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Piccoli transgender crescono…felici

Da Psicologiagay
 

Perchè Dio mi ha fatto in questo modo?”, “Io non mi piaccio“, “Odio me stesso“, “Vorrei che Dio mi riportasse tra le nuvole e mi facesse tornare sulla terra come ragazza“. Queste e altre affermazioni urlavano il dolore di Mike, che a 3 anni per Halloween voleva travestirsi Dora l’esploratrice, e invece si è dovuto accontentare di Darth Vader, che a cinque voleva essere Gabriella Montez, una delle star di High School Musical, che per ogni compleanno sceglie un tema da ragazza, e puntualmente passa al cugino i regali da maschio che riceve.

I genitori di Mike, i Benders, ci hanno messo poco a capire che il desiderio di Mike di essere una ragazza era molto diverso dal desiderio del loro primo figlio di essere Superman, ma non è stato facile per loro assecondarlo, soprattutto all’inizio, quando la preoccupazione rispetto all’opinione degli altri era molto forte.

Piccoli transgender crescono…felici

photocredit: blog.donnamoderna.com

Io volevo una vita normale” dice il padre di Mike “Ma poi devi pensare a chi stai cercando di proteggere. Te stesso o tuo figlio? Le persone potrebbero dire: non posso credere che tu stia facendo fare questo a tuo figlio, è un abuso, ma ti dirò io cos’è un abuso, il suicidio. Vuoi avere una figlia viva, o un figlio morto?“.

All’inizio Mark ha condotto una sorta di doppia vita, o una vita a metà: durante il weekend e dopo la scuola era una ragazza, ma a scuola era un ragazzo. Poi è diventato chiaro che questa soluzione andava bene per i genitori, ma non per Mark, ed è diventata insostenibile. All’età di sei anni Mark ha partecipato alla festa in piscina organizzata dalla squadra sportiva del fratello in bikini, e, al suo settimo compleanno, la scritta sulla torta diceva Molly, e non Mark.

Al momento Molly sembra avere totalmente eliminato ogni segno del suo passato da maschio: la sua camera ha pareti lilla piene di poster di Hannah Montana, il suo armadio è pieno di abiti rosa è ha un beauty case pieno di gioielli, smalti e trucchi. Ma la cosa più importante è che Molly a nove anni è una bambina dinamica, vivace, desiderosa di parlare con gli altri di tutte le cose che ama, e non si direbbe mai, guardandola, che ha alle spalle un’infanzia infelice. La transizione per Molly non è una storia antica, superata, ma la storia di qualcun’altro, è qualcosa che è successo a Mike, e non a lei. Molly sa di essere ancora biologicamente un ragazzo, ma al momento, sembra essere talmente serena da poterci scherzare su.

I Bender hanno frequentato il “Gender and Family Project” all’ “Ackerman Institute for the Familydiretto dalla psicoterapeuta Jean Malpas, partecipando a degli incontri di gruppo per genitori di bambini transgender. I genitori che partecipano a questi gruppi hanno un desiderio comune: avere la conferma di fare la cosa giusta, e avere supporto per i loro problemi, che si rivelano essere comuni, come ad esempio come spiegare la situazione ai nonni, ai parenti e agli amici.

I ragazzi, invece, hanno atteggiamenti più vari: alcuni hanno solo bisogno di ottenere la libertà di sperimentarsi senza dover affrontare le critiche altrui, e la loro non-conformità potrebbe essere soltanto transitoria. Per altri, la discrepanza tra identità biologica e psicologica può essere molto dolorosa, e permanente. Per questo motivo nel DSM, nella prossima revisione, si sta cercando di riconfigurare l’approccio ai disturbi dell’identità di genere, concentrandosi meno sull’identità di genere in se e più sulla disforia, sull’angoscia e lo stress della persone che vive questa situazione.

Photo credit: mamapop.com

 

Secondo la Malpas, si tratta di una differenza cruciale: “la disforia di genere non è una psicopatologia, e nella grande maggioranza dei casi, non è determinata da altre psicopatologie“, inoltre bisogna considerare che “i problemi generalmente vengono dall’esterno. Se una bambina di 8 anni deve affrontare momenti duri a scuola a causa dei suoi capelli corti o dei vesiti da ragazzo. ed è vittima di bulli per questo, non è patologia, è il mondo!“.

La cosiddetta transizione sociale, che ha permesso a Mark di diventare Molly all’età di 7 anni, è soltanto l’inizio di un lungo percorso. Il protocollo più utilizzato per la transizione prevede che le cure ormonali (testosterone per i transessuali da femmina a maschio, ed estrogeni per le transessuali da maschio a femmina) inizino a 16 anni. Questa fase spesso viene definita transizione medica, e segna l’inizio del processo di modificazione del corpo determinato chimicamente. La transizione chirurgica, è solitamente rimandata fino ai 18 anni, o l’età in cui la persona ha l’età prevista dalla legge per poter fornire un consenso informato. Il problema è che a 16-18 anni i bambini transgender sono diventati ormai adolescenti, e hanno sviluppato tutte le caratteristiche del genere a cui sono sicuri di non appartenere: gli interventi medici e chirurgici avvengono troppo tardi.

Considerate queste premesse, nell’ultima decade gli endocrinologi hanno individuato una possibile alternativa: l’utilizzo di ormoni sintetici chiamati bloccanti della pubertà, che impediscono lo sviluppo dei caratteri secondari. In questo modo all’inizio della terapia ormonale di transizione vera e propria, a 16 anni, questi ragazzi possono vivere l’adolescenza nel genere desiderato, invece che in quello biologico.

La decisione di somministrare questi bloccanti per i genitori è sempre molto difficile: spesso la disforia di genere viene percepita dai genitori come passeggera, frivola, non importante, e i bloccanti vengono percepiti come farmaci dannosi. Invece di prendere una decisione così netta e definitiva molto presto, i genitori preferiscono a volte lasciare che il proprio figlio si sperimenti: il problema sta nel grado di tolleranza della società, che spesso prende di mira le ragazze maschiaccio e, in misura ancora maggiore, i ragazzi effeminati.

La persistenza è un fattore cruciale nella diagnosi del transgenderismo, e uno dei motivi per cui i genitori rifiutano i bloccanti della pubertà è il fatto che le prove di questa persistenza possono essere equivocate. Alcuni studi mostrano che meno di un quarto dei bambini a cui è stata diagnosticata una disforia di genere in età prepuberale continuano la trasformazione da adulti, ma questi numeri tengono conto anche di chi lascia gli studio o non viene selezionato per accedere alla trasformazione chirurgica.

Nonostante tutti i dubbi i Bender sono pronti: somministreranno a Molly i bloccanti della pubertà non appena il medico dirà loro che è arrivato il momento. Del resto, dice la madre “noi potremmo violare i suoi diritti come essere umano di avere un’infanzia autentica e di essere una persona autentica in questo mondo, e di vivere nel modo che le è più congeniale“.

Ci saranno anche in Italia genitori così rispettosi dell’identità e del modo di sentire dei propri figli?

 


 


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