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No sgravi, no party

Creato il 18 marzo 2016 da Propostalavoro @propostalavoro

619px-WomanFactory1940s-39,5%, 176.239 assunzioni contro 106.697. Il Jobs Act, la Riforma Fornero, la Legge Biagi: tutte, ma proprio tutte, le riforme della legislazione sul lavoro si sono rivelate inutili e superflue, rispetto a ciò che serviva davvero a far ripartire l'occupazione in Italia.

L'Osservatorio per il Precariato, lo studio con cui, periodicamente, l'Inps esamina la situazione del mondo del lavoro in Italia, testimonia, numeri alla mano che, al Paese, si sarebbero potuti risparmiare un mucchio di tempo e risorse se, fin dal lontano 2003, la politica avesse puntato sul taglio delle tasse.

Le assunzioni a tempo indeterminato sono cresciute, l'occupazione è salita, la disoccupazione ha cominciato a segnare i primi, timidi, passi indietro, da quando la riforma renziana è comparsa all'orizzonte ed è davvero tutto merito delle tutele crescenti, quindi? Proprio no.

Secondo uno studio della Banca d'Italia, che ha preso in considerazione gli anni dal 2013 al 2015, solo il 5% delle nuove assunzioni a tempo indeterminato possono essere attribuite al contratto a tutele crescenti – che, ricordiamo, prevede la possibilità di licenziamento senza obbligo di reintegro – e un altro 1% alle altre misure previste dal Jobs Act. Il resto è frutto degli incentivi fiscali.

Ecco come si spiega il calo delle assunzioni a partire da gennaio 2016, come rilevato dall'Inps (106.697 nuovi contratti a tempo indeterminato, contro i 176.239 del gennaio 2015, con un calo del 39,5%): con la diminuzione degli sgravi fiscali.

La Legge di Stabilità del 2015, infatti, stabiliva generosi vantaggi, per chi assumeva con la formula del contratto a tutele crescenti: esonero al 100%, per un periodo massimo di 3 anni e per una soglia massima di 8.060 euro l'anno, dei contributi da versare all'Inps. Tutto questo, però, solo fino al 31 dicembre 2015.

Allo scoccare del nuovo anno, infatti, sono scattati i nuovi incentivi, come sancito dalla Legge di Stabilità 2016, che ha introdotto un sistema comunque vantaggioso, ma non come il precedente: lo sgravio contributivo, infatti, può ora raggiungere solo un massimo del 40% ed avere una durata di non più di 2 anni. Cala anche il tetto dell'importo da scontare, sceso ora a 3.250 euro annui. Sarà, quindi, un caso che, con il calo degli incentivi, calano anche le assunzioni?

A parte il puro e semplice opportunismo politico, quindi, che senso ha avuto fare non una, ma ben tre riforme, quando tutti, dai sindacati a Confindustria, invocavano tagli alle tasse, per far ripartire il lavoro? E c'è un'altra domanda, ancora più inquietante: cosa succederà, quando scadranno gli incentivi?

A rigor di logica, infatti, dato che i primi sono partiti nel 2015, andranno a scadere dal 2018. Cosa ci dobbiamo aspettare, quindi: una semplice variazione dell'occupazione, frutto del normale andamento del mercato del lavoro oppure, speriamo proprio di no, una valanga di licenziamenti – facilitati dalle stesse norme del Jobs Act -, con migliaia di lavoratori buttati per strada, perchè non più economicamente vantaggiosi?

Purtroppo, a questa domanda non c'è una risposta certa: molto dipenderà dall'andamento dell'economia nei prossimi 2-3 anni, ma se le cifre continueranno ad essere dello zero-virgola, allora c'è poco da stare tranquilli. Renzi, Poletti e Padoan, in tempi recenti, hanno sostenuto che il Governo ha fatto il suo dovere e che ora tocca alle imprese.

Ma i tre dimenticano – o omettono? – un particolare: un'impresa economica ha il solo e unico fine di fare profitto, ogni altra considerazione è secondaria. Negli ultimi tempi, causa crisi e debito pubblico monstre, che viene tenuto sotto controllo solo con una pesantissima pressione fiscale, le aziende italiane hanno perso parecchia ricchezza e molte sono riuscite a tenersi a galla solo con il taglio dei costi (costo del personale, in primis). Ecco perchè gli sgravi fiscali sono stati così bene accetti, con il conseguente balzo dell'occupazione.

E quando questa boccata d'ossigeno finirà? Senza un taglio sistematico e permanente delle tasse (fatto con una spending review seria, con una vera lotta all'evasione ed alla corruzione) ed un piano di rilancio con le politiche attive, da attuare subito, quello del Governo del Rottamatore rischia di essere solo un placebo momentaneo, una quiete prima della prossima tempesta.

Danilo


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