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Produrre un edificio con la fabbricazione digitale additiva

Creato il 15 marzo 2015 da Karlus71
Produrre un edificio con la fabbricazione digitale additivaLa fabbricazione digitale additiva fa notizia, gli esempi le esperienze sperimentali in ambiti disparati, anche lontani tra loro, si moltiplicano in tutto il mondo. Una prima curiosa osservazione riguarda il fatto che una tecnologia nata per la rapid prototyping si stia evolvendo in rapid manufacturing. Altrettanto curioso il fatto che si abbia a che fare con un salto di scala apparentemente improbabile: "dal cucchiaio alla città" era uno slogan modernista, coniato da Ernesto Nathan Rogers e figlio della dottrina proveniente dalla scuola di Ulm, riguardante la pratica e il metodo progettuale che oggi potremo, per assurdo, ampliare alla costruzione vera e propria.

Quali sono le caratteristiche della additive manufactoring (AM) applicata all’architettura e all’edilizia? Cosa distingue questo possibile nuovo paradigma costruttivo? Quanto l'approccio tecnologico può impattare su nuovi esiti architettonici?

  • E se un singolo laterizio fosse grande come un granello di sabbia? La sostituzione della manualità con il controllo numerico concesso dalle macchine rende possibile usare la materia come se i componenti costitutivi alla base di una costruzione fossero infinitamente piccoli e manipolabili.
  • Il passaggio tra momento progettuale e momento costruttivo tende a sovrapporsi e la "sublimazione" degli atomi in bit rende Sostanziale la corrispondenza tra modello virtuale e costruzione fisica. Ciò fa si che questa tecnologia sia ampiamente scalabile. 
  • Altro transfer tra mondo digitale e mondo delle costruzioni ha a che fare con la grandezza della "risoluzione". Siamo abituati ad associare questa grandezza alla descrizione qualitativa delle immagini digitali di tipo raster. Sembra innaturale ma gli oggetti architettonici o i componenti edilizi generati dalla fabbricazione digitale additiva potranno essere descritti, nella loro accuratezza realizzati a, attraverso la risoluzione dei layer orizzontali di stampa ovvero tramite la capacità della macchina nel gestire un accurato slicing.
  • Così come la stampa 3D porta ad una riduzione dell’assembly nel caso della rapid manufacturing  allo stesso modo introduce alcune semplificazioni di processo nella fabbricazione della cosa edilizia, sopratutto riguardo gli spazi ricavati “in negativo”, ovvero all’interno delle perpetrazioni e delle membrature. Mi riferisco all’impiantistica e alla capacità di gestire cavità anche di piccole dimensioni e di farlo esattamente là dove serve.
Oggi sono due principalmente le strade che l'AM percorre rispetto la produzione sperimentale: una persegue il tentativo di realizzare un corpo di fabbrica in situ, l'altra punta alla prefabbricazione di elementi e componenti costruttivi, fino a spingersi a reinterpretare l'elemento basico del laterizio (Polybrick). Nel primo caso il campo applicativo è orientato a situazioni emergenziali ed estreme, come il caso del Contour Crafting in fase di studio dalla Nasa per realizzare costruzioni sulla superficie lunare.

Le applicazioni della stampa 3D, sino a poco fa, sembravano orientate a casi lontani rispetto ai temi dell’edilizia. Tuttavia la scalabilità tecnologica della fabbricazione digitale additiva ha fatto si che le esperienze più prossime all’oggetto architettonico si stiano rapidamente moltiplicando, con esiti e obiettivi differenti. Di certo questa fase esplorativa porta alla luce nuove attese: 
  1. la rappresentazione del progetto (bit) e il suo farsi “cosa architettonica” (atomi) tendono a divenire due entità apparentemente sovrapponibili. Questo porterà, in prospettiva, ad una ridefinizione del rapporto tra progetto e cantiere
  2. il processo di produzione fortemente automatizzato rende la stampa 3D particolarmente adatta a situazioni di antropizzazione estreme o d’emergenza,
  3. la possibilità di gestire morfologie complesse (prima appannaggio di lavorazioni puramente artigianali) fanno sì che si configuri una vera e propria frontiera sperimentale. Se usciamo dal campo d'azione tipico della fenomenologia comunemente indicata come AM e apriamo lo sguardo verso ulteriori possibilità concesse dall'automazione robotica, scopriamo che il controllo di forme complesse non si limita solo alla fase progettuale (grazie ai software procedurali e parametrici come Grassoppher) ma sconfina  nella fase costruttiva e di assemblaggio, sia per cantiere "umidi" che "a secco". Uno sguardo alle esperienze dell'ETH di Zurigo aiuta a capire l'enorme spettro applicativo in questo senso.
SeNSoRe, il blog di Carlo De Mattia

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