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Otto Gabos, Esperanto: l’impossibile fuga dall’orrore

Creato il 22 gennaio 2014 da Lospaziobianco.it @lospaziobianco
Speciale: La memoria dell'orrore: fumetto, guerra e olocausto
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  • Otto Gabos, Esperanto: l’impossibile fuga dall’orrore

 

Il 27 gennaio del 1945 le truppe dell’Armata Rossa entrarono nel campo di concentramento di Auschwitz, trovandosi di fronte a quello che sarebbe diventato il simbolo del nazismo e dell’Olocausto. Nel 2000 il Parlamento Italiano scelse il 27 gennaio per celebrare il Giorno della Memoria nel ricordo delle vittime di quella tragedia. Cinema, letteratura, e non ultimo il fumetto, hanno affrontato in molte forme la tragedia della Seconda Guerra Mondiale e i terribili effetti della follia umana. Questo articolo fa parte di una serie di articoli che LoSpazioBianco in oltre dieci anni di attività ha dedicato al tema.

Otto Gabos, Esperanto: limpossibile fuga dallorrore Otto Gabos Black Velvet Editrice
Apparso nel 2008 in Francia presso Casterman e pubblicato in Italia nel 2009 da Black Velvet, Esperanto è uno snodo importante nel percorso artistico di Otto Gabos. Non privo di imperfezioni, ma ricchissimo di temi e personaggi, dà l’impressione di essere opera centrale nell’evoluzione dell’autore. In questo senso, un parallelo tentante è con il Malcom X di Spike Lee o il Ragione e Sentimento di Emma Thompson, opere i cui difetti nascono dalla difficoltà da parte dell’autore di contenere e arginare idee e spunti, perché nessuno di essi è secondario e ciascuno origine di nuovi stimoli. È forse questo il problema che fa affermare a Gabosla tavola così com’è concepita comincia a starmi stretta, sento l’esigenza di pensare a nuove formule, di allargare il lessico“. La tavola (se si preferisce: l’approccio dell’autore alla sua costruzione) sembra una struttura inadatta a contenere e gestire la densità di temi e suggestioni che Gabos intende trasmettere attraverso la storia. Esperanto è quindi il punto critico nel percorso artistico di Gabos, quello in cui affronta questa crisi di linguaggio, iniziando una nuova ricerca stilistica.

La storia in un altro universo

Esperantia è una città stato, reduce da una guerra, come tante altre promossa per mettere fine alle guerre, in un mondo dove lingua corrente e condivisa è l’esperanto, che nel nostro universo fu mera utopia linguistica creata alla fine del XIX sec. da Ludwik Lejzer Zamenhof, oftalmologo polacco di famiglia ebraica. Componente fondamentale dell’equilibrio sociale di Esperantia è il gioco: da uno dei suoi abitanti sappiamo che, giunta sull’orlo della guerra civile, fu salvata da Shalima Koglia, grazie alle sue case da gioco. Lo stesso Luminoso Celestissimo, sorta di Presidente di Esperantia, utilizza una forma di divinazione che ibrida I-Ching e gioco d’azzardo per definire le proprie strategie. Altro pilastro di Esperantia sono le industrie manifatturiere, fra le quali spicca quella di Gordeas, dove, a capo del sistema interno di sicurezza, troviamo Muntzen, figuro sinistro, che scopriamo pianificare un colpo di mano militare per prendere il potere, utilizzando Gordeas come fantoccio. Completano lo scenario i sotterranei della città, percorsi da bande che vivono di attività ai margini della legge, e uno stato di tensione crescente fra lavoratori e industriali, dove trovano nutrimento progetti di lotta armata.
In questo contesto, spunta Bemporad, distinto personaggio dalle origini enigmatiche, che arriva ad Esperantia con il prototipo di un gioco di simulazione militare: “La Seconda Guerra Mondiale”, il cui logo è una svastica. Il nome del gioco, spiegherà al responsabile della ditta a cui lo proporrà, è una brillante idea di marketing, che prepara il terreno, in caso di successo, ad un secondo gioco, naturalmente chiamato “La Prima Guerra Mondiale”. Dopo non poche esitazioni (il concetto di guerra è quasi un tabù a Esperantia), il gioco viene prodotto, e raccoglie un successo enorme. Si organizzano tornei a tutti livelli e si forma addirittura una federazione professionistica.Da questo punto, Gabos ci narra le vicende di Muntzen, Bemporad, Gordeas e la figlia Varanis, Xabu, giovane giocatore de “La II G.M.” di enorme talento, operaio nella fabbrica di Gordeas e componente della banda dei sotterranei “Gli Scarafaggi”, di Martis, operaio di Gordeas e uno dei responsabili del movimento anarcoide “Stella Polare”, di Tekla, anch’essa operaia presso Gordeas, di Arne, nonno di Xabu, organizzatore di tornei di “La II G.M.” ed alla caccia continua, quasi ossessiva, di talenti e di altri personaggi che ruotano loro intorno.

Otto Gabos, Esperanto: limpossibile fuga dallorrore Otto Gabos Black Velvet Editrice

Tutte queste figure sono non solo legate fra loro, ma anche protagoniste degli eventi che stravolgeranno la struttura di Esperantia. Gabos definisce una rete di progetti politici, relazioni umane e sentimentali e speranze che si materializza in una sorta di domino, dove la mossa iniziale si propaga inarrestabilmente dal primo pezzo agli altri e disegna una nuova società.
Fra le tante, la relazione fondamentale, che innesca il precipitare della vicenda, è quella fra Muntzen e Bemporad. I due, si scopre, provengono dal nostro universo e sono fuggiti da un campo di sterminio nazista, nei giorni immediatamente precedenti l’arrivo delle forze armate sovietiche. Muntzen era il responsabile del campo, Bemporad un ebreo lì internato, profondo conoscitore di mistica ebraica, che l’ufficiale nazista riuscì a sfruttare per mettersi in salvo. Ad Esperantia, Muntzen tenta quindi di replicare la scalata nazista al potere, mentre Bemporad, l’unico che ne conosca la pericolosità e gli obiettivi finali, cercherà di ostacolarlo.

Una costellazione di personaggi

Come emerge dalla descrizione dello scenario della storia, la quantità e qualità di spunti su cui Gabos lavora in Esperanto sono veramente notevoli: siamo di fronte al tentativo di realizzare un vero e proprio affresco di società e di mettere in scena sia dinamiche politiche e sociali, sia le tensioni etiche e sentimentali vissute dagli individui coinvolti in esse. Questa abbondanza di materiale si manifesta in un ritmo serratissimo, tale che gli snodi critici della vicenda si susseguono a distanza di poche tavole. In questo modo, da una parte, Gabos comunica efficacemente il senso di uno svolgersi degli eventi quasi fuori controllo, come una sorta di valanga che acquisti energia e pericolosità via via che i fatti si accavallano. Dall’altra, rimane la sensazione che molti punti meritevoli di approfondimento siano stati trascurati e alcuni passaggi, dove l’autore ricorre allo stratagemma di far riassumere ai personaggi vicende importanti nell’economia dell’intreccio, danno la misura di una compressione forzata della narrazione. Esempi di questo approccio son il racconto che Martis fa delle proprie vicende a Gordeas e Varanis; parte di quello in cui Muntzen descrive a Bemporad le propria tattica; viceversa, la vignetta di partenza, con l’ufficiale nazista di spalle e sullo sfondo gli scontri per le strade è, al contrario, un esempio di sintesi efficace. Nel suo blog, l’autore spiega le scelte editoriali di Casterman, che hanno ridotto lo spazio a disposizione per sviscerare la serie di sotto trame. In quel contesto, le alternative furono quindi rinunciare ad esse o limitarsi ad accennarle: la prima rischiava di far perdere profondità e complessità alla vicenda; la seconda di lasciare un senso di irresolutezza. Gabos scelse la seconda e non ha rinunciato ad alcuna delle sotto trame. La questione diventò allora: come organizzare il materiale, per consentire al lettore di orientarsi in esso.

Gabos si concentra sulla lotta per il potere ad Esperantia e la relazione fra Muntzen e Bemporad, che costituiscono l’intreccio principale, ma tratteggia con grande abilità tutti gli altri. Paradossalmente, è proprio la nettezza con cui i caratteri di tutti i personaggi emergono a produrre un effetto di deformazione prospettica, come in un quadro dove la dimensione degli oggetti raffigurati non corrisponda quella che lo sguardo si aspetta in base al piano spaziale di appartenenza. Detto altrimenti: poiché nessuna delle trame, nessuno dei personaggi è trattato come secondario, ci aspettiamo che ognuno di essi avrà lo spazio riservato alla trama ed al personaggio principale. E questo non vale solo per Varanis, la figlia dell’industriale, o per il capo della Stella Polare, ma anche per Bugo, il miglior amico di Xabu, del Maresciallo Colon, che tenta di convincere il Luminoso Celestissimo a intervenire per evitare il caos e per il feroce popolo che vive “oltre le montagne”, che circondano la città stato. Insomma, questo approccio lascia il rimpianto di non averle potute seguire con il dettaglio e la partecipazione che meritavano.
Dall’opera di sintesi, invece, guadagna efficacia il finale, dove il racconto dello scontro finale fra Muntzen e Xabu è un piccolo gioiello narrativo, costruito per sottrazione: qui l’allusione è esaustiva e suggestiva e non lascia alcun senso di irresolutezza.

La Shoah in Esperanto

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Esperantia appartiene ad un universo parallelo, dove i rapporti e le tensioni sociali sembrano avere dinamiche molto simili a quello che hanno nel nostro. Muntzen e Bemporad vi arrivano in fuga da un campo di sterminio nazista e l’ufficiale nazista soffre un vero e proprio shock culturale, nello scoprire una società, che addirittura utilizza una lingua ideata, nel suo mondo di origine, da uno studioso di origine ebraica. Per Bemporad, subito dopo il sollievo della salvezza, c’è il senso di colpa di aver introdotto in quel mondo un agente distruttivo per il quale non esistono anticorpi, di essere cioè responsabile della replica in questo mondo di quella stessa tragedia che aveva devastato il suo. In questo senso, pur non essendo un’opera sulla Shoah, Esperanto nasce dalla riflessione sulla sua natura, con due punti centrali.

Il primo è che la Shoah è qualcosa di riproducibile. è il prodotto di un’organizzazione sociale ed economica basata sulla produzione di serie. Come le fabbriche riescono a sfornare migliaia e migliaia di pezzi identici, così la società è in grado di riprodurre l’indicibile, appunto la Shoah, in base ad un opportuno piano di produzione. Basta costruirne le fondamenta, definirne ed introdurne via via i vari componenti, prima di tutto culturali, per poi ritrovarsi con l’intera macchina di potere e sterminio pronta ad essere messa in moto, ma apparentemente spuntata dal nulla, da un altro universo, appunto.

La seconda idea (presente anche nella Storia dei Tre Adolf, di Osamu Tezuka), alla prima strettamente legata, è che non si sfugge alla Shoah: non le sfuggono le vittime né i carnefici, poiché, pur sopravvivendo, mantengono i loro ruoli in una sorta di cristallizzazione paranoica. Nemmeno evadere in un altro universo consente di sfuggirle, dato che la Shoah è un prodotto degli uomini, e incombe ovunque essi siano.
In questo senso, la visione dell’autore non lascia spazio ad alcuna consolazione e invita piuttosto alla costante vigilanza attiva, per evitare che i componenti della macchina dell’orrore appaiano di nuovo (1).

Abbiamo parlato di:
Esperanto
Otto Gabos
Black Velvet, 2009
144 pagine, brossurato, colori – 18,00 €
ISBN: 9788896197202

Note

  1. L’articolo originale, pubblicato in concomitanza con l’edizione francese, concludeva con una “Nota per l’edizione italiana”, che indicava alcuni possibili interventi per migliorare l’opera. Nessuno di essi è stato fatto, ma può essere interessante comunque leggerli, anche solo per misurare la distanza fra le potenzialità di un’opera e le limitazioni editoriali. Scrivevamo: “Come premesso, l’edizione italiana di Esperanto è verosimile, ma al momento non ancora ufficiale. Il suo certo valore aggiunto sarà intanto offerto dai dialoghi originali, che in quella francese sono tradotti da Pierre Frigau. Ma l’edizione italiana potrebbe essere un’occasione per valorizzare l’opera di Gabos con alcuni contenuti aggiuntivi, non tanto sulla sua genesi – anche l’edizione Casterman offre un piccolo dietro le quinte dell’opera -, quanto sui suoi contenuti. Visti i tanti fili a disposizione, sarebbe bello se Gabos potesse riprenderne qualcuno, anche in forma di breve memoria illustrata, della lunghezza di una tavola, disegnata o composita: una sorta di album dei ricordi, se apposto in coda, o di cinegiornale, se inframezzato alla vicenda. Chiaro che un approccio simile si scontra anzitutto con esigenze editoriali, visto che comporterebbe un lavoro aggiuntivo non banale, ma il valore di una simile iniziativa sarebbe alto ed Esperanto la merita sicuramente.” [↩]
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