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Mentre resta alta la tensione attorno alla crisi di Grecia, a Piazza Affari tengono sempre più banco voci e indiscrezioni che riguardano il destino di alcuni tra i principali gruppi quotati sul listino finanziario milanese.
Così è, se vi pare: da qualche giorno a Piazza Affari pur restando elevata la tensione attorno alla crisi di Grecia (tanto che il rendimento del Btp a 10 anni è stasera pari al 5,655% e lo spread col Bund tedesco vale 376 punti base, nonostante gli ulteriori buoni risultati delle aste di titoli di stato spagnoli e francesi dopo quelli di Italia, Germania e persino Portogallo e Grecia dei giorni
scorsi) e pur essendo sempre più evidente che le misure di rigore fiscale fortemente volute dalla Germania stanno agendo da freno sulla crescita europea (tanto che tutti i principali paesi membri di Eurolandia hanno chiuso il quarto trimestre del 2011 con un Pil in rosso e non ci sono molte speranze che possano andare meglio nei primi tre o forse sei mesi dell’anno), l’attenzione degli operatori è tornata a concentrarsi su storie di possibili operazioni straordinarie condite più di indiscrezioni e ipotesi che da certezze.
Così Parmalat si è messa in luce per qualche seduta per la voce di un possibile delisting da parte di Lactalis o in alternativa la possibilità che il gruppo francese deliberi la distribuzione di un maxi dividendo; Impregilo vola dopo che Salini Costruttori si è portato dal 15% al 20% in attesa che il gruppo Gavio rilevi l’ultimo 33% di Igli in mano al gruppo Benetton salendo al 100% della holding che controlla il 29,9% di Impregilo per poi, secondo i ben informati, fonderla non col costruttore romano (per dare vita al nuovo leader italiano del settore davanti ad Astaldi), ma con Itinera, società del gruppo tortonese a sua volta attiva nel comparto delle costruzioni. Mossa cui Salini potrebbe rispondere lanciando un’Opa totalitaria, per la quale tuttavia il gruppo romano, reduce dall’acquisizione del gruppo Todini non sembra avere la forza (avendo già sfruttato a fondo la leva fiananziaria per salire all’attuale 20% ed essendo difficilmente disponibili in questo momento altre banche pronte a finanziare un’Opa che potrebbe costare fino a mezzo miliardo di euro).
In campo finanziario a tener banco, in attesa della prossima Ltro con cui la Bce potrebbe iniettare da 500 a 1000 miliardi di ulteriore liquidità a 3 anni al tasso fisso dell’1% già a fine mese, sotto i riflettori sono da un lato il gruppo Mps, dopo l’uscita di scena del costruttore romano Francesco Gaetano Caltagirone che ha rapidamente liquidato il suo 5%, dando le dimissioni dal Cda di Rocca Salimbeni, per reinvestire, pare, in azioni UniCredit (pur restando sotto la soglia del 2% e senza che per ora trapeli ufficialmente l’intenzione di entrare nel Cda di Piazza Cordusio, istituto che a Caltagirone deve evidentemente ispirare possibili lucrosi affari in campo immobiliare) e in vista della cessione da parte di Fondazione Montepaschi (attualmente socia con oltre il 48% dell’istituto) di un 15% per ridurre il proprio indebitamento (quota che pare piacere al fondo Equinox di Salvatore Mancuso, alla finanziaria bresciana Hopa e alla francese Bnp Paribas, già presente in Italia attraverso la controllata Bnl).
Dall’altro si continua a guardare l’evolversi della vicenda che vede il gruppo bolognese Unipol (controllato da Finsoe, holding che riunisce le principali cooperative “rosse” emiliane) impegnato nel “salvataggio” dell’ex impero Ligresti (imprenditori da sempre esponenti del capitalismo famigliare italiano ricco di salotti buoni ma molto meno dotato di capitali, specie societari) in accordo con Mediobanca (creditore di rilievo tanto di Fondiaria-Sai quanto di Unipol) e UniCredit (che di Fondiaria-Sai ha il 7%).
Un salvataggio che ad alcuni è apparso alquanto poco riguardoso del mercato sia perché l’arbitro (il presidente della Consob, Giuseppe Vegas, già viceministro all’Economia del governo Berlusconi) è intervenuto nel gioco “consigliando” i protagonisti della vicenda su come strutturare in modo più “equo” l’offerta (cosa che ha portato a far sparire alcuni “privilegi” accordati in prima battuta ai Ligresti ma che non ha per ora comportato, anzi, il lancio di alcuna Opa quanto piuttosto la richiesta di ulteriori mezzi freschi da parte dei soci di minoranza di Premafin e FonSai), sia perché l’irruzione sulla scena di Palladio Finanziaria di Vittorio Meneguzzo e Sator di Matteo Arpe non si capisce quanto sia un’azione di disturbo che mira solo ad addolcire i termini dei futuri concambi o a strappare qualche asset di pregio immobiliare o assicurativo che sia, quanto un vero contrattacco (magari sapendo di poter contare su ulteriori alleati come il gruppo Axa), quanto ancora una mossa tesa in realtà a consolidare la presa di controllo di Unipol e Mediobanca su FonSai per sottrarla proprio alle eventuali mire di concorrenti stranieri pronti ad usarla come cavallo di Troia per dare l’assalto a Generali nel suo mercato domestico. Come si vede di carne al fuoco, anzi di chiacchiere da salotto, ce n’è in abbondanza, molto più che non numeri concreti. Ma di questo ormai non mi stupisco davvero più, in fondo siamo in Italia, non a Wall Street. fonte
di Luca Spoldi...laurea alla Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli.
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