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Quanto son lunghe le gambe delle bugie?

Da Paterpuer @paterpuer
Ci sono luoghi in cui, ovunque si vada a parare, si trova sempre qualcosa di interessante. Qui è nato qualcosa che mi ha stimolato a riflettere. Era interessante il punto di partenza, poi i commenti hanno preso un’altra via, altrettanto interessante. È nato uno spunto:la bugia

Dalle mie parti le striature bianche (le nuvolette, o meglio le lunule) presenti sulle unghie dei bambini son chiamate bugie. Una nuvoletta per ogni bugia detta. Sì, dire questo ai bambini èmentire. Però è una bella storia.

Di questi tempi scopro le bugie sulle unghie di Samuele Yannick e, magicamente, noto che inizia a raccontare le prime frottole

Paul Ekman, psicologo decisamente esperto nel campo della menzogna, rileva come molti bambini ritengano diverso il mentire dall’omettere di dire la verità

Mentire è un atto che può avere molte funzioni: si mente per proteggere (sé stessi o qualcun altro), per evitare una punizione, per trarre vantaggio da una situazione, per esercitare un dominio su qualcuno, per aggirare una situazione critica, per incoraggiare qualcuno… Poi c’è anche la menzogna patologica che però rientra in un’altra fattispecie.

L’altra faccia della medaglia è il raccontare la verità. Si può dire la verità per proteggere (sé stessi o qualcun altro), per trarre vantaggio da una situazione, per esercitare un dominio su qualcuno, per far soffrire qualcuno… Insomma, più o meno la stessa cosa. Secondo un punto di vista squisitamente filosofico la verità è sempre soggettiva mentre nel concreto esiste la realtà, che è oggettiva.

Omettere di dire la verità è un caso a sé, si tratta di un comportamento che è in qualche modo socialmente legittimato (i bambini di Ekman non hanno quindi tutti i torti): in tribunale – per esempio – si ha il diritto di non rispondere

Essere sinceri però è una forma di correttezza morale che rende solide le relazioni. Anche in un rapporto educativo o familiare c’è bisogno di sincerità (concetto che si associa non solo al dire la verità ma più in generale alla correttezza e al disinteresse). Per capire meglio è utile tentare di ribaltare la prospettiva: mettiamoci nei panni di chi “subisce” una menzogna e non solo nei panni di chi la “agisce”.

L’errore comune a noi genitori è il sottostimare la capacità e la sensibilità dei nostri figli. I bimbi – anche piccolissimi – capiscono (o comunque captano). I bimbi si sentono traditi. Quando si incrina un rapporto di fiducia la vittima può tendere a proiettare su di sé la delusione, attribuendosi colpe e responsabilità per l’accaduto. Un bambino può subire un piccolo/grande trauma se scopre che l’adulto in cui riponeva la totale fiducia gli ha mentito.

Attenzione però: nel valutare queste cose non sottostimiamo di nuovo la maturità dei nostri figli. La tipica bugia sull’esistenza di Babbo Natale non si trasformerà mai in un trauma, Babbo Natale non è cosa che riguarda l’intimo di un bambino (anzi, la scoperta di questa menzogna è quasi un rito di passaggio al mondo dei “grandi”, cosa che disarma qualsiasi possibile effetto-delusione). Una bugia che tradisce e che può far male è raccontare a qualcuno un segreto che nostro figlio ci ha confidato, o qualcosa di cui si vergogna. Questo no, non si deve fare.

Ci sono vari studi che permettono di supporre che anche i bambini di 3 anni mentano consapevolmente. Nell’esperienza di molti genitori è comune rendersi conto che già molto prima di quell’età i bambini possono raccontare qualche frottola. Un lavoro del 1984 (Wimmer, Gruber Penner) indica come per i bambini dai 4 ai 6 anni una menzogna sia tale anche se detta in buona fede (dire a un bambino che andremo a trovarlo ma non poterlo fare perché ci siammala è essere bugiardi agli occhi del piccolo). Parimenti i bambini sono in grado di dare giudizi morali sui “mentitori” assolvendo le persone che dicono bugie non intenzionali. I bambini sanno che mentire è sbagliato, lo apprendono dai genitori e lo codificano a seconda dello sviluppo del proprio senso morale. I bambini molto piccoli hanno un senso morale legato ai propri deisderi, progressivamente acquisiscono concetti morali più complessi e interconnessi con le regole sociali e le relazioni. È verso i dieci anni che i bambini iniziano a realizzare il valore della sincerità come elemento di fiducia nei rapporti interpersonali

Omettere di dire la verità o semplicemente avere un segreto da non rivelare ai genitori segna un primo passo verso l’autonomia (un po’ come per il primo “no”:  se si ha un segreto si esiste, si è qualcuno che non è i genitori).

Crescendo la menzogna diventa strumento di autonomia e indicatore di affinazione del pensiero strategico (sempre Ekman: “Il bravo mentitore tiene conto del punto di vista della sua vittima” cosa assai complicata di cui tener conto).

I casini grossi capitano sovente nel periodo dell’adolescenza perché i ragazzi tendono a costruirsi una costellazione autonoma di valori. Il senso di colpa per le bugie, trasmesso dai genitori (e legato alla relazione stessa con i genitori) può rischiare di venir meno proprio per un bisogno di autonomia. Si tratta di un fenomeno che deve allarmare solo se di proporzioni clamorose.

Come dicevano molti dei nostri padri e probabilmente molti dei loro padri: “Su tutto vale l’esempio”. Ogni relazione è un dare e avere e si ottiene anche in base alla qualità di ciò che si dà. Pretendere dai figli la verità ma essere esempio quotidiano di menzogne non funziona. Mentire sulle tasse, ai vigili, ai vicini di casa, ingannare deliberatamente qualcuno, sono tutti esempi di menzogna; esempi da cui i nostri figli imparano la menzogna come metodo e come valore in sé. Mi viene alla mente quell’episodio di un film, di cui adesso non ricordo il nome, in cui Alberto Sordi oltrepassava la coda di automobili nel traffico facendo fingere al proprio figlio un malore. Come andò a finire?

Ma quali sono le bugie che si possono (e a volte si debbono) dire ai figli? Domanda da sei milioni di dollari…

Ci sono cose della vita troppo complesse per un bimbo piccolo. Dire a un bimbo che ha perso una persona cara e vicina che questa è “andata in cielo” non è una bugia grave. La morte è un fatto senza speranza ed è difficile da comprendere. Essere in cielo è qualcosa di più possibilistico ma soprattutto più comprensibile. Quando guardo il cielo ricordo ancora le discussioni con mio padre a cui raccontavo che il mio nonno (suo padre) stava aggiustando le stelle in cielo (io ero convinto che fossero lampadine) perché “di elettricità ci capisce”. Più tardi, con calma, ho realizzato cosa fosse la morte. Questa menzogna me la porto ancora dentro come un atto d’amore (e di educazione) dolcissimo.

Incoraggiare i propri figli di fronte a una difficoltà, magari mentendo un po’ sui limiti di preparazione o bravura, affinché possano avere più fiducia in sé stessi e abbiano il coraggio
di affrontare le prove
, beh, questa è una bugia addirittura auspicabile. I bambini hanno bisogno di sentire la fiducia dei genitori. Basta non esagerare e non passare dall’incoraggiare al “montare la testa”.

Quando Samuele sa di aver commesso una marachella e non lo vuol dire si mette le mani dietro alla schiena e muove il busto a destra e sinistra. Fa così anche in momenti di timidezza (per esempio di fronte a un bambino che non conosce). Secondo Allan Pease mettere le mani dietro la schiena, l’una dentro il palmo dell’altra, è un gesto di sicurezza che indica controllo e calma

Quando invece una mano tiene il polso dell’altra o addirittura muove a tenere l’avambraccio o il gomito, siamo di fronte a uno stato di frustrazione. Più alta la mano in direzione del gomito, più alto il livello di frustrazione.

Samuele tiene le mani in modalità relax. Sono convinto che sia un gesto naturale, un istinto. Credo che questo gesto lo aiuti a non perdere il controllo, non tanto quindi (o forse non solo) una conseguenza di una calma ipotetica quanto piuttosto un richiamo che parte dal corpo a un auspicabile relax. La bugia, comunque la si veda, genera stress.


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