Magazine Diario personale

Nemiche Amiche

Da Mammacattiva
Ho conosciuto la mia amica A. quando eravamo adolescenti, quando adolescenti si era intorno ai quindici anni, in Inghilterra durante una vacanza studio. Eravamo entrambe di Roma ma frequentavamo un liceo diverso. Allora ignoravamo e neanche immaginavamo che saremmo diventate amiche, amiche speciali, di quelle che neanche ti guardi negli occhi ma lo senti nell'aria che lei è con te e vive anche per te e tu per lei. Anzi, allora ci detestavamo. Era la mia estate benedetta da una buona stella e un belloccio del gruppo mi pendeva dalle labbra. Peccato che la mia amica A. ci moriva dietro e quindi avrebbe voluto sotterrarmi in una buca.
Il tipo aveva il cattivo gusto di confidarsi con lei e di sfogare i suoi sentimenti. Ebbero pure una storia insieme, se non sbaglio, ma vivendola capì che lui era niente mentre io ero un'amica.
A. iniziò presto a frequentare il nocciolo duro del mio gruppo di amiche. Quelle di partenza erano sette: les pléiades (le pleiadi), le sette stelle sorelle ma noi avevamo scoperto il nome allettante studiando letteratura francese e incappando nella "brigade", un gruppo di sette poeti francesi del XVI secolo, paladini di una lotta contro il mostro dell'ignoranza. Suggestioni forse, ma, oggi dopo più di vent'anni, siamo nove e ancora ci frequentiamo.
Con A. non è stato quindi amicizia a prima vista ma lentamente ci siamo osservate, poi avvicinate, stimate, frequentate, con e senza le altre. Abbiamo condiviso delusioni amorose, viaggi e separazioni, desiderio e rifiuto di maternità. A. è stata il mio faro quando ha avuto la sua bambina e ancor di più quando io ho avuto i miei. E prima di loro è stata accanto a me nei momenti più duri, senza dire una parola, stringendomi la mano, accarezzandomi la testa. Mi ha implorato di rimanere, di non lasciare il mondo perché infondo aveva senso restare.
Con lei ho capito che la maternità era anche tristezza, inadeguatezza e dubbi. Ne abbiamo parlato tanto. Ci siamo scritte tanto perché, infondo, in quei momenti abitavamo in città diverse. Ma nei momenti chiave c'è sempre stata, fisicamente e concretamente.
Preso il controllo della mia esperienza di madre mi sono anche affrancata, come è giusto che sia quando devi fare le tue scelte di madre e magari non ci condividiamo su tutto.
Ieri mi ha mandato questo testo in cui mi ritrovo visceralmente. E ci ritrovo anche lei sebbene so che lotti contro la tentazione contraria. Se me lo ha mandato, perché le è piaciuto, vuol dire che ci sta provando.
“La nascita e lo sviluppo di una vocazione richiede spazio: spazio e silenzio. Il rapporto che intercorre tra noi e i nostri figli dev’essere uno scambio vivo di pensieri e di sentimenti, e tuttavia deve comprendere anche profonde zone di silenzio; dev’essere un rapporto intimo, e tuttavia non mescolarsi violentemente alla loro intimità; dev’essere un giusto equilibrio tra silenzio e parole.
Noi dobbiamo essere importanti per i nostri figli, e tuttavia non troppo importanti; dobbiamo piacere un poco, ma non troppo, perché non salti loro in testa di diventare identici a noi. Noi dobbiamo essere con loro in un rapporto d’amicizia, eppure non dobbiamo essere troppo i loro amici, perché non diventi loro difficile avere dei veri amici.
Noi dobbiamo essere per loro un semplice punto di partenza, offrire loro il trampolino da cui spiccheranno il salto; essi devono sapere che non ci appartengono, ma noi sì apparteniamo a loro: sempre disponibili, presenti nella stanza vicina, pronti a rispondere…
E se abbiamo una vocazione noi stessi, se non l’abbiamo tradita, possiamo tener lontano dal nostro cuore, nell’amore che portiamo ai nostri figli, il senso della proprietà. Se invece una vocazione non l’abbiamo, o se l’abbiamo abbandonata o tradita, allora ci aggrappiamo ai nostri figli come un naufrago ad un relitto, pretendiamo vivacemente da loro che ci restituiscano tutto quanto gli abbiamo dato, che ottengano dalla vita tutto quanto a noi è mancato: vogliamo che siano in tutto opera nostra.Ma se abbiamo noi stessi una vocazione, se non l’abbiamo rinnegata o tradita, allora possiamo lasciarli germogliare quietamente fuori di noi, circondati dall’ombra e dallo spazio che richiede il germoglio di una vocazione. Questa è forse l’unica reale possibilità che abbiamo di riuscir loro di qualche aiuto nella ricerca di una vocazione: avere una vocazione noi stessi, conoscerla, amarla e servirla con passione.”
“Le piccole virtù” di Natalia Ginzburg – Einaudi More about Le piccole virtù

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