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Quando la Fantascienza si dà al Giallo: I Racconti dei Vedovi Neri

Creato il 22 dicembre 2014 da Dietrolequinte @DlqMagazine
Quando la Fantascienza si dà al Giallo: I Racconti dei Vedovi Neri

"Nell'ultimo quarto di secolo il genere del giallo aveva subito un'evoluzione, e i miei gusti no. Oggi il giallo è inzuppato di alcol, imbottito di droga, marinato nel sesso e rosolato nel sadismo, mentre per me l'ideale degli investigatori resta Hercule Poirot, con le sue cellulette grigie". Era il 1974 quando Isaac Asimov chiariva la sua posizione nei confronti di questo tipo di letteratura. Ma qual era il contesto in cui il celebre scrittore di fantascienza esternava le sue convinzioni sul poliziesco? Era proprio nell'introduzione alla sua prima sortita nel mondo del giallo con I racconti dei Vedovi Neri, da noi letto nell'edizione minimum fax (titolo originale: Tales of the Black Widowers - traduzione di Mario Fois).

Dal 1971, dopo un silenzio narrativo durato un decennio, l'autore di origine russa aveva ricominciato a scrivere per divertimento personale brevi racconti pubblicati dalla mitica Ellery Queen's Mystery Magazine. Il piacere della nuova strada intrapresa, unita a un soddisfacente riscontro di pubblico, lo spinse a raccogliere queste brevi novelle in raccolte organiche. Con I racconti dei Vedovi Neri conosciamo per la prima volta l'omonimo club di gentiluomini newyorkesi e le loro avventure da salotto, o per meglio dire da ristorante. Essi infatti si riuniscono una volta al mese nello stesso locale con l'obbligo tassativo di lasciare a casa le mogli, serviti sempre dal flemmatico cameriere Henry. Le riunioni, prima casualmente poi via via sempre più intenzionalmente, si trasformano in appassionati tentativi di risoluzione del mistero che l'ospite del mese porta con sé. Nonostante le sei eccelsi menti che partecipano a questi convegni a dare la soluzione interviene sempre colui che è stato insignito del titolo di membro onorario, e cioè il cameriere Henry. Asimov non vuole innovare il genere e, come si evince dalla sua introduzione al libro, egli ha scelto di avvicinarsi al giallo da fan nostalgico piuttosto che da critico. Lo scrittore russo si incasella coscienziosamente nella direzione del mystery deduttivo di matrice britannica, da Agatha Christie a Arthur Conan Doyle fino ad arrivare al primo S.S. Van Dine.

"Il merito è dei Vedovi Neri, che sviscerano il problema; io mi limito a raccogliere quello che rimane"

Così Asimov propone in ogni racconto un enigma piuttosto semplice che i convitati iniziano a mondare dalle sue complicazioni facendo leva sul Rasoio di Occam (citato non casualmente in un racconto) per poi lasciare il campo all'intuizione finale di Henry. Come dice lo stesso cameriere in Miss cosa?: "Il merito è dei Vedovi Neri, che sviscerano il problema; io mi limito a raccogliere quello che rimane". Una sorta di ottimistica fede volteriana nel razionalismo umano percorre il libro e ad esso sono da imputare sia i pregi che i difetti di questa opera.

Da un esponente maturo del Mensa non potevamo infatti che aspettarci uno stile netto e frizzante, dialoghi arguti e psicologie ben delineate. I racconti chiedono di essere valutati a lettura ultimata a causa di una precisa ritualità che si instaura subito tra i partecipanti e che ha il tempo di svilupparsi e di deviare dal percorso stabilito nell'arco intero del volume.

Così l'idea del limerick basato progressivamente sui libri dell'Iliade che Halsted legge ogni volta agli infastiditi uditori o l'identità dell'ospite che si alterna ad ogni incontro (arrivando anche a mancare in uno di essi), perviene al divertimento proprio grazie alla scelta binaria di Asimov nel dare diversi canoni e nel trovare contemporaneamente nuovi modi di infrangerli. Si correrà a volte il rischio dell'esercizio di stile ma è pur vero che un po' di ginnastica non fa mai male. E Asimov riesce in qualche frangente anche a volare alto come nelle discussioni attorno al valore della bugia che fanno i partecipanti nel racconto A dire il vero e la successiva risoluzione del mistero che si rivela impossibile perché l'ospite ha scelto consapevolmente di mentire (qui lo scrittore sembra richiamare una delle venti regole di Van Dine per scrivere un romanzo poliziesco: gli interrogati devono dichiarare il vero). D'altra parte un tale radicato razionalismo fa sì che non si raggiungano grandi vette nel lato più meramente misterioso. A furia di togliere tutto ciò che non è scientifico, tutto ciò che è folkloristico o anche semplicemente inusuale, rimane solo la realtà (e solo quella spiegabile dall'intelletto). I commensali inoltre ragionano su reati minori come furti o fughe di segreti e questo abbassa già di suo l'asticella della partecipazione. L'unico delitto al quale si fa riferimento nel libro, contenuto nel racconto Domenica mattina presto, coinvolge indirettamente anche uno degli esponenti del club dei Vedovi Neri. E difatti, vuoi anche per l'originalità della soluzione (finalmente degna e difficilmente intuibile dal lettore) questa novella risulta la migliore della raccolta.

Un ultimo appunto ci sentiamo di farlo all'Asimov titolista, consapevole che da attento scrutinatore delle lettere dei lettori qual era, avrebbe preso la critica con la sempiterna ironia che lo contraddistingueva. Nonostante le rimostranze più volte lamentate nella Nota che chiude ogni racconto sarebbe stato meglio che avesse lasciato che l' Ellery Queen's Mystery Magazine gli avesse modificato i titoli dei racconti. I suoi erano proprio fiacchi!


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