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La via verso la pacificazione con il cinema orientale prosegue, e con un pezzo da 90!
Dopo essere rimasta incantata dalla raffinatezza visiva di Stoker, ho deciso di addentrarmi nell'oscuro mondo di Park Chan-wook iniziando proprio dalla sua trilogia della vendetta, con il primo capitolo giustamente premiato a Cannes dalla giuria presieduta da Mister Tarantino.
Oldboy a differenza del suo successore americano è un lavoro decisamente molto più forte, sia per tematiche che per scene, in cui crudeltà e crudezza vanno a braccetto. Alla fotografia algida ed elegante in cui si muove India, fa da contraltare un'ambientazione più sporcata, più vera ed intrisa di dolore e ambiguità.
Il protagonista è Oh Dae-su, ubriacone e smargiasso che scompare all'improvviso sotto gli occhi dell'amico. Lo ritroviamo rinchiuso in una stanza, senza nessuno a cui parlare, senza capire che succede e solo tanti progetti di fuga. La moglie è stata uccisa, la figlia rapita e lui è accusato del tutto. In quella stanza rimarrà per 15 anni, 15 lunghi anni in cui Oh Dae-su cerca di capire chi lo ha segregato, e, dopo l'improvvisa liberazione, come riuscire a trovare questo qualcuno. La sua vendetta va però parallela a quella del suo carceriere, sempre un passo davanti a lui, che lo rende semplicemente una pedina di una prigione più grande dalla quale potrà liberarsi solo scoprendo il motivo per cui è stato rinchiuso. Ad aiutarlo, inaspettatamente, una giovane cuoca di sushi, che diventa compagna d'amore e di ricerca.
Con una partenza in sordina, il film inizia a calibrare le sue carte con colpi di scena che spiazzano come mazzate. Al di là della crudeltà di alcune scene dove botte e sangue cadono a profusione, Oldboy riesce a raggelare per l'intricatezza e l'incastro perfetto con cui la trama viene costruita. Le verità vengono svelate piano piano, e quando il quadro d'insieme si compie davanti ai nostri occhi, lo spettacolo è qualcosa che dà i brividi e che allo stesso tempo affascina, come sempre riesce a fare il male. Lo spirito di vendetta di Oh Dae-su soccombe davanti alla pazienza e alla meticolosità con cui il suo nemico ha tessuto la ragnatela che finisce per incastrarlo. L'assurdità di tanta cattiveria, questo piano capace di aspettare silente per 15 anni, esplode in tutta la sua potenza, riuscendo in un colpo solo a farmi amare questo regista e segnare una grossa tacca nel mio percorso di pacificazione.
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P.s.: il 23 gennaio uscirà in Italia il remake americano firmato da Spike Lee del film. Protagonisti Josh Brolin, Elizabeth Olsen e Samuel L. Jackson. Si riuscirà a mantenere lo stesso livello dell'originale?
Qui il trailer:
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