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Nichilismo in salsa tartara: un consommé apocalittico per un avvenire nefasto

Creato il 18 agosto 2010 da Nefarkafka666

Leggo sul sito internet del quotidiano La Repubblica che un tale ha pubblicizzato in rete l’offerta di un prodotto alquanto singolare: un rene. In cambio di 100000 euro o di un posto di lavoro.

La cosa non è nuova: non è la prima volta che qualche disperato ricorre a simili espedienti per reclamizzare la vendita di parti del proprio corpo. La cosa che mi stupisce di più è lo stupore generale. Come ho già detto in passato la compravendita di organi è una realtà fiorentissima già da anni e già da anni molti si candidano a fare da cavie umane per testare farmaci: sono fatti e non opinioni. Non capisco cosa ci sia di tanto eclatante; anzi sospetto che nella sonnolenta indolenza agostana la penuria di notizie abbia spinto i giorni ad occuparsi di un evento che in altro periodo sarebbe stato riassunto in un trafiletto triste e sconsolato.

Dove sta la meraviglia? E perché ci sta la meraviglia?

La congiuntura politco – economica ha deflorato impudicamente il potere di acquisto e le certezze economiche di milioni di italiani, ha sodomizzato le aspettative e le speranze del ceto medio, spingendo anche chi viveva in modo decoroso verso il baratro della povertà. Chi prima aveva un lavoro decente e faceva le vacanze adesso ha l’incubo della terza settimana e i rovesci finanziari domestici sono all’ordine del giorno. In altre parole, nella scala sociale siamo tutti più vicini ai barboni che non ai ricchi (i quali continuano ad essere tali) per una serie infinita di ragioni. Ma queste sono ovvietà. E sono la diretta conseguenza dell’esasperazione di un certo modo di intendere l’economia (e la politica).

Il lavoro oltre a non essere più una garanzia non offre più garanzie. I padroni del mercato adesso hanno potenti armi di ricatto e possono dettare le condizioni per loro più vantaggiose facendo carne di porco di anni di conquiste sindacali. In soldoni: i dipendenti possono anche dirigersi ad espletare varie attività all’interno dei propri deretani. I dipendenti se non arrivano a fine mese possono anche andare a mendicare e se vengono licenziati devono arrangiarsi. Uno dei tanti modi di arrangiarsi è questo: vendere il proprio corpo. E non sto parlando di meretricio ma della letterale e completa accessibilità al corpo, unico bene inalienabile dell’individuo. È la forma più alta dell’economia di mercato. La povertà nega la libertà (di vivere, di fare, di metter su famiglia) e la dignità: il corpo non può togliertelo nessuno e diventa l’ultima ed estrema risorsa per riguadagnare la libertà e la dignità.

Mi domando nuovamente dove sta la meraviglia e perché. Alcuni addirittura si scandalizzano o fingono di farlo.

Ma questa non è che la conseguenza diretta di un oggettivo assetto del contesto economico circostante. Chi mi conosce di persona sa che da almeno dieci anni vado dicendo che prima o poi si arriverà alla vendita del corpo umano. I reni e gli altri organi interni verranno messi all’asta al migliore offerente, le donne fertili si faranno ingravidare come vacche da riproduzione per vendere i propri figli. E anche lì la concorrenza sarà spietata perché il rene di un venticinquenne in perfetta salute sarà più ricercato di quello di un quarantenne fumatore. E magari chi è ridotto in condizioni fisiche ancora peggiori e non potrà vendere parti del proprio corpo avrà forse la possibilità vendere i propri resti alle fabbriche di cibo per cani per sperando di pagare la rata della macchina ai propri figli.

E sarà tutto perfettamente legale e legalizzato: si avrà la piena realizzazione del concetto di mercato. Sarà una realtà estremamente simile ad uno snuff movie sociale e queste sono solo le avanguardie.

Io ho un lavoro in una grande azienda. Rispetto a molti sono un fortunato, un privilegiato. Faccio un lavoro per certi versi assurdo in un contesto che avrebbe fatto la gioia di Kafka, ma non mi lamento. So però che un giorno potrò trovarmi anche io nella condizione di dover vendere pezzi del mio corpo.

A quel punto cosa farò?

Sono troppo vecchio e malandato per offrire un rene o un polmone.

Mi sia perdonata la presunzione, ma credo che l’unica cosa che potrò vendere sarà il mio cervello. Ovviamente a scopi alimentari. E sarà un buon affare per tutti. Chi lo comprerà banchetterà (o ci farà banchettare il suo pechinese) con gli stessi neuroni che oggi vedono quel domani ed io in cambio otterrò di non subire quel futuro.


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