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Palermo: ritorno in a da dominatore assoluto. meglio di tante "nobili decadute" del passato
Creato il 06 maggio 2014 da CarlocaNel sabato nero del calcio italiano, un raggio di sole c'è comunque stato, luminosissimo come solo sa essere il sole della Sicilia. Palermo di nuovo in Serie A, dopo appena dodici mesi di purgatorio. Parlare di cavalcata trionfale è persino riduttivo: i rosanero hanno centrato la promozione matematica con cinque turni di anticipo. Il dato statistico è di assoluto rilievo, tale da assumere contorni calcisticamente leggendari. Basti pensare che nessuna delle big del nostro football precipitate occasionalmente in seconda serie negli ultimi decenni, e immediatamente risalite, era riuscita ad archiviare la pratica con tale sollecitudine: non il Milan del doppio capitombolo in cadetteria nei primi anni Ottanta (promozione con un solo turno d'anticipo nel 1981, con tre nel 1983), non il Torino del 1990 (quattro turni di anticipo), non la Fiorentina di Batistuta, inopinatamente retrocessa al termine della stagione 1992/93 pur avendo una rosa da primissime posizioni (poi promossa quattro giornate prima della conclusione), nemmeno la stratosferica Juventus del 2007 (anno primo post Calciopoli), che dovette attendere il quartultimo turno per stappare lo champagne e sancire la fine del suo breve incubo. QUASI COME L'ASCOLI '78 - Storicamente, il termine di paragone più pertinente con questo Palermo dei record non è una "grande", bensì una di quelle "piccole" società che, per diversi lustri, hanno onorato il nostro calcio ai più alti livelli, matricole terribili contro cui i colossi metropolitani spesso e volentieri arrancavano e perdevano punti preziosi: parlo dell'Ascoli, la cui prodezza del torneo 1977/78 permane ineguagliata e chissà quanto tempo ancora resisterà: salì in A quando ancora mancavano sette giornate al termine del campionato, per poi chiudere con la bellezza di 61 punti (all'epoca ne venivano assegnati due a vittoria) in 38 partite. VERDETTO NON SCONTATO - Rosanero uber alles, dunque. La svolta è arrivata negli ultimi due mesi. A inizio febbraio, dopo lo scontro diretto in Toscana, il Palermo aveva due soli punti di vantaggio sull'Empoli, sua rivale più credibile: nelle undici giornate successive, i siciliani hanno conquistato altre quattordici lunghezze, frutto di un'accelerazione bruciante (han fatto la differenza importantissime vittorie esterne a Varese, Pescara, Trapani, Latina e infine Novara) unita, va detto, al contemporaneo calo di Maccarone e compagni, incappati in qualche passo falso di troppo.
Tuttavia il trionfo non era scontato, sebbene la rosa allestita da Zamparini sia, obiettivamente, la più qualitativa fra le ventidue in lizza nella B tuttora in corso. Non era scontato essenzialmente per due motivi: risalire subito dalla cadetteria dopo la discesa non è storicamente facile, a meno di non essere uno dei colossi di cui sopra o, di converso, una di quelle compagini abituate ai saliscendi (lo stesso Empoli, o ancor meglio il Lecce e il Brescia di qualche anno fa). Lungo è l'elenco delle nobili decadute, cioè società la cui gloria è legata ad allori ormai lontani, che hanno dovuto patire le pene dell'inferno prima di uscire dalle sabbie mobili: l'ultima volta il Genoa ha rincorso l'obiettivo per dodici anni, la Sampdoria fra la fine dei Novanta e l'inizio dei Duemila dovette attendere quattro stagioni, il Bologna precipitò per la prima volta nell'82 e tornò in A nell'88, poi ricadde nel '91 e fu di nuovo un lungo e accidentato cammino fino al '96, in entrambi i casi con dolorosissime parentesi in terza divisione. Non solo: spesso essere i più attrezzati in fatto di classe diventa paradossalmente un ostacolo. Ricordo ancora la Sampdoria "miliardaria" del 1982, una compagine che in B sembrava francamente fuori contesto, zeppa com'era di elementi di categoria superiore: eppure soffrì maledettamente, e conquistò la promozione solo a un turno dalla fine, questo perché i piedi buoni trovano terreno maggiormente fertile nella massima divisione, mentre la B è una brutta bestia: è un torneo giocato più sull'agonismo che in punta di fioretto, ed è soprattutto una interminabile gara di resistenza, richiede carattere d'acciaio, nervi saldi e sangue freddo, doti che non sempre vanno a braccetto con le qualità tecniche. In 42 giornate possono esserci alti e bassi, sbalzi di rendimento, piccole crisi di risultati: saperle gestire senza drammi è fondamentale per mantenersi in linea di galleggiamento, ed è uno dei motivi per i quali le piccole realtà, con bacini d'utenza limitati e scarsa pressione mediatica alle spalle, riescono sovente ad emergere con più facilità. ANNO ZERO - Ecco perché quello del Palermo è un trionfo con tutti i crismi dell'impresa: la retrocessione del maggio scorso era stata oggettivamente traumatica. Per anni i rosanero erano stati una delle migliori realtà nuove del calcio tricolore, quasi una "grande" di fresco conio, più volte in lotta per piazzamenti europei, capace di lanciare in orbita giocatori giunti poi a frequentare le grandi ribalte internazionali, da Toni a Cavani. Certo, vi era stato un progressivo depauperamento tecnico, che raggiunse il culmine nell'estate 2012, ma un mercato invernale di notevole spessore pareva aver messo una pezza a una stagione nata male: i vari Sorrentino, Dossena, Boselli e Formica non riuscirono però a dare la svolta. Nonostante una discreta accelerazione nella fase centrale del girone di ritorno, culminata nei successi su Roma e Inter, un netto calo finale (quattro ko consecutivi) e il lento risalire la corrente da parte del Genoa portarono all'amaro declassamento.
Belotti, una delle più belle sorprese della stagione
MISTER PROMOZIONE - L'ambiente, caldo ma mai sopra le righe, ha saputo creare attorno alla squadra l'atmosfera giusta, senza cedere alla sfiducia. Zamparini, creatore del miracolo Palermo ma anche scheggia impazzita nella gestione della squadra, lasciata troppo spesso in preda a continui stravolgimenti di guida tecnica, ha tenuto saldo il timone, lasciandosi alle spalle in tempo utile l'esperimento Gattuso (troppo acerbo per gestire una situazione così delicata, in una piazza così esigente) e ha compiuto la scelta più realistica, puntando su uno di quegli specialisti di promozioni che ogni tanto compaiono nel firmamento del calcio tricolore: ci fu il tempo di Gigi Simoni e Nedo Sonetti, poi giunse Walter Novellino, mentre questi sono gli anni di Giuseppe Iachini, uomo dal carattere ruvido come del resto era quando calcava i campi da giocatore (mediano interdittore fra i più rocciosi e generosi, premiato financo con un'Olimpiade, a Seul nel 1988) e trainer fra i più pragmatici. SOLIDITA' - La squadra che ha plasmato è un piccolo capolavoro: solida soprattutto, talmente solida da far fruttare una messe di gol sicuramente cospicua ma non strabocchevole (al momento 56 segnature, poco più di Crotone e Trapani ma meno del Modena, per dire). Sorrentino e Munoz hanno riscattato il precedente campionato in chiaroscuro blindando la retroguardia, Eros Pisano, chiusa la grigia esperienza genoana, si è riappropriato delle misure che ne avevano fatto uno dei laterali di spinta più efficaci della cadetteria, ben bilanciato da Daprelà, altro esterno dal rendimento costante. Nel mezzo, Bolzoni ha finalmente rotto gli indugi, mostrandosi centrocampista di personalità, spessore agonistico e buone geometrie, talmente sicuro dei propri mezzi da tentare frequenti incursioni offensive, spesso baciate dal successo; il tutto, mentre Di Gennaro, fra mille difficoltà, ha saputo regalare scampoli di buon calcio (ma ha i mezzi per poter dare di più) e Verre ha cominciato a uscire dal bozzolo, facendo balenare le sue notevoli doti di fantasia e visione di gioco. Discorso a parte per Barreto, una sicurezza, elemento cardine della manovra, soprattutto nelle vesti di ispiratore dell'attacco.ATTACCO DALLE MILLE FRECCE - Già, l'attacco. In avanti, come detto, in molti hanno dato il loro contributo: Hernandez si è confermato bomber da Serie A, ma le notizie più belle sono arrivate dal giovane Belotti, pienamente convincente ala sua prima vera esperienza nel football d'alto livello, e da Lafferty, puntuale sotto rete come un orologio svizzero, scommessa straniera azzeccatissima. E anche Vazquez ha saputo ritagliarsi spiccioli di gloria, movimentando il fronte offensivo coi suoi guizzi e apponendo infine, in quel di Novara, il sigillo sul ritorno nella massima categoria.
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