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Non ho niente da dire, ma so come dirlo: sarchiaponi e supercazzole

Creato il 13 aprile 2010 da Stampalternativa

Non ho niente da dire, ma so come dirloRicordate il famoso sketch del sarchiapone? Scompartimento di un treno. Un viaggiatore (Carlo Campanini), dopo aver infilato la mano in una scatola sul portabagagli, la ritira dicendo di essere stato morso dal sarchiapone. Un altro passeggero (Walter Chiari), facendo finta di sapere cos’è un sarchiapone, intavola con Campanini un esilarante scambio di battute. Il finale rivela che il sarchiapone non esiste: è un’invenzione di Campanini per spaventare gli altri passeggeri e viaggiare da solo nello scompartimento.

La supercazzola, resa famosa da Ugo Tognazzi nel film “Amici miei”, è una parente stretta del sarchiapone. Consiste nell’unire parole inesistenti ad altre con senso compiuto. Esempi: “Tarapìa tapioco, la supercazzola prematurata con scappellamento a destra come fosse antani”, “Carmensita, amore mio, sono un uomo d’affari, blinda la supercazzola prematurata, una cosa d’assegni, tarapia tapioca, tapioca, torapia, dollari, sterline, allaccia scarpa, scarpallaccia, dico d’albergo, ma tu?”, “No, io; eh scusi noi siamo in quattro. Come se fosse antani anche per lei soltanto in due, oppure in quattro anche scribai con cofandina; come antifurto, per esempio”.

Sconcertati di fronte a simili frasi, gli altri personaggi del film annuiscono fingendo di comprendere. Seguendo l’obiettivo di non farsi capire, il moderno opinionista potrebbe essere tentato di adottare i metodi sarchiapone e supercazzola, pronunciando parole senza senso. No, non è assolutamente il caso di barare ricorrendo a parole inventate: si può raggiungere lo stesso scopo con parole esistenti che, non essendo d’uso comune, possono produrre l’effetto sarchiapone.
Stiliamo quindi un promemoria di parole “difficili” da utilizzare, al momento opportuno, per fare colpo. Di seguito sono esposti alcuni esempi. È possibile che il lettore abbia familiarità con questi vocaboli, tutti presenti nel vocabolario (a cui si rimanda per la verifica del significato): si tratta comunque di parole d’uso non comune, quindi, di potenziali sarchiaponi.

– Apotropaico: “Questo è un sistema apotropaico”.
– Cenotafio: “È stato un grande personaggio: meriterebbe un cenotafio”.
– Duopsonio: “È un mercato che presenta le caratteristiche di un duopsonio”.
– Illativo: “Questo è un discorso illativo”.
– Inope: “Si tratta di una persona inope”.
– Mitopoietico: “Qui si riscontra un chiaro intento mitopoietico”.
– Nembifero: “Questo tempo è nembifero”.
– Onomasiologico: “Si può descrivere una stessa cosa in vari modi, seguendo un principio onomasiologico”.
– Ottriare: “Oggi le autorità sono meno disposte ad ottriare”.
– Poièsi: “È un vero e proprio momento di poièsi”.
– Proclività: “I cittadini dimostrano sempre meno proclività”.
– Spicilegio: “Ha scritto molte cose interessanti: potrebbe fare uno spicilegio”.

Gustave Flaubert, nel Dizionario dei luoghi comuni, alla voce “feudalesimo” scrive: “Non averne alcun’idea precisa, ma inveirne contro”. Da ciò si deduce che, ai tempi di Flaubert, la parola feudalesimo rappresentava una sorta di sarchiapone.

L’effetto sarchiapone, quindi, si può ottenere anche con parole diffuse nel linguaggio comune: l’importante è che non sia del tutto chiaro il loro significato, ma che si possa vagamente intuire se celano qualcosa di positivo o di negativo. Il feudalesimo era un sarchiapone negativo.

Ci sono anche i sarchiaponi positivi. Sono parole che sentiamo pronunciare spesso ed il cui significato, lungi dall’essere rigidamente codificato, è quanto mai elastico: si sa però che esprimono concetti da elogiare. Altro terreno fertile per i sarchiaponi è il dibattito sulla scelta dei modelli da adottare per le riforme istituzionali: modello tedesco, modello francese, spagnolo, anglosassone. Per ognuno di loro si tratta, per riprendere le parole di Flaubert, di “non averne alcun’idea precisa, ma inveirne contro”. Oppure: schierarsi a favore.

Ma come riconoscere i modelli da esaltare e quelli da denigrare? Basta rivolgersi ad un ideologo di fiducia.


Non ho niente da dire, ma so come dirlo - Trattato ad uso del moderno opinionista di Claudio Nutrito
Fuori collana
104 pagine
ISBN: 978-88-6222-124-5


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