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Portare in fascia

Da Pachamamae
Che poi sia tutto realmente così come leggerete sotto, può darsi... Di certo è che, a lei piace essere così vicina, così cullata, così scaldata... E a chi non piacerebbe? In una fase della vita in cui la comunicazione è fatta di emozioni trasmesse attraverso i sensi credo che questo  modo di portare i bimbi, anche solo nei movimenti entro le mura di casa, sia bellissimo per entrambi, senza mettere in conto l'ovvia comodità in certe situazioni: a volte fa comodo avere liberi entrambi gli arti superiori!
Portare in fascia La teoria dell’attaccamento proposta da J. Bowlby (1969,1973,1980), afferma che il neonato nasce predisposto a stabilire dei legami di attaccamento con le figure della propria specie.


L’attaccamento materno si esprime attraverso un certo numero di risposte istintuali che compaiono in tempi successivi: si tratta essenzialmente di cinque modelli di comportamento (succhiare. aggrapparsi. seguire, piangere, sorridere) che permettono la sopravvivenza, perché provocano le cure materne e rendono possibile il contatto tra il neonato e sua madre.

Portare in fascia

Fascia ad anelli
Secondo me la più comoda per iniziare a "portare"


Come il bambino suscita ella madre delle risposte di cure e di affetto, così le cure materne suscitano delle risposte di affetto da parte del bambino.
Si tratta di una relazione reciproca, in cui il bambino non è certamente passivo anche se l’azione modellante dell’adulto è senz’altro più incisiva, data la posizione di dipendenza in cui il bambino si trova.
Gli studi di H.F. Harlow (1958) hanno permesso di stabilire che sono soprattutto il calore e l’affetto che il bambino riceve a far si che il legame di attaccamento si rinforzi. Le scimmie neonate osservate da Harlow, una volta ricevuto il nutrimento dalla scimmietta di ferro, si rifugiavano accanto ad una scimmietta di panno soffice, che non era in grado di dispensare loro cibo, ma che tuttavia sentivano come figura di attaccamento perché vi si avvicinavano ogni volta che avevano paura ed avevano bisogno di essere rassicurate.
Gli studi di Harlow portarono ad ipotizzare che qualcosa di simile potesse accadere anche nel bambino e successivi esperimenti hanno confermato questa ipotesi evidenziando che il soddisfacimento del bisogni di cibo non è il solo responsabile dell’attaccamento. La comunicazione è un fattore molto importante nel contribuire a rafforzare i legami di attaccamento e questo si può cogliere fin dai primi giorni di vita perché l’essere umano struttura delle sequenze comunicative con le persone del suo ambiente che sono alla base dell’attaccamento e via via divengono più specifiche. Trovano così giustifìcazione due paure caratteristiche che compaiono nella seconda metà del primo anno di vita: la paura dell’estraneo e l’ansia di separazione. Il bambino quando è separato dalla sua figura di attaccamento, si trova con qualcuno che si esprime in un linguaggio diverso da quello che lui conosce, qualcuno che può capire e non capire i suoi richiami, i suoi approcci sociali. In genere la persona che si prende cura del bambino ne conosce i bisogni ed modi espressivi ed è anche in grado di fornire risposte specifiche a specifici segnali. La continuità del legame è garantita non tanto dalla quantità del tempo trascorso in compagnia del bambino, quanto dalla significatività e regolarità delle interazioni. Non è necessario che la madre sia sempre presente, ma è importante che sappia cogliere i segnali emessi dal bambino, che non vi siano lunghi periodi di separazione e che in sua assenza il bambino possa rivolgersi ad altre persone, quelle che Bowlby definisce “figure di attaccamento secondarie”.
La presenza di diverse figure di attaccamento non danneggia il bambino a patto che ciascuna di esse sia gradita e che tra loro esista un certo accordo.
E’ fidando nel regolare ripresentarsi delle varie componenti ambientali e nell’appoggio delle figure di attaccamento che il piccolo si rende autonomo e diventa capace di fronteggiare i cambiamenti e le novità spiacevoli. Non appena, infatti, egli è in grado di muoversi, un altro componente, altrettanto indispensabile alla sopravvivenza quale è l’attività esplorativa assume un ruolo centrale. Si ha così una sorta di equilibrio tra la tendenza che lo spinge a stare unito alle figure di attaccamento per ricevere protezione e la tendenza ad allontanarsene per acquisire nuovi apprendimenti e stabilire nuovi contatti. Bowlby, quindi, riserva una grande attenzione, all’esigenza del bambino di stabilire questo intenso legame con la madre, attraverso due variabili significative: la sensibilità della madre nel rispondere ai segnali del bambino e la natura dell’interazione madre-bambino. Sono stati molto importanti a livello teorico, gli studi degli allievi di Bowlby, soprattutto di M.Ainsworth (1978), la quale ha progettato una tecnica chiamata “Strange Situation”, per valutare il tipo di attaccamento del bambino al caregiver. Sulla base delle osservazioni di laboratorio M. Ainsworth ha individuato tre tipi diversi di attaccamento per descrivere il modello di risposta del bambino al genitore insieme al quale è osservato: “sicuro”, “evitante”, “ansioso-resistente” con un quarto sottotipo definito “disorganizzato”, identificato più recentemente da M. Main e J. Solomon (1990). All’attaccamento sicuro vengono classificati tutti quei bambini che protestano energicamente quando la madre si allontana, si avvicinano quando ritorna, e si calmano prontamente per effetto di questo riavvicinamento. Inoltre. le madri di questi bambini si dimostrano sensibili ed attente ai loro segnali durante gli episodi di alimentazione, di pianto e di sofferenza. All’attaccamento evitante vengono classificati quei bambini che non protestano quando la madre si allontana, ed evitano il contatto con lei quando ritorna: il comportamento di questi bambini appare orientato e organizzato, anche se nella direzione dell’evitamento piuttosto che in quella ovviamente più desiderabile dell’avvicinamento alla madre. Solitamente le madri di questi bambini scoraggiano l’attaccamento e sottovalutano la sofferenza individuale, valorizzando troppo precocemente l’autonomia del loro bambino. All’attaccamento ansioso-resistente vengono classificati quei bambini che protestano per la separazione e ricercano il contatto al momento della riunione, come quelli il cui attaccamento è sicuro, ma a differenza di questi non si calmano per effetto del rinnovato contatto con la madre: piuttosto, continuano nella loro protesta anche mentre la madre tenta di consolarli, come se resistessero a questi tentativi di conforto materno. Sono bambini che vivono in un ambiente imprevedibile, in cui la madre ha dei comportamenti molto oscillanti e contrastanti che comportano nel bambino stesso una difficoltà a prevederne il comportamento. All’attaccamento disorganizzato vengono classificati quei bambini che durante l’assenza della madre piangono e la chiamano, cercano di aprire la porta, per poi al momento della riunione rimanere in silenzio, evitandola e ignorandola. I bambini che presentano un attaccamento disorganizzato non gestiscono in modo coerente l’angoscia e la e la tendenza all’avvicinarsi attraverso l’evitamento e lo spostamento, come avviene nel modello dell’attaccamento evitante; e neppure esprimono in modo coerente la loro angoscia alla separazione e cercano attivamente il contatto quando la madre ritorna, come accade nel modello sicuro e ansioso-resistente. Al contrario, sia la tendenza all’avvicinarsi sia la tendenza all’evitamento, sembrano essere attivate contemporaneamente e in competizione per esprimersi. Pertanto il termine “disorganizzato” si riferisceall’evidente mancanza, da parte del bambino, per organizzare risposte al bisogno di conforto e sicurezza in situazioni di stress.Solitamente un comportamento del genere viene osservato in bambini di madre depresse, maltrattanti o alcoliste. Dagli studi condotti da M. Main et. al. (1985) si scopri che la qualità dell’attaccamento dei bambini ai genitori è correlata in maniera sorprendente a specifici modelli di risposta genitoriale che possono essere valutati attraverso l”Adult Attachment Interview”. Si tratta di un’intervista strutturata ed aperta che venne usata per raccogliere i ricordi che i genitori avevano delle proprie figure di attaccamento infantili e i loro pensieri sul significato delle relazioni in genere. Dall’analisi di questi colloqui, risultaronoquattro tipi di attaccamento adulto: libero autonomo(F), distanziante(D), preoccupato(E) e disorganizzato(U). Gliadulti che vennero classificati come “autonomi (autonomotìs), valorizzavano le relazioni e ledescrivevano in modo coerente ed aperto. Gliadulti che vennero classificati come “distanzianti” (dismissing) svalutavano l’importanza delle esperienze e delle relazioni infantili, in generale, e sminuivano gli effetti delle loro stesse esperienze relative all’attaccamento. Gli adulti che vennero classificati come “preoccupati”(preoccupied) descrivevano le loro relazioni di attaccamento, mostrando, una particolare dipendenza ed unaeccessiva preoccupazione per la famiglia d’origine. Molto spesso, la rabbia incontrollata impediva loro di fornire una visione chiara e oggettiva delle loro esperienze infantili. Gli adulti che vennero classificati con “attaccamento disorganizzato” (unresolved) descrivevano le loro storie relazionali con estrema difficoltà, infatti i loro ricordi erano molto vaghi e difficilmente accessibili alla memoria . Queste categorie di attaccamento nell’adulto predicono rispettivamente i quattro tipi di attaccamento infantile osservati nella Strange Situation della M.Ainswotth (1978) precisamente: l’attaccamento sicuro(i)), evitante(A), resistente(C) e disorganizzato(D). Infatti, l’ipotesi psicodinamica suppone che i genitori che hanno accettato e integrato le proprie esperienze infantili sono nella situazione migliore per fornire delle cure sensibili ai loro bambini e per promuovere in loro un sentimento di sicurezza (attaccamento sicuro). Viceversa i genitori che mostrano difficoltà e paura ad elaborare le loro storie relazionali, si mostrano poco sensibili anche a promuovere l’attaccamento verso i loro figli, mettendo quest’ultimi nella condizione di sperimentare o un attaccamento evitante o resistente o disorganizzato. Qualora, ad esempio, la madre abbia avuto una propria storia di attaccamento ansioso è molto probabile che anche il comportamento di attaccamento verso il suo bambino sarà conflittuale e tale pattern potrà essere di conseguenza trasmesso al bambino, manifestandosi anche nel contesto specifico dell’alimentazione. Questo filone di studio ha messo in evidenza come la valutazione emotiva dei costrutti relazionali abbia un valore predittivo estremamente importante in quanto influenza le relazioni sociali e il comportamento individuale. IL NOSTRO RAPPORTO CON IL BAMBINO INFLUENZERÀ IL SUO CARATTERE, LA SUA AUTOSTIMA E LA SUA CAPACITÀ DI RELAZIONARSI CON IL MONDO E LE PERSONE, PER QUESTO DOBBIAMO IMPARARE AD ESSERE LE PERSONE MIGLIORI DA IMITARE PER I NOSTRI FIGLI! Fonte:  Bonding e attaccamento  http://www.bimbonaturale.org/node/92

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