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Nun, il kebab chic e la faccenda del dialogo

Da Lollychant @rossellaneri

Solo con la crisi poteva succedere che un gruppo di 8 giovani milanesi che hanno studiato giurisprudenza, architettura, chimica, marketing e ingegneria si mettessero insieme per aprire un kebab, vincendo un bando regionale per l’imprenditoria. Si chiama Nùn – taste of middle East, e fuori c’è la fila.

E’ una cosa bella dicono molti, non il solito take away: un take away gastro chic. E un po’ fighetto. Con il pane al farro e quello al kamut, il falafel fatto in casa, le uova sode e le patate lesse da mettere nel kebab, e le erbe fresche con cui condire i panini che fanno anche da decorazione al bancone.

Ne han parlato in molti: dal Fatto Quotidiano al Giornale, l’uno a lamentare che i fondi della Regione non sono ancora arrivati, l’altro a dire che chi sta in cassa e tocca i soldi poi non tocca il cibo e che non ci sono odori sgradevoli.

La notizia è che gli 8 son quasi tutti italiani di seconda generazione, quasi tutti di origine medio orientale, e che alla faccia delle schizofrenie dei loro padri mettono nel menu del Nùn sia la salsa iraniana “yogurt e bademjan” (con le melanzane e la panna acida) che il panino israeliano “sabich” con melanzane, uova e patate, sia le salse palestinesi che la carne del kebab italiana. Si sono inventati un lavoro che ha successo quando nessuno probabilmente era disposto a offrirgliene uno: stanno facendo i soldi, son felici e li ha recensiti pure il Giornale.

Altro che quella solfa del dialogo interculturale.

Nun, sta in via Lazzaro Spallanzani, 36.


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