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Peace food. I benefici fisici e spirituali dell’alimentazione vegana. Di Rudiger Dahlke. Con 30 ricette vegane di Dorothea Neumayr. Edizioni Mediterranee

Da Labalenavolante

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In quale misura il cibo influenza il nostro benessere fisico spirituale?

Rudiger Dahlke, medico del digiuno e naturopata, fondatore del Centro di Guarigione Olistica di Johanniskirchen, autore di Peace food, i benefici fisici e spirituali dell’alimentazione vegana ( Edizioni Mediterranee, 250 pp, 2014 ), indaga come raggiungere una maggiore centratura fisica e spirituale, in equilibrio con noi stessi e l’ambiente che ci circonda.

In particolare Dahlke esamina l’importanza della scelta alimentare, affermando che il cibo ideale è vivo e crudo, da preferire agli alimenti ‘morti’, ossia di origine animale o sottoposti a trattamenti di raffinazione.

Chi mangia carne infatti incorpora, nel senso letterale del termine, anche la sofferenza e il tormento degli animali. Non solo. A un livello più ampio, sul piano spirituale, porre fine alla carneficina degli animali costituirebbe un enorme alleggerimento per l’umanità, in particolar modo ovviamente per quanti ingegneri progettano i macchinari della morte dei mattatoi, per i proprietari, i dirigenti, gli azionisti, per la grande quantità di persone direttamente coinvolte all’interno degli animalifici, per i trasportatori e i macellai. Nella restante popolazione spesso questi mestieri provocano ripugnanza.Perché allora non dovrebbe ripugnarci l’esito finale di tutta questa catena, ovvero la bistecca nel nostro piatto?

All’inizio del 2011 trecento docenti universitari tedeschi hanno preteso apertamente l’abbandono delle pratiche zootecniche intensive. “Nell’allevamento di massa gli animali vengono trattati secondo modalità che dovrebbero essere fonte di vergogna per la nostra società”, così inizia il loro appello.

Peace food è stato scritto con lo scopo di fare un passo avanti verso un mondo migliore, come scrive Dahlke nell’appendice al libro, dove racconta quando, dopo una visita allo zoo di Berlino decise di dedicare la propria vita a liberare gli animali dalle gabbie, non solo quelle visibili, ma anche quelle nascoste alla nostra vista, quelle degli allevamenti.

Personalmente mi sono ritrovata molto nelle sue parole, quando descrive il senso di sollievo nel non contribuire quantomeno col proprio comportamento a tutto lo strazio dell’allevamento intensivo e l’importanza della parola, scritta o sotto forma di dialogo con gli altri, per tentare di ridurre il dramma cui sono sottoposti gli animali a causa del nostro ‘non vedere’.

( immagine tratta dal web )

( immagine tratta dal web )

I primi capitoli sono dedicati ad esplorare alcune delle malattie più frequenti dei Paesi occidentali ( problemi cardiovascolari, colesterolo, tumori, malattie autoimmuni, obesità, diabete ed osteoporosi ), partendo da studi scientifici che dimostrano la loro correlazione con il consumo di alimenti di origine animale, tra cui in particolare The China study di Colin Campbell.

L’autore prosegue esaminando la condizione degli animali destinati al macello. La lettura in questa parte si fa più ‘pesante’, perché tale è la condizione degli allevamenti ( molte delle testimonianze riportate da Dahlke in questa parte sono tratte da Se niente importa, di Safran Foer ). Leggere queste pagine è duro come può esserlo il confronto con l’Ombra, scrive Dahlke, dal momento che gli attuali mattatoi e l’industria della carne ci mettono davanti alla nostra Oscurità più profonda.

Il grado di crudeltà imperante nella fabbriche di animali non è immaginabile per la maggior parte di noi neppure nel peggiore degli incubi. L’unico nostro desiderio è non rivolgervi lo sguardo, non vedere e neppure percepirne la realtà e l’importanza.

Il confronto con questa parte risulta però necessario, dal momento che volendoci liberare dalla condizione malata del nostro mondo, dobbiamo innanzitutto affrontarla.

Su cento animali di cui ci nutriamo, novantotto provengono da un allevamento intensivo e non hanno mai nemmeno vissuto. Non hanno mai visto prati, sole o cielo. Eppure veniamo spinti al loro consumo ( e quindi ‘manipolati’ ) grazie a immagini idilliache di belle fattorie. Ci mostrano mucche pacifiche che pascolano su prati montani, contadini che chiamano per nome i propri animali: immagini che vogliono passare il messaggio di un ‘mondo sano’ e un ‘amore per la terra’ da cui ci lasciamo abbindolare per giustificare l’orrore.

Gli animali di cui ci nutriamo vegetano dentro capannoni in cui sono rinchiusi per poter acquisire quanto più peso possibile nel minor tempo. Animali sotto stress, spaventati a morte, senza spazio fisico e vitale, privati della dignità di Esseri Viventi.

Peace food è un titolo che richiama alla pace, perché anziché continuare a dichiarare guerra al nostro corpo, agli altri esseri umani, agli animali e alla Terra, abbiamo la possibilità di portare pace e realizzarla mangiando.

A ogni pasto abbiamo la possibilità di scegliere tra prodotti di origine cruenta e raccolti agricoli, tra guerra e pace. Si tratta di una scelta di estrema rilevanza, nella misura in cui viene compiuta tre volte al giorno e oltre mille ogni anno: quindi all’incirca 80.000 volte nel corso della vita.

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L’uomo medio, nella moderna società occidentale, consuma nel corso della sua vita circa 20.000 animali.

V’è in questo strazio una buona notizia, scrive Dahlke, ossia la certezza di poter salvare fino a 20.000 animali grazie a una semplice decisione presa tempestivamente. Qualora questa scelta avvenisse a metà della nostra vita, salveremmo pur sempre 10.000 creature.

Ogni singolo individuo, quindi, con le sue personali decisioni, esercita una notevole influenza.

Nella terza parte del libro, l’autore esamina i vantaggi di una dieta vegan non solo a livello fisico, ma anche spirituale ed energetico. La vita degli animali in allevamento spesso è ancor più crudele della loro morte ed è importante diventare consapevoli delle conseguenze anche spirituali di quanto stiamo infliggendo loro, perché chi mangia animali ne incorpora anche la sofferenza, la conterrà dentro di sé, trascinandosela addosso.

Chiude il libro un ricettario vegan a cura di Dorothea Neumayr, talentuosa cuoca insignita del celebre cappello Gault Millau. Ingredienti vegetali il più possibile integrali e freschi, preferibilmente acquistati da un contadino di fiducia e stagionali. E’ questa la spesa ideale per uno stile di vita sano e ricette vegane etiche e gustose, assolutamente da provare!

Io per ora ho sperimentato la sua insalata con pomodori e pesche, la stessa che ho condiviso con voi nello scorso post ;-)

E voi? Avete già letto questo libro? E se sì, che ne pensate? Su su non siate timidi, sono curiosa dei vostri pareri!

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