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Nessuno si salva da solo di Margaret Mazzantini (Mondadori). Intervento di Elisabetta Liguori

Creato il 24 marzo 2011 da Stefanodonno
Nessuno si salva da solo di Margaret Mazzantini (Mondadori). Intervento di Elisabetta Liguori

E se la colpa fosse di romanzi come questi? Non si fa che discutere di famiglia. Poiché riconosciuta come l’origine di tutto, primo responsabile e utilizzatore finale, falò di vacui adolescenti e nostalgia di emigranti pentiti, poiché è lì che si forma la prima morula identitaria, per tutte queste ragioni e molte altre la famiglia vive anni emergenziali. Ci appare come una realtà ormai implosa, schiacciata da enormi pressioni emotive, psichiche ed economiche, e non ne restano che ceneri da analizzare al microscopio. E se la colpa fosse di romanzi come l’ultimo di Margareth Mazzantini “Nessuno si salva da solo” appena pubblicato da Mondadori? Del resto non sarebbe neppure l’unico. Si pensi a Jonathan Franzen, tornato in libreria con il suo americanissimo Freedom, tradotto da Einaudi. Il tema è sempre quello: la coppia e la famiglia, intesa l’una come la naturale evoluzione dell’altra. La coppia dell’ultima Mazzantini, in particolare, è stanca, dura, crudele. Intrappolata in se stessa e poi incenerita, tanto che la sua narrazione sembra un’orazione funebre. La Mazzantini questa volta, infatti, ci svela il lato oscuro e funereo della vita coniugale, quello che ci riguarda più da vicino, ma lo fa con una rabbia davvero imprevista. La storia scelta è quella di una coppia sui 40 anni, Delia e Gaetano che, dopo la prevedibile separazione, si ritrova una sera a cena a discutere di soldi e a recriminare. Come tanti, come tutti. Tra una portata e l’altra s’accendono tra i due frammenti di vita vissuta, brillano cocci di passione e delusione. È il vaso di pandora di una decina d’anni di convivenza che s’apre e ne viene fuori l’ira di Dio. Le fila di questa tragedia narrate in scaglie sono tirate da due direttori d’orchestra d’eccezione: i due figli di pochi anni. Sono loro gli unici osservatori: esterni e muti. Sono loro che, per il semplice fatto di esistere, consentono ai coniugi di prendere coscienza dello sfibrarsi reciproco delle proprie identità. Ricordando i loro figli, vedendoli, annusandoli, i due coniugi comprendono di essere rimasti disperatamente soli e che essere soli non basta. “Nessuno si salva da solo” infatti, ed è verissimo. Il ritmo di questa dolorosa scoperta è incalzante, dettato anche dal costante confrontarsi della coppia protagonista con quella di anziani coniugi che le cenano accanto. La Mazzantini sa raccontare magistralmente il desiderio. è rapida, efficace, cinematografica. Ma dove c’è un desiderio tanto tagliente e irrealizzato, non può non esserci la rabbia. Su questo l’autrice però forse eccede questa volta: cerca l’effetto a tutti i costi, schiaffeggia il lettore con un lessico furente e scabroso, mette in scena con artificio e violenza, finendo per perdere di credibilità. I denti corrosi di Delia, ad esempio, ruvidi, aguzzi, privi di smalto, sono metafora perfetta di un desiderio puro, corrotto dalla vita. La donna passa a ripassa con la lingua su questi denti per accettare il suo destino, ma il gesto a volte si fa verboso, claustrofobico, lasciando il lettore sdentato, incapace di riconoscere in ciò che legge qualcosa della sua fatica quotidiana, ma voglioso (non è detto che sia un male) di dichiararsi sopravvissuto, illeso, scampato, come se, leggendo, si fosse trovato davanti ad uno degli ultimi e più foschi casi di cronaca nera.

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