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Nuova recensione Cineland. The Wolf of Wall Street di M.Scorsese

Creato il 28 gennaio 2014 da L'Immagine Allo Specchio
Nuova recensione Cineland. The Wolf of Wall Street di M.Scorsese The Wolf of Wall Street  di Martin Scorsese  con Leonardo DiCaprio, Jonah Hill, Margot Robbie, Matthew McConaughey, Jean Dujardin  Biografico, 179 min., USA, 2013 
E’ il 1987 quando Jordan Belfort decide di iniziare la carriera da broker a Wall Street ma al termine del praticantato, proprio nel primo giorno di lavoro dopo aver ottenuto la licenza da broker, si verifica quello che è passato alla storia come il “lunedì nero” delle borse. Jordan rimane pertanto senza lavoro e, incoraggiato dalla moglie, ripiega su un modestissimo call center che si occupa della vendita di azioni poco quotate (penny stock) ma assicuranti un 50% delle commissioni al curatore. Grazie al suo approccio aggressivo e agli insegnamenti maturati nella precedente esperienza, Jordan inizia un’inarrestabile cavalcata fatta di truffe ai piccoli risparmiatori che gli faranno guadagnare montagne di denaro subito impiegato in prostitute, oggetti di lusso e (soprattutto) droghe. 
All’inizio del XX secolo l’impresario dei Balletti Russi Sergej Diaghilev soleva ripetere “Sorprendimi!” ad un giovane Jean Cocteau che chiedeva consiglio su come diventare famoso. Scorsese famoso lo è, ma sembra essersi scordato il valore che hanno per il pubblico la novità e i colpi di scena. Certo, la sceneggiatura è perfetta, la regia ineccepibile come la recitazione degli attori principali (la ricostruzione del “sapore” di un’epoca un po’meno) e non mancano di certo scene spassose che, collocate al posto giusto nello svolgimento dei fatti, rendono leggere le tre ore di film contribuendo a conferire al tutto un’aura quasi epica. 
Ma in tutta l’opera si avverte che qualcosa manca e quel qualcosa è riconducibile alla prevedibilità della storia e alla staticità della figura del protagonista. Un personaggio che non fa mai scattare in noi il meccanismo dell’identificazione, vuoi perché sembra così poco scosso da dubbi morali da farne quasi un personaggio “robotico” (così diverso dal Bud Fox di Wall Street), vuoi perché sin da subito si avverte che Belfort rimarrà un piccolo parassita che si accontenta di operare nella nicchia lasciata inesplorata dalla finanza che conta per avere l’illusione di aver vissuto il suo giorno da leone. E quel che è peggio è che non ci esaltiamo neppure in occasione delle scene corali (festini e orge) dal sapore tribale, un po’ perché sappiamo già cosa aspettarci, un po’ perché basta bazzicare qualche volta Dagospia o un romanzo di Bret Easton Ellis per vederne o leggerne di migliori. 
Quello che prevale è invece un senso di malinconia che ci accompagna durante tutta la visione perché abbiamo la riprova di come la stagione del disgusto nei confronti dei comportamenti sopra le righe sia definitivamente finita e perché sappiamo ormai che di personaggi così ce ne sono sempre stati in tutte le epoche e in tutti gli angoli della terra. Magari poteva essere l’occasione per vedere un film senza alcun intento moralistico, con un personaggio totalmente “perduto” al centro della scena. E invece, a cadenze quasi regolari, Scorsese dissemina la sua opera di “grilli parlanti” (la prima moglie, il padre e l’avvocato) che ricordano profeticamente a DiCarpio/Belfort come non si possa vivere un’intera vita sopra le proprie possibilità. A noi sarebbe piaciuto credere, almeno per le tre ore di durata del film, il contrario. 
Voto: 3 ½ su 5 
(Film visionato il 25 gennaio 2014)

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