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Quattro motivi per scegliere chi non votare

Creato il 18 febbraio 2013 da Casarrubea
Giuseppe Casarrubea

Giuseppe Casarrubea

La disinformazione e il voltastomaco l’hanno fatta da padroni in questa campagna elettorale, condotta e quasi conclusa all’insegna delle menzogne, delle solite promesse, degli animali domestici in braccio, del fumo e delle tabacchiere di legno. Fumo senza arrosto, senza serietà e coerenza, nell’assenza quasi totale di idee per il futuro. E tabacchiere, di quelle che sembravano fatte a mano, per farsi una tirata dandosi arie di antica saggezza, quando invece contengono ora chissà cosa e rappresentano semplicemente il nulla, aria fritta. Non sono mancati i programmi che ogni volta ci sommergono per essere poi sistematicamente stravolti o non realizzati. Assenti quelle semplici idee credibili che ci aiutano a ricostruire la nostra scala di valori, dopo che  i soliti lestofanti li hanno devastati e cancellati, con una lunga azione criminale di reset di massa. Da manuale di intelligence occulta.

Perciò, escludendo i criminali con i colletti bianchi, le mafie di sempre, le facce di bronzo e di culo, sono costretto a fare delle semplici operazioni mentali per raccapezzarmi e recarmi alle urne, nonostante tutto, per scegliere il meno peggio. Con il senso della nausea e con quello della responsabilità che questa volta si unisce al primo dandomi la strana sensazione di vivere, come scriveva per la sua Torino il poeta crepuscolare Guido Gozzano, ai primi del Novecento, in un “tempo mite e sonnolento”, senza passioni e fatto solo di cose decadenti e decadute. Perché al peggio non c’è mai fine e oggi si è indotti a vedere il meno peggio come il migliore dei mondi possibili. In questa Italia che frana, che si sbriciola nelle mura delle case e nell’anima del suo popolo.

La scaletta viene fuori da sé, in modo automatico. Escludo dalle mie preferenze:

-   quelli che, con o senza la par condicio, da almeno un mese ci torturano con smargiassate, sparate, sorrisi cellofanati e resurrezioni virtuali, con le risatine artificiali di quanti sono ormai curvati dal potere, nati per essere servi;

-   gli urlatori di piazza, assai simili, a quelli che si credono interpreti unici del mondo ed esibiscono, falsi salvatori della patria, ricette riservate al popolo dei loro adepti, unito in rete per rendere omaggio al piazzista che lo domina, lo inibisce, lo seleziona o lo caccia via in nome di una autocrazia scambiata per democrazia, di una neotelecrazia da social network, spacciata per democrazia antagonista al sistema unidirezione della non-comunicazione massmediale;

-   quelli che hanno dato il colpo di grazia contro il diritto costituzionale di avere un lavoro; che hanno trattato i lavoratori come merce o esubero; che hanno messo le mani nelle tasche delle comuni famiglie, dei pensionati, salvando i grandi evasori, il capitale finanziario, le lobbies dei banchieri, dei massoni, dei palazzinari, dei trafficanti di armi e di strumenti di morte, in nome dell’Italia portatrice di pace nel mondo. Con gli annessi pappagalli pronti a unirsi sempre al coro, ad applaudire, a tessere lodi, pur di galleggiare come gli stronzi di cane dopo un temporale;

-   i doppiogiochisti, “a Dio spiacenti e a li nimici sui”, che dànno un colpo al cerchio e uno alla botte, giocando con le slitte ora in direzione dei centristi ora in quella dei sostenitori della sinistra, questi ultimi a loro volta disponibili a stare in altalena e a muoversi in avanti e indietro pensando di muoversi, ma in realtà  ‘annacandosi’ e restando fermi, senza accorgersene.

Giuseppe Casarrubea


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