Magazine Poesie

NUOVO GIOCO FACEBOOK POESIA questa volta è con lo schema metrico della Canzone Leopardiana

Da Tizianacurt @TIZIANAPOESIA

il tema proposto per il gioco è IL TEMPO su cui creare una poesia di tre strofe in versi endecasillabi e settenari di numero diverso e rime carie

il primo concorrente è DOMENICO  CAPPELLI
Lo scorrere del tempo:

O quanto pesa il tempo
allor c’aspetti d’incontrare Amore
sembra si fermi il cuore,
sembra di camminare su, in salita,
una rampa infinita
per arrivare al lieto appuntamento,
e fremi, e sei ansioso,
e sogni quel momento,
e non trovi riposo.

Ed ecco finalmente
l’attimo tanto atteso,
il tempo corre allor velocemente,
tu vorresti fermarlo,
eternare vorresti quel momento,
e ti senti leggero,
e ti senti sospeso,
liberato nel vento
di posseder ti sembra il firmamento.

Poi, svanisce l’incanto,
torna a pesare il tempo come un tempo,
tornano i giorni grigi dell’attesa
ma stavolta il ricordo
può allietarti ogni tanto,
e, lo scorrere lento
del tempo, questa volta men ti pesa.

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secondo concorrente Dolce Glicine 

Il pescatore 

Questo tempo che a grevi passi incede
disegna su ogni uomo dure rughe
come impronte lasciate sulla rena
dal pescator che stanco torna a sera.
E’ la sua cesta piena,
e adagiata nel mar la bianca luce
tonda la luna in ciel lo guarda e tace.

Non v’è risposta chiara alle fatiche
quando giunge la sera della vita
al sol calante dietro l’orizzonte
e s’appressa la notte della pace.
Ma il pescator ben sa che la marea
cancellerà per sempre quelle impronte
così di quel passaggio
resta soltanto un’ultima catena:
il pesce per la cena
di chi raccoglie il cesto. E non gli spiace.

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Terzo concorrente Roberto Mestrone

MI RICORDO DI UN TEMPO
Mi ricordo di un tempo
quando il pane costava sei lire.
La tivù, gioia rara,
non riempiva d’inezie la testa;
era un mondo diverso:
sentivamo nel cuore gran festa
la domenica in chiesa,
fiduciosi nel nostro avvenire.

Ora tutto è un traguardo!
Ci azzuffiamo e vogliamo salire 
per scalare la meta,
ma alla fine poi cosa ci resta?
Dentro al supermercato 
con dovizia riempiamo la cesta,
mentre l’Africa nera 
nell’inedia continua a morire.

Ci son bimbi a digiuno 
che s’aggrappano ai seni stremati
delle madri indigenti:
donne prive d’affetto e di onore.
Benedetto progresso,
spargi fumi e veleni sui prati
della terra al collasso,
confinando in un ghetto l’Amore!
Organizzi le guerre
sui deserti dai pozzi pregiati
… e quell’odio perverso 
piega corpi innocenti al dolore.

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quarto concorrente Tonino Bergera

LO GNORRI

Ci provo: intono al tempo una canzone,
giocoso motivetto stralunato.
L’affiderò al buon vento
perché, di prato in prato,
gliela sussurri calda d’emozione.
Che magico momento!

Lui non si ferma mai, è risaputo.
Non lo vedi né senti, manco morto.
Passa ma non ripassa.
E va, a ragione o torto,
ad ammassare tutto in un imbuto
di quantica melassa.

Sparato da un big-bang, bollito in brodo
primordiale con stelle e con stelline,
si scodella universo.
Trangugia e fa lo gnorri:
ma, sia che corra sia che dorma sodo,
detesta il tempo perso.
Ride se lo derubano i poeti:
sa che gli torna - eterno - in suoni lieti.

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quinto concorrente  GIOVANNI DE GIROLAMO

IL TEMPO

Non c’è nulla che il tempo non divori:
i sogni, le speranze, le illusioni,
non di rado l’amore
(più spesso, ahimè, di quanto non si creda!)…
E se ti guardi indietro
rivedi le macerie ad una ad una:
una cenere bruna
che scende dal cervello fino al cuore.
E quasi con sgomento
vedi la vita tutta un fallimento,
inutile tu stesso
come un fardello triste da portare,
che ti rammenta spesso
l’esser caduco che sei sempre stato.

Eppure questo tempo aspro e vorace,
quantunque neghittoso alla bellezza
- e par vi si compiace! -
contempla tuttavia una certezza:
che in fondo tu la vita l’hai vissuta,
bella o brutta che sia,
finanche non voluta,
ma tu protagonista in ogni caso.
E allora il bello ti rivedi tutto
e dimentichi il brutto,
se più ti arride anche la nostalgia…
Insomma, il tempo senti ti appartiene,
ti dipinge la vita,
ti scolora le pene,
e tu procedi ancora immantimente 
cosciente e più convinto
sul tuo cammino; e nulla più ti pesa:
non le macerie, non le delusioni,
le sconfiette o la resa,
le angosce e i patimenti,
ma sol di leggerezza invader senti
con l’anima anche il cuore.

E allor ch’è l’ora di serrare gli occhi
facendo il rendiconto della vita,
se piena l’hai sentita,
rivolgerai al tempo il tuo saluto,
e gli dirai: “Sì, grazie: t’ho vissuto!”

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sesto concorrente VITTORIO VERDUCCI

TEMPO

Sfilano seducenti
le top model del tempo
in passerella, nella fantasia:
voglie insane in eterna frenesia
di vesti trasparenti ricamate:
disordinate brame, avidità,
davanti alle poltrone
di spettatori muti, affascinati.
Tempo, stilista, tu, di vanità,
stai a cucir vestiti di ricchezze,
a dispensar bellezze,
il prestigio, la gloria, povertà
d’afonici rumori,
incanti di bagliori passeggeri
che corrono in dirotte
frotte di desideri:
di nulla, a trastullarsi, e poi morire.

Tempo, sei ombra che lusinghi e inganni:
ho creduto che fossi, tu, infinito,
d’averti conquistato
nelle malie di giovinezze eterne,
ma tu della certezza
dai solo tenue brezza,
e poi come fantasma sgusci via,
così come foschia
che al sole si dilegua del mattino,
e vai cieco, nel buio della notte:
come un volar di cenere
a risucchiare, cinico, il futuro
e l’attimo che nasce morituro:
e il valzer d’utopie
tace, nel cimitero del passato.

Ma il vento ha respirato,
su ccampi d’asfodeli
la mia stanca coscienza ha trasportato:
sotto candidi cieli di camelie
or nella luce riposo, lontano
dalle celie del tempo,
a nutrirmi del suono sovrumano
dell’Eterno: e l’inverno è primavera.
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settimo concorrente FRANCO CECCHINI

L T E M P O
Avanti col mio tempo
Trascorso senza infamia e senza lode
Non ho traguardi, ma
Rammento tante foto,
Ricordi di momenti di passione,
Belli e brutti da farne collezione
Stampati in memoria
come film d’animazione:

Piccolino gattoni sulla spiaggia
Vuota d’ognuno
Col ciuccio che toccava sulla sabbia
A ruzzolar le palle, giochi del mare.
Eccome mi piaceva!
E tanto pur la sabbia.

Più grande, coccolato dal maestro
Scrivevo ciclamino sul quaderno
Per primo nella classe d’oltre trenta!
Grandi promesse e detti il destro
Per scelte che mi furono …fatali
Acqua passata non son tutti mali.

Ma il film è lungo, ha troppi tempi
Meglio allor saltare
e giungere a domani:
Cosa mi porti tempo che rimani?
Vorrei continuare a gareggiare
Con la vita per giunger più lontano,
Un po’ di salute, la signora accanto
Che si possa magari pareggiare
Senza dar noia ad altri, è già tanto
Se ‘un ti stanchi puoi ancor passare!!!
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ottavo concorrenteULISSE FIOLO

Il glicine del tempo

Alla fine, c’è il glicine
che ogni mattina ha più butti me;
par che di notte
recuperi il riposo nella luce
liberando la linfa accumulata
e, anche se siamo già a metà luglio
e l’afa strappa il fiato,
lui la vince comunque:

ogni giorno si arrampica più in alto,
spande frasche, fa foglie,
si attacca dove trova – non si stanca
di contendere al caldo un po’ di verde;
ha persino due piante
nuove, spuntate su direttamente
dalle radici estese sottoterra:

era fiorito una seconda volta
a fine giugno, più
che aprile e maggio, poi
ha perso tutti i petali e ora,
senza rumore, continua
a fare il suo lavoro – a gareggiare,
anzi a lasciare fare al tempo:

dicevo, ce la sta facendo meglio
di me che invece
ogni mattina cado
dal letto, senza mai toccare il fondo
del giorno, qualche terra
dove lasciarmi andare e fare
la fine buona
del seme che feconda – nel morire.

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nono concorrente YLENIA BAGATO

Quel tempo

Volano le falene nella sera
in lontananza scorgo dei ricordi
la luce allora accesa di bambina 
intenta ancora ad aspettar la vita:
rideva tra i pensieri
in quei giorni allungati
dai momenti aspettati,
lei proprio non sapeva
e attendeva attendeva.
Ferma studiava, leggeva, capiva
e aspettava felice.
Una voce diceva:
cogli l’attimo adesso,
non rimpiangerai nulla.

Poi pian piano la vita è arrivata:
la pienezza dei bei giorni d’amore,
le serate tra risate e pudore,
“tra veri amanti gli sguardi infiniti
il lavoro e il profumo
anelato di casa.

Ora viva m’attendo :
solo mi manca quel tempo felice
così lungo e di pace
dove annotavo poesie
ogni istante di vita.
Guardo adesso a quei giorni,
ai passati e futuri
e ritrovo la voce:
cogli ora quell’attimo,
non lasciarlo fuggire,
non ritorna la luce.
Mi fermo tra pensieri
-magie- di oggi e di ieri,
ancora scorre sabbia tra le dita,
nella corsa infinita 
sempre raccolgo sussurri di poesia.

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decimo concorrente Dorella Dignola
Tempo – FEBBRAIO

Passo corto, tra i lunghi, del lento
trascorrer del tempo.
Vedo le alpestri vette disegnar
sull'azzurro del cielo.
Da qui il prego dell’anima s’alza
appassionato a Chi in punta di
dita, tesse e conduce la vita.
Radioso è il cominciar del giorno
rapide scorron l' ore;
Sulla via rumore operoso.

Lieta son’io, serena la via da
percorrere insieme.
Non m’arrendo a chi, al patire dà
ogni giorno sprone alla umana
neghittosa pigrizia.
Al viver che termina e riprende
col cuore in letizia.
Soffio vitale al gioire teso;
non destino amaro, non avaro,
non cuore incompreso.

Spalancata al domani festoso:
esitante, trepida,
attendo il tuo ritorno ed oso!
———————————–
undicesimo concorrente
Bianca Casti

Il tempo

Nei bui pertugi del tempo marmoreo
si perde lungo, poi largo nel corso
il nostro fiume che sai
percorrer lento, e il limite fluido
và incorpòreo a sfuggire.
Ma solca l’aura in breve fortuna
e una bugiarda luna
l’ha poi trasportata al mondo sì vago.
Rara, è come al vento…
la vita che ci sorride, stravolta
all’urlo del momento
e sopra schemi rompemmo in alto
e in noi, sommerso, il dio
che il furor d’uomo nacque da un Io

Forte dell’ira sciupata in vanità
con la sottesa virtù dell’anima.
Per lo scontento e la pietà.
Sospeso su fra le nuvole, anima
nella campana il suo orologio quadro,
l’ago che gira al pigro
suon d’ore e minuti.
Cresciuta l’ombra in barba al saggio
ulivo, pare che métta gaio il sole
su luminose aiuole,
altri bei raggi, e con amor li espande.
I bimbi corron fra piane e colline
e colgon fiori bassi;
su l’erba stan galline.
Perché possan stare liberi, io voglio
ipotecare il nostro
tempo tra bello e brutto orgoglio:
che sorvolando barriere, adorno il prato mio e il foglio
con molti versi a giugno,
Occhi aperti, mani chiuse a pugno
e tagli nella ménte.

Egli, che ha tracimato in tutti noi
di eros e i segni della lotta,
fra la gente ch’è dotta,
e porta bianchi fazzolétti alati
a salutare anni, calmi e agiati.

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