baliada (una donna di valore) non veniva mai messo in discussione, da nessuno. Così accadeva, per esempio, per la mia nonna paterna; una donna forte, saggia, che si faceva amare e rispettare e il cui mito io porterò con me fino alla tomba. Il secondo elemento è senz’altro l’indole: io credo insomma che noi nasciamo con un dato destino e quel destino determina le nostre azioni minime così come il colore dei nostri sogni, fin da piccoli. Il terzo elemento la famiglia. Per quanto mi riguarda la figura del padre: un padre adorato che lungi dal mettermi i bastoni tra le ruote mi ha incoraggiato in ogni modo. Ancora, le nostre amicizie più care; infine l’ambiente professionale dove cresciamo. Nella tipologia di società multinazionali dove ho sempre lavorato non vi è mai stato spazio per il femminismo o per il maschilismo (sebbene le società italiane tendano a fare eccezione); l’elemento che faceva la differenza era il know-how. La conoscenza.

Oggi come oggi, confesso che per me il know-how è (quasi) tutto! Non è un bell’esempio etico da proporre, ma per quanto mi riguarda è proprio così: il mio rispetto verso il mio prossimo cresce in maniera direttamente proporzionale al suo essere informato rispetto alla professione che svolge. Un altro elemento che io ammiro moltissimo è il coraggio. Il coraggio delle nostre idee, della nostra essenza, della nostra storia. Il coraggio che si manifesta sempre e comunque, indipendentemente dalle nostre possibilità economiche o esecutive. Un coraggio che di norma noi sardi abbiamo in abbondanza, come hanno dimostrato i nostri nonni e i nostri zii quasi un secolo fa, ma che non dobbiamo mai dare per scontato: per avere coraggio serve altro coraggio. Di sicuro oggidì serve coraggio anche per essere donne di coraggio; finanche scrittrici e blogger di coraggio.

Questo perché, nella mia esperienza, un luogo dove quel coraggio bisogna averlo e mostrarlo in continuazione è senz’altro la Rete. Non ho difficoltà a dire che io in Rete ho fatto battaglie molto forti e le ho portate avanti nelle maniere più svariate. Perché? Perché se si è persone libere, oneste, pulite nella vita non deve essere la Rete ad ingabbiarci dentro le sue vie molto discutibili, dentro la sua necessità di omologazione verso il basso. E per me essere donna libera significa anche non arretrare mai, non permettere mai a nessuno (spesso nascosto dietro un nickname, ad ulteriore dimostrazione dell’ignoranza), di cambiarmi, di sminuirmi, di mettere in dubbio la mia onestà, la mia moralità, la mia capacità, la validità e la dignità del mondo che mi ha fatto nascere e crescere, il mio diritto ad esprirmi e ad “essere” come meglio mi pare.

Vado fuori tema? Non proprio. Con questa tirata in realtà volevo dare ragione sia delle motivazioni che mi hanno sempre portata, anche sul sito, ad ignorare (a snobbare?) quell’universo-donna intimo e intimistico di cui parlavo nell’incipit e dulcis in fundo, ad essermi dimenticata della Giornata Mondiale contro la Violenza Sulle Donne…. (imperdonabile!). Ragion per cui – e proprio perché per me il know-how è cosa importante – ma soprattutto perché gli argomenti che hanno portato ad istituire questa particolare giornata-mondiale sono argomenti su cui non si dovrebbe scherzare, inviterei le ragazze, le donne che visitano il sito a cercare meglio in Rete perché in Rete vi sono molte iniziative che meritano maggiore attenzione degli articoli di Rosebud, tra le tante il Telefono Rosa, l’Associazione Doppia Difesa, e via così.

In questo angolo virtuale di mondo non si sarebbe capaci di fare di più rispetto a questo delicatissimo argomento per limiti auto-denunciati. Tutto ciò che potrei dire ad una ragazza sarebbe l’ovvio: credere sempre e nei propri sogni e nelle proprie attitudini, studiare, viaggiare, imparare, non smettere mai di credere nei propri sogni e nelle proprie attitudini, non smettere mai di studiare, non smettere mai di viaggiare (anche fosse solo con la fantasia), non smettere mai di imparare. Ma anche di avere forza, coraggio, di non lasciarsi calpestare né fisicamente né moralmente, di non arretrare mai laddove si ritiene di essere nel giusto e ci non viene dimostrato il contrario. E, se serve per tirare su il morale, di partire sempre da una verità (scientificamente?) assodata: l’uguaglianza tra uomini e donne sarà mera utopia per molto altro tempo ancora. Gli uomini l’avranno quando se la saranno davvero meritata… sul campo!

Dedicato al mio amatissimo padre, ai miei nonni, ai miei zii, ai miei amici di quando ero bambina ai piedi della Grande Montagna dove ho vissuto una infanzia bellissima e il sole al tramonto lasciava lacrime dorate sui nostri volti perennemente ridenti.

Featured image, l’inizio della mitica scena della partita di pallacanestro giocata da Ellen Ripley (Sigourney Weaver) contro la gang di pirati nel cult-movie ”Alien Resurrection” (1997) diretto da Jean-Pierre Jeunet.

 

 


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :