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Quasi amici

Creato il 14 gennaio 2016 da Jeanjacques
Quasi amici
Sta proseguendo lo strano periodo in cui in televisione continuano a proporre film che, anche se alla fine magari non soddisfano completamente le mie aspettative, sono quantomeno interessanti o volevo recuperare da tempo. Su questo film, salutato ai tempi come il vero e proprio miracolo della stagione, ero in ritardo di almeno tre anni. Ce l'avevo sepolto da qualche parte in attesa di essere visionato, ma la mia proverbiale pigrizia come sempre ha avuto la meglio - chissà perché, le cazzate invece non me le perdo mai. Non sapevo bene cosa aspettarmi, anche perché solitamente ho dei problemi con quelli che sono i cosiddetti 'fenomeni', cosa che perlopiù è dettata dall'hype eccessivo che mi faccio nei riguardi dell'opera tanto osannata di turno. Solo Birdman si era salvato da questo trattamento, ma lì avevamo a che fare con un film totale. Su questo invece aleggiavano diverse paure, come quella di un particolare buonismo o di una certa approssimazione verso il tema trattato, tema verso cui sono molto sensibile visto il lavoro che sto facendo negli ultimi mesi (quello di animatore per disabili), ma ho deciso di non farmi troppe pare e per quanto possibile di guardare il film senza pormi troppi problemi. Film sul quale se ne sono dette di cotte e di crude, quindi il farsi un'idea propria in questi casi è sempre più difficile.

Philippe è un ricchissimo tetraplegico alla ricerca di un badante. Sulla sua strada si presenta Driss, algerino alla ricerca di una firma per ricevere un sussidio di disoccupazione e, visti i suoi modi non ortodossi e non riguardosi, decide di assumerlo per un periodo di prova. La vita di entrambi ne uscirà drasticamente cambiata.

Il film è ispirato alla vita vera di Philippe Pozzo di Borgo e del suo aiutante Yasmin Abdel Selleou, cosa che da una parte mi aveva incuriosito ma che dall'altra mi aveva lasciato abbastanza perplesso, complice il fatto che ultimamente si fanno solo biopic e che quello mi è sempre sembrato un genere verso il quale è difficile porsi in maniera cinematograficamente interessante. Tanto del lavoro l'ha completato anche il fatto che queste sono 'situazioni da film' ed è bello pensare che possano accadere anche nella realtà, ma dall'altra parte c'è anche il fatto che non si è mai sicuri di quanto ciò che una pellicola mostri sia attinente alla realtà e non a delle speciali logiche narrative indirizzate a far breccia sul pubblico. D'altronde il vero Adrian Cronauer aveva sempre asserito quanto Good morning Vietnam avesse stravolto la sua permanenza nel 'Nam, ma quella della poca attinenza alla realtà non è una cosa che mi è mai interessata. Il cinema, così come qualunque forma di arte narrativa, deve essere coerente con se stesso, con quello che vuole raccontare. Mi preoccupano di più i buonismi, le melensaggini e certe facilonerie in stile Harmony, che il non rispettare quello che è stata una storia vera. Tutte cose che in minima parte succedono anche in questo Intouchables (ma io ritengo che Il diavolo custode, titolo del libro da cui è tratto, sia quello migliore di tutti), film decisamente furbetto ma che sembra aver fatto versare copiose lacrimoni a tutto il mondo, classificandosi come il film francese più visto di sempre nella storia, battendo il precedente record di Giù al nord di Dany Boon - per venir battuto poi da Lucy di Luc Besson, anche se non è esattissimo considerarlo un film propriamente francese. Devo dire però che, nonostante tutto, mi è piaciuto. Fondamentalmente potremmo dire che è un film molto di pancia, come il personaggio interpretato da Omar Sy, che magari non fa troppe sviolinate filosofiche ma preferisce esporre concetti all'apparenza difficili in maniera semplice e anche abbastanza schietta, facendoli arrivare un poco a tutti. Qui sta il grande pregio e al contempo il grande demerito del film. Perché io, per quanto mi piacciano i pipponi come The tree of life, rimango una persona convinta che spesso l'elitarismo faccia male e che il vero tocco di classe sia l'apparire chiaro e cristallino senza per questo venire a meno con quello che si voleva dire. Quasi amici riesce in questo, perché non si ferma solo sul discorso della disabilità, cosa che avrebbe potuto ridurlo a un mero documentario da visione scolastica, ma cerca di circoscrivere il discorso coinvolgendo nel proprio raggio temi più universali che tutti prima o poi devono affrontare. E' un film che prova a parlare di due persone diverse che, con l'aiuto l'una dell'altra, tentano di riprendere in mano la propria vita. Negli intenti quindi nulla di male, alcuni problemucci avvengono nell'approccio, forse in certi momenti fin troppo scanzonato e 'da film', ma gli va dato il grande merito di non indugiare troppo sul patetismo e di non eccedere nella volgarità con le battute. Nonostante Driss non sia proprio un poeta cortese nell'esprimere certi concetti, si ride sempre con una certa intelligenza, cosa che per una commedia non è poco, e anche nel trattare un tema come quello della disabilità si avverte una discreta delicatezza. I veri problemi avvengono quando al tutto si ricollegano temi esterni a quelli principali, come quello della condizione di Driss, che appaiono particolarmente infilati di straforo e non del tutto esplorati, lasciando un senso di vago e di appena accennato, mentre il finale lascia abbastanza interdetti perché conclude il discorso generale in una maniera che. nel suo cercare di accontentare tutti, ha finito con l'essere l'unica nota davvero fastidiosa del tutto. Tutto sommato però ho finito per considerarlo a suo modo un film coerente con se stesso, con la propria natura e i propri intenti, quello che ci vuole per passare una serata non troppo impegnativa ma non per questo avulsa da tematiche che, in una seconda analisi, possono lasciare sempre pensare un poco.

In quella che è la classica situazione che vede degli entusiasti, mi sono messo a metà strada come al solito. Però stavolta, e qui credo stia la vera magia del film, sono più propenso verso il sì.Voto: 

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