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Ocse e l’Italia: scuola tagliata, disoccupazione in crescita e giovani sfiduciati

Creato il 09 settembre 2014 da Nicola933
di Mario Marrandino Ocse e l’Italia: scuola tagliata, disoccupazione in crescita e giovani sfiduciati - 9 settembre 2014

Disoccupazione Di Mario Marrandino. Anche quest’anno, l’Ocse, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, effettua e pubblica uno screening su tutte le difficoltà presenti nel nostro paese date, generalmente, da vere e proprie falle nel sistema, legate perlopiù a scuola, disoccupazione e profonda sfiducia da parte dei giovani.

Il rapporto 2014: “Le difficoltà cui fanno fronte i giovani italiani per trovare un lavoro rischiano di compromettere gli investimenti nell’istruzione”. “Con le sempre maggiori difficoltà incontrate nella ricerca di un lavoro, la motivazione dei giovani italiani nei confronti dell’istruzione è infatti diminuita. I tassi d’iscrizione all’università in Italia hanno segnato una fase di ristagno o sono diminuiti negli anni più recenti e il numero di studenti che abbandonano precocemente gli studi ha smesso di diminuire dopo il 2010″
Il nostro sistema scolastico è una cariatide, è vecchio e lercio: siamo il Paese che investe meno sull’istruzione (lo studio calcola, citando Repubblica, appena il 9 per cento, rispetto al 13 per cento dei paesi Ocse e al 12 per cento dei 21 paesi Ue). E non solo, siamo anche l’unico a tagliare i fondi nel corso degli anni. Ovviamente la situazione costringe i genitori a sborsare sempre di più nel “futuro scolastico”, con dei “contributi volontari” che aumentano di anno e anno. I medesimi termini sono applicabili anche in funzione, non solo delle scuole pubbliche, ma delle Università, che vedono arrivare ben 1/3 delle entrate unicamente dalle tasche delle famiglie. Inutile dire che gli insegnanti più vecchi li abbiamo noi, rispetto all’intera area Ocse.    
“Nel 2012, quasi un giovane su tre (il 32 per cento) dai 20 ai 24 anni di età non lavorava e non era iscritto a nessun corso di studi. Si tratta dei cosiddetti Neet  -  Not in education, employment or training. Una percentuale in aumento di 10 punti rispetto al 2008. Nei Paesi Bassi nel 2012 i Neet erano il 7 per cento e in Austria e Germania solo l’11 per cento. Nello stesso anno, circa uno studente su sette (il 14 per cento) tra i 17enni aveva già abbandonato la scuola, con una media Ocse pari al 10 per cento”. “Tutto lascia pensare che l’università e la scuola non siano viste dai ragazzi italiani e dalle loro famiglie come un aiuto per migliorare la loro posizione sul mercato del lavoro, ma come parte del problema”, così Francesco Avvisati, autore della nota sull’Italia. “Il sistema di istruzione, in particolare la formazione professionale nelle scuole, nel post-secondario e anche nelle università, devono essere al centro di una strategia per creare e valorizzare le competenze di cui l’economia ha bisogno”. 
Fortunatamente ci sono anche delle flebili note positive: aumenta il numero delle donne laureate, ma resta inferiore rispetto alla maggior parte dei paesi Ocse. “Tra il 2000 e il 2012, la percentuale di laureati nella fascia di età tra i 25 e i 34 anni è cresciuta dall’11 per cento al 22 per cento, e tra i nuovi laureati si contano il 62 per cento di donne. Il tasso medio di laureati tra i 25-34enni nell’area OCSE, che comprende i diplomati di percorsi di studio professionalizzanti di livello terziario, è del 40 per cento”.
Un paese “con competenze di base inferiori alla media”, sia tra gli studenti, sia tra gli adulti. Zimbelli? Forse. “I giovani laureati Italiani (25-34 anni), per esempio, raggiungono appena il livello di competenze di lettura e matematiche dei loro coetanei senza titolo di studio terziario in Finlandia, in Giappone o nei Paesi Bassi. Anche tra i quindicenni, l’indagine PISA misura un livello medio in matematica e lettura inferiore alla media Ocse”, dicono gli esperti. L’unico lato positivo, come accennato precedentemente, è un flebile miglioramento, nonostante alla scuola siano state tagliate le gambe da un bel po’, ormai. “Un miglioramento che non ha richiesto risorse aggiuntive: l’Italia è infatti l’unico paese ad aver ridotto, tra il 2000 e il 2011, la spesa pubblica per l’istruzione primaria e secondaria”. “Avvisati continua: Ciò dimostra che la qualità dell’istruzione non dipende dal numero di insegnanti, ma dalla loro preparazione, dal loro impegno, e da una gestione del personale che motiva i migliori insegnanti a lavorare là dove le sfide sono maggiori”. 

Per quanto riguarda la disoccupazione vi è uno schema, che racconta di dati comunque preoccupanti, se paragonati a molti, molti altri positivi. La disoccupazione nell’area generale Ocse è aumentata di 0,1 punti percentuali, “pochi cambiamenti” nell’Eurozona “rispetto al mese precedente nella maggior parte dei Paesi tranne in Italia, dove il tasso di disoccupazione è aumentato di 0,3%, come tutti noi sappiamo, e invece, al contrario, in Slovenia si è avuto un calo del tasso di disoccupazione dello 0,3%. Si parla di zone in cui il tasso di disoccupazione giovanile è rimasto “eccezionalmente elevato”, come in Spagna (53,8%), in Grecia (53,1%, ultimo dato disponibile di maggio), in Italia (42,9%), in Portogallo (35,5%) e in Repubblica Slovacca (31,7%).

Ocse e l’Italia: scuola tagliata, disoccupazione in crescita e giovani sfiduciati


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