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Non dovrebbe fare niente

Da Marcofre

Nel piccolo libro “Intervista con Raymond Carver” (circa 80 pagine, di Minimum Fax), lo scrittore statunitense risponde a una questione a proposito della narrativa.
Più o meno Carver conclude (la risposta in realtà è più articolata, come si può facilmente intuire) con una frase che è il titolo di questo post:

 

non dovrebbe fare niente.

 

Il condizionale è d’obbligo, e credo che la posizione di Carver sia la più onesta possibile. Che non esclude la possibilità di un qualche accadimento nella vita del lettore, dopo aver messo via un romanzo. Però non è a quello che lo scrittore deve puntare. Egli sa, o dovrebbe sapere, che il suo compito è “confezionare” una storia efficace. E lo deve fare con il massimo dell’impegno e dell’onestà. E dopo?

Dopo: boh!
Quello che succede è un mistero che nessuno è mai riuscito a scovare, e a replicare. Se così fosse, gli editori non sbaglierebbero un colpo, ma la cronaca è zeppa di colpi andati a vuoto, o di storie che contro tutte le previsioni sono “esplose”.

Perché la storia può passare inosservata, riscuotere una tiepida attenzione, e risvegliarsi d’un tratto dopo 34 anni.
L’autore nel frattempo è morto e sepolto.
Ma anche quando la storia riesce ad agire in modo misterioso sul lettore, non è il risultato di una strategia voluta e perseguita da chi scrive.

Succede, e basta.
Magari si parla di stelle e fiori, nella storia. E si ricorre a un linguaggio che non ama le mode, anzi è persino un poco ostico.
Però gli effetti sull’individuo sono imprevedibili.

Spero sia chiaro questo. Lo scopo di chi scrive è farlo al meglio delle sue possibilità: punto. Deve possedere un’attenzione e un amore per la parola pressoché totale. In fondo quello che agisce è proprio la parola.
La storia ha la sua importanza certo, ma se (semplifico), sbaglio le parole, uso quelle meno adatte, chi sarà così matto da perdere tempo sulle mie pagine?

È la parola che salva. Posso anche parlare di margherite e cascate d’acqua e nemmeno una parolina contro le banche. Questo produrrà di certo rimbrotti e accuse di disimpegno, si capisce.
Però se la mia scrittura sarà efficace, forse riuscirò a indurre qualcuno a smettere di accontentarsi.

 


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