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Niger / Profughi nigerini e non solo in fuga dalla Libia

Creato il 27 aprile 2011 da Marianna06

Sono arrivati in queste ultime ore, secondo fonti ben informate, ad Agadez,  piccola città del Niger, in pieno deserto del Teneré, quasi cinquantamila profughi provenienti dalla Libia.

La traversata è avvenuta a piedi ,o con modesti mezzi di fortuna incontrati lungo il tragitto, attraverso Dirkou.

Un viaggio interminabile sotto un sole cocente e una luce che ferisce le pupille anche ad occhi chiusi.

Pochissimi gli effetti personali che questi poveri transfughi sono riusciti a portare con sé nell'ansia di una fuga precipitosa dalla morte quasi certa.

Sono in prevalenza nigerini che lavoravano in Libia per modestissimi salari così com'era, sotto la gestione politica di Gheddafi,  anche per maliani, egiziani, ciadiani e via di seguito.

E tutto per poter sopravvivere e mandare qualche spicciolo a casa alle proprie famiglie.

Una volta a Dirkou, sono stati i responsabili dell'Organizzazione internazionale delle migrazioni (OIM), che li hanno trasferiti in massa in un centro della Croce Rossa internazionale ad Agadez.

Ovviamente l'assistenza che viene loro offerta vale per pochi giorni, proprio in considerazione dell'elevato numero degli aventi bisogno e del razionamento indispensabile per la stessa organizzazione sovente carente  di cibo e medicine.

Alcuni tra questi profughi non hanno con sé né documenti e né tantomeno denaro, per cui proseguire per raggiungere le proprie case, i propri villaggi, le proprie cittadine diventa davvero l'arte di "santo, arrangiati!".

Chi invece ha qualcosa con sé improvvisa all'istante un piccolo mercato. E si va avanti così  fino al tramonto del disco infuocato del sole, quando il buio e il freddo inducono questi esseri macilenti e infreddoliti ad un forzoso riposo.

E l'indomani si ricomincia ad escogitare un  nuovo sistema.

 Tutto per poter raggiungere la propria terra e i propri cari.

In realtà questa gente spera che ogni cosa possa, più prima che poi, tornare nella normalità e  anch'essi ritornare indietro per continuare a lavorare come avevano sempre fatto.

Quasi certamente non sarà così facile ma sognare non costa niente per chi, gioco forza, non ha mai avuto difficoltà ad incamminarsi per trovare la "propria" strada.

Un passo, due passi. Mille passi. Il piede ritrova allegramente la plasticità della sabbia. E con essa nel sogno  forse la libertà dal bisogno tanto agognata.

 

A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

 

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